25 domande per un nuovo welfare

Riprendiamo l’esame del Libro Verde “Lavoro e welfare della persona” realizzato da Adapt, l’associazione fondata da Marco Biagi per promuovere studi e ricerche sul mondo del lavoro.

Gli autori – Giuliano Cazzola, Emmanuele Massagli, Silvia Spattini e Michele Tiraboschi- intendono “aprire un dibattito pubblico reale e partecipato sul modello di welfare oggi esistente nel nostro Paese nella prospettiva di una revisione e modernizzazione non più rinviabile in termini tanto di emergenze sociali che di sostenibilità economica nel medio-lungo periodo”.

Si tratta di una discussione che coinvolge a pieno istituzioni, pubblica amministrazione, sindacato, associazioni datoriali, operatori privati, mondo del volontariato, politica. Il Libro Verde mette a disposizione degli interlocutori da un lato dati, analisi, riflessioni e dall’altro una nuova visione del welfare. Tuttavia, trattandosi di un percorso da condividere non potevano mancare molti interrogativi a cui cercare di dare una risposta.

In questo approfondimento vogliamo sottoporre all’attenzione dei nostri lettori le 25 domande contenute nel Libro Verde, relative a sette aree tematiche: giovani e lavoro; welfare aziendale; dalla conciliazione al lavoro sostenibile; reddito minimo garantito; sanità; sistema previdenziale; relazioni industriali. Domande complesse che aprono scenari diversi rispetto alle tradizionali risposte del welfare italiano e che chiamano in causa, in primo luogo, la nostra capacità di produrre innovazione sociale.

Giovani e lavoro: un crocevia per il welfare della persona

Domande

  1. Come realizzare percorsi di transizione scuola lavoro più efficienti? Perché non favorire l’impiego di formule contrattuali dotate di una strutturale componente formativa? Come sollecitare il dialogo tra le istituzioni formative e il mondo produttivo al fine di costruire profili professionali meglio rispondenti ai fabbisogni del mercato del lavoro? Perché non promuovere lo sviluppo di formule innovative di istruzione terziaria non-universitaria in grado di diversificare i percorsi di transizione scuola lavoro promuovendo la collaborazione tra università e imprese?
  2. Come perseguire una buona regolazione/protezione dei livelli retributivi dei lavoratori giovani? Come sostenere una contrattazione collettiva in grado di comporre gli obiettivi di preclusione della competizione al ribasso sui salari di ingresso con l’incentivazione della produttività? Come gestire la formazione professionale dei lavoratori giovani, in particolare di quelli con bassa specializzazione?
  3. Promuovere la creatività e l’attitudine imprenditoriale dei giovani può essere considerato un obiettivo strategico, premessa necessaria al radicamento e alla crescita di un tessuto industriale capace di continuare ad espandersi anche all’interno della grande trasformazione del lavoro, segnata dall’automazione continua e dal consumo di posti di lavoro. Come coltivare le facoltà creative nei diversi settori industriali al fine di sostenere l’innovazione di processi e prodotti e quindi la competitività? Come permettere la contaminazione tra i giovani di diverse nazioni o appartenenti a diversi gruppi professionali? Come tradurre meglio e più frequentemente in realtà di mercato i risultati raggiunti dai giovani ricercatori nell’ambito dei loro percorsi di studio/lavoro?

 

Welfare aziendale. La sfida del (e per il) futuro

Domande

  1. Il welfare aziendale è una soluzione concretamente percorribile (e poco esplorata) per risolvere, o almeno attenuare, alcune criticità connesse alla esiguità dei finanziamenti pubblici? Si pensi al finanziamento dell’istruzione scolastica; alla onerosità degli asili nido; al costo dei libri di testo scolastici; alle spese connesse all’assistenza di persone non autosufficienti.
  2. Welfare aziendale e welfare contrattuale producono entrambi effetti positivi sulle performance aziendali? Quale incentivare?
  3. È politicamente corretto incentivare le esperienze di welfare anche quando intese come politica di risparmio per l’impresa o la fiscalità di vantaggio deve mantenere una marcata attenzione al “benessere” scevra da ragioni economiche come accade nella legislazione attuale?
  4. È possibile la diffusione del welfare aziendale tra le PMI, dimensione aziendale prevalente nel territorio italiano?
  5. Quale spazio ipotizzare, per le espressioni concrete del welfare aziendale, al bilateralismo e agli organismi bilaterali quale espressione di una rinnovata cultura di impresa che, ben al di là di una dimensione paternalistica, avvii una reale modernizzazione del nostro sistema di relazioni industriali?

 

Dalla conciliazione al lavoro sostenibile

Domande

  1. Nell’epoca della tecnologia pervasiva, come è possibile tracciare una linea di confine tra tempi di vita privata e tempi di vita professionale? Soluzioni come il divieto di mail, o il loro blocco informatico, fuori dall’orario previsto dal contratto (esempi concreti in Germania e USA) sono strade anacronistiche o possibilità da valutare?
  2. Come considerare la crescente attenzione del datore di lavoro verso la vita privata dei propri dipendenti, incoraggiati dal massiccio uso di social network (reputazione digitale)?
  3. Come coinvolgere nelle soluzioni di conciliazione anche i lavoratori autonomi o parasubordinati e ancor di più i lavoratori della sharing economy?

 

Reddito minimo garantito: vera arma contro la povertà?

Domande

  1. La crisi economica in corso ha portato all’aumento della fascia di popolazione che vive sotto la soglia di povertà. La polarizzazione dei lavori in alti e bassissimi salari è uno scenario sempre più probabile a causa dello sviluppo di nuove tecnologie sostitutive del lavoro umano e questo rischia di bloccare chi già ha redditi bassi. Quali strumenti economicamente sostenibili possono aiutare ad accompagnare questa trasformazione senza lasciare indietro nessuno?
  2. I diversi fattori che hanno aggravato la condizione economica di molti italiani impone di rivedere le categorie alle quali spettino eventuali benefici economici. Quali sono oggi le categorie più a rischio di povertà assoluta? È possibile individuare fasce sulle quali regolare gli interventi?
  3. Il rischio degli interventi volti a combattere la povertà assoluta è quello di cadere nell’assistenzialismo e di conseguenza di ingessare sia il mercato del lavoro che la mobilità, senza innescare un circolo virtuoso di reinvestimento delle risorse investite in consumi e quindi in contributi sociali. Come evitare tali modelli negativi e costruire un welfare che possa veramente riattivare la persona all’interno della società?

 

Sanità, tra malattie croniche e sostenibilità

Domande

  1. In che modo è possibile sostenere economicamente una maggiore copertura del welfare, tenuto conto dell’aumento di malati cronici e dell’invecchiamento della popolazione, senza ricorrere a spesa in deficit e mantenendo inalterati i livelli essenziali di prestazione?
  2. Cosa impedisce di rendere effettivo un sistema di welfare to work che comprenda un efficace reinserimento professionale delle persone affette da patologie croniche? Possono i sistemi di welfare implementare la capacità lavorativa residua di questi lavoratori valorizzandone le competenze? Quali azioni potrebbero, in concreto, favorire un diritto all’occupazione di tali persone?
  3. In un’ottica di sostenibilità del lavoro, potrebbe costituire un risparmio per i sistemi di welfare puntare su politiche attive (ad esempio formazione e riqualificazione professionale, orientamento professionale, certificazione delle competenze) piuttosto che soltanto su misure passive di sostegno al reddito? Quali misure potrebbero favorire lo sviluppo di carriere lavorative più lunghe ed evitare un’uscita prematura del mercato del lavoro?

 

Sistema previdenziale, verso un modello moderno

Domande

  1. Quale possibile soluzione d’insieme per garantire l’equilibrio del nostro sistema previdenziale senza scaricare i costi delle riforme sui giovani (come accaduto dal 1995 fino alla Riforma Fornero)? Come riuscire a neutralizzare gli effetti negativi sull’assegno pensionistico dell’instabilità lavorativa di chi entra oggi sul mercato del lavoro, ancor più dopo le novità del Jobs Act?
  2. È socialmente ed economicamente sostenibile uno spostamento di percentuali di aliquota contributiva dalla previdenza obbligatoria alla previdenza complementare, da incoraggiare con convinti vantaggi fiscali? È immaginabile un diverso sistema previdenziale che si basi su un assegno di base garantito dallo Stato e poi si sviluppi grazie alla rendita della previdenza integrativa, contrattuale o privata?
  3. Come sostenere la diffusione della copertura sanitaria di natura assicurativa o mutualistica, utile a razionalizzare ed efficientare la spesa pubblica per la sanità? Perché nel nostro Paese non è mai stata varata una riforma organica dei fondi sanitari integrativi come invece è accaduto per i fondi pensione? È opportuno replicare quel modello anche in ambito sanitario?

 

Relazioni industriali

Domande

  1. Le relazioni industriali come leva per favorire la competitività delle imprese e sostenere un welfare più sostenibile attraverso la contrattazione di secondo livello. Come favorire ed incentivare la contrattazione decentrata e in particolare l’allineamento delle retribuzioni alla produttività del lavoro? È solo un percorso spontaneo oppure è possibile immaginare modalità incentivanti, nella forma di elementi economici di garanzia e sgravi fiscali e contributivi, che agevolino la diffusione dei contratti aziendali e territoriali orientati alla produttività e qualità del lavoro?
  2. Flessibilizzare la struttura retributiva significa anche ripensare i sistemi di classificazione e inquadramento del personale. Quali schemi adottare per valorizzare economicamente le competenze trasversali dei lavoratori all’interno dei sistemi di classificazione e inquadramento stabiliti dai CCNL? Questo obiettivo può essere perseguito mediante una riforma dei sistemi di classificazione e inquadramento affidata direttamente alle parti del CCNL, oppure alla contrattazione decentrata cui dovrebbero conseguentemente essere devoluti poteri di deroga su questa materia?
  3. La diffusione di una cultura della democrazia economica è essenziale per costruire percorsi di sussidiarietà verticale e orizzontale per un welfare più equilibrato. Quali istituzioni e quale governance possono essere impiegate per affermarla?
  4. La contrattazione collettiva nazionale può avere ancora un ruolo nel processo di evoluzione del sistema di relazioni industriali? In che modo sarà possibile ripensare gli accordi sugli assetti contrattuali in maniera tale da consentire deroghe al secondo livello di contrattazione sia per la parte economica che per quella normativa, anche al fine di garantire livelli adeguati di produttività?
  5. La contrattazione collettiva di secondo livello è del tutto assente in alcune zone dell’Italia, in particolare il Mezzogiorno. Attraverso un welfare delle relazioni industriali, non si rischia di ampliare le divergenze tra le aree del paese in cui è diffusa una cultura delle relazioni industriali e quelle in cui non lo è? Quale ruolo può avere la contrattazione di primo livello in questo contesto?
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Redazione