In Italia stiamo muovendo ancora i primi passi ma il social lending (o prestito diretto tra privati, anche P2P Lending) sta crescendo molto rapidamente in tutto il mondo (+48% nell’ultimo anno). In Europa il leader assoluto in questo settore è la Gran Bretagna, dove non è più una novità ma una realtà da 1,75 mld di euro. In Italia i prestiti personali ammontano a 25 miliardi di euro, quelli erogati attraverso il web 1,3 miliardi.
Il social lending, forma di finanza innovativa, è un ulteriore frutto della sharing economy, questa volta nell’ambito dei servizi finanziari. Comunità di prestatori e di richiedenti credito si incontrano e interagiscono attraverso una piattaforma web eliminando in tal modo l’intermediazione bancaria.
“La piattaforma accoglie, da una parte, chi ha intenzione di richiedere un finanziamento e, dall’altra, privati cittadini che scelgono di mettere a disposizione il proprio capitale. Chi avanza richiesta di prestito presenta il proprio fabbisogno, ne descrive la natura e indica la cifra di cui necessita. Chi mette a disposizione il proprio capitale, può sia scegliere personalmente il progetto su cui investire sia lasciare che la piattaforma decida per lui in modo automatizzato secondo il profilo di rischio personalizzato e precedentemente formalizzato. L’elemento di base che assicura l’affidabilità del meccanismo sta nel fatto che non vi è un rapporto univoco fra un richiedente e un investitore. I finanziamenti, infatti, sono scorporati in piccole quote (nell’ordine dei 50 euro) affinché diversi prestatori elargiscano una parte del proprio denaro a diversi richiedenti (nell’ordine delle decine, anche centinaia). In tal modo il rischio di insolvenza viene ridotto al minimo e le eventuali perdite limitate”. (Paolo Marizza, Banche e social lending: due realtà complementari, pmi.it del 14 dicembre)
Ad oggi le realtà più importanti operanti in Italia sono Smartika e Prestiamoci.
Smartika Spa “opera come Istituto di Pagamento regolamentato e vigilato da Banca d’Italia ed è quindi un operatore finanziario autorizzato, ai sensi del d.lgs. 11/2010, a prestare i servizi di pagamento, erogati su istruzione dei Prestatori e dei Richiedenti, che sono alla base del social lending”. Nel portale della Società, fondata a presieduta da Maurizio Sella, si legge che l’azionariato “è composto da imprenditori privati e professionisti, accomunati dalla volontà di sostenere la diffusione di questa forma finanziaria innovativa”.
Prestiamoci è una start-up milanese autorizzata come finanziaria dalla Banca d’Italia. Recentemente la società è stata acquisita dal portale norvegese TrustBuddy, che conta oltre 300 mila clienti e sette sedi in Europa.
Non è facile reperire documenti di fonti istituzionali che descrivano origini e meccanismi del social lending, tuttavia siamo riusciti a “scovare” un recente articolo pubblicato sul portale www.borsaitaliana.it, che riteniamo utile riproporre integralmente all’attenzione dei lettori.
P2P Lending
L’avvento di Internet ha rivoluzionato le attività finanziarie tradizionalmente riservate ai soli istituti bancari modificando le relazioni interne alla banca (back-to-front) e permettendo ai clienti di entrare direttamente a far parte dell’attività aziendale fino ad arrivare a modelli di business sempre più indipendenti dai canali tradizionali di finanziamento.
Le dinamiche relazionali sono alla base di questo fenomeno che permette ad utenti privati e aziende di sostituirsi alle banche. L’idea di “disintermediare” i prestiti personali è stata sviluppata per la prima volta in Inghilterra dal sito web Zopa, che dal 2005 ad oggi ha erogato 800 milioni di dollari in prestiti senza ricorrere al credito delle banche.
Il P2P lending è un prestito tra privati, un prestito personale erogato da privati ad altri privati attraverso siti di imprese o enti di social lending, senza passare attraverso i canali tradizionali rappresentati dagli intermediari finanziari autorizzati ai sensi dell’art. 106 del Testo Unico Bancario, il Decreto Legislativo n° 385 del 1993 (banche, società finanziarie, ecc.).
La disciplina giuridica del social lending
Nell’ordinamento giuridico italiano non c’è una disciplina specifica del social lending. Il fondamento legale di questa attività è rinvenibile nel contratto di mutuo definito dall’art. 1813 del Codice Civile come “il contratto nel quale una parte consegna all’altra una quantità determinata di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie o qualità” con l’aggiunta, ai sensi dell’art. 1815 c.c., degli interessi, se espressamente previsti dal contratto.
Il prestito di denaro tra privati non si configura come esercizio professionale dell’attività creditizia (che può essere esercitata solo dagli intermediari finanziari autorizzati dalla Banca d’Italia e iscritti nell’Albo da essa tenuto ai sensi degli artt. 106 e seguenti del Testo Unico Bancario), bensì a prestiti personali non finalizzati.
Resta comunque possibile creare una linea di prestiti P2P finalizzati, per esempio, all’avvio di attività di impresa o all’acquisto di impianti e macchinari.
Vantaggi e limiti del prestito peer-to-peer
Il tasso di interesse che percepisce chi presta denaro è mediamente più favorevole rispetto a quello proposto dagli intermediari finanziari tradizionali; contestualmente chi ricorre al P2P lending per ottenere un prestito paga un tasso di interesse leggermente più alto rispetto ai finanziamenti a medio termine per l’acquisto di macchinari, impianti, ecc., ma notevolmente più basso rispetto ai tassi del normale credito al consumo: questo è possibile grazie alla riduzione ai minimi termini dei costi di intermediazione, in quanto il prestatore e il richiedente (il contraente il prestito, cioè il debitore) vengono messi in relazione diretta e le imprese o gli enti intermediari, operando sul web con servizi altamente automatizzati, hanno costi operativi molto bassi.
Questo tipo di prestito non prevede tuttavia garanzie a protezione del prestatore contro il rischio di fallimento del debitore.
Le modalità operative
Le richieste di prestiti P2P possono essere fatte previa iscrizione al sito web di una società o ente social lending.
Ad ogni richiedente viene assegnato un rating, cioè un giudizio sul suo livello di affidabilità, interrogando le centrali rischi private (CRIF, ecc.), in modo del tutto analogo a quanto fanno le banche e le società finanziarie, cercando in tal modo di supplire al rapporto di fiducia esistente in un rapporto basato sulle relazioni personali.
Più il livello di questo rating è basso e più i tassi di interesse per i prestatori sono alti per compensare il rischio.
Al termine di un’analisi di tutta la documentazione fornita dal richiedente a controprova di quanto dichiarato on line, il prestito viene erogato e i prestatori partecipano al prestito mettendo in offerta il denaro, in una delle due modalità tipicamente proposte dalla società o dall’ente di social lending: l’asta al ribasso in cui i prestatori competono tra loro per partecipare al prestito o il tasso fisso stabilito dall’ente.
In caso di morosità di uno o più richiedenti, la società o l’ente di social lending attiva dei programmi di recupero crediti a nome e nell’interesse di tutti i prestatori coinvolti.
Per mitigare il rischio il prestatore può diversificare l’investimento: la somma offerta non viene erogata ad un singolo richiedente ma viene suddivisa su una pluralità (di solito decine ma si può arrivare anche a centinaia) di richiedenti diversi.
In alcuni casi le piattaforme web di social lending offrono la possibilità ai prestatori di cedere i propri crediti ad altri prestatori, in una sorta di mercato secondario, per rientrare rapidamente dall’investimento in caso di necessità.