Il 6 aprile il WWF Italia ha dato notizia della presentazione del nuovo report sui rischi di degrado e contaminazione che stanno correndo i luoghi più belli del pianeta. Infatti numerose attività industriali mettono in pericolo delicati ecosistemi. In questi casi siamo abituati a pensare che il patrimonio ambientale possa essere sacrificato sull’altare dello sviluppo economico e dell’occupazione. Quasi mai riflettiamo, al contrario, sulla ricchezza generata dalla corretta conservazione dell’ambiente e sui minori costi per la comunità determinati da politiche ambientali sostenibili.
Questo è il punto di vista proposto dallo studio dal titolo “Tutela delle comunità attraverso la Natura: i Siti Naturali Patrimonio Mondiale come volano per lo Sviluppo Sostenibile” elaborato da Dalborg Global Development Advisors per conto del WWF. In effetti i dati del World Heritage danno da pensare.
– 11 milioni di persone dipendono dai siti WH
– 2/3 dei siti sono cruciali per l’approvvigionamento di acqua
– il 90% garantisce posti di lavoro e sostiene economie legate a turismo, attività ricreative e uso sostenibile delle risorse
– oltre il 50% garantisce servizi naturali fondamentali quali la stabilità del suolo, la prevenzione dalle inondazioni e il sequestro di carbonio
– 10,5 miliardi di tonnellate di carbonio è ‘contenuto’ nel sistema di siti WH
– circa il 50% di tutti i siti sono minacciati da attività industriali dannose
– 114 dei 229 siti sono interessati da concessioni per l’estrazione di petrolio, gas e attività minerarie o sono a rischio per almeno un’attività pericolosa
– 229 il numero globale dei siti: 197 sono siti naturali e 32 sono considerati ‘misti’
– 1% è la percentuale rappresentata dai siti WH all’interno del sistema globale di aree protette
– 0,5% è la percentuale di superficie mondiale ricoperta dai siti WH (oltre 279 milioni di ettari, lo 0,5% della superficie terrestre)
– oltre il 20% è minacciata da fattori multipli di rischio.
Se questi sono i numeri abbiamo il dovere di chiederci quanto sia miope il nostro atteggiamento quando siamo disposti a sacrificare questo patrimonio, anche economico, per ottenere vantaggi immediati, di breve periodo. L’interrogativo ci chiama in causa sia come parte della comunità globale ma anche come cittadini italiani, visto che anche il Delta del Po, la Laguna di Venezia e le isole Eolie sono inseriti nella mappa dei siti minacciati.
Per riflettere sullo stato complessivo dei Siti Naturali Patrimonio Mondiale proponiamo ai lettori di Felicità Pubblica la nota del WWF che annuncia la presentazione del Rapporto. Inoltre segnaliamo i link che permettono la consultazione del testo integrale in lingua inglese (Protecting People Through Nature. Natural World Heritage Site as Drivers of Sustainable Development) e una interessante mappa mondiale dei siti minacciati da attività industriali (Harmful Industrial Activities).
Un nuovo report del WWF lanciato oggi al livello mondiale denuncia come circa la metà dei siti naturali appartenenti al Patrimonio Mondiale (World Heritage) siano minacciati da attività industriali di varia natura tra cui esplorazioni di petrolio e gas, attività minerarie e taglio illegale di legname. Il danno è ancora maggiore se si considera che queste aree forniscono servizi ‘naturali’ e sostentamento a molte popolazioni.
Dalle barriere coralline del Belize alla foresta pluviale di Sumatra, dal Coto Donana alla Riserva di Selous in Tanzania, dal Lago Turkana in Kenya alla Foresta Dong Phayayen_Khao Yai in Tailandia. Anche Delta del Po e Laguna di Venezia e isole Eolie sono inseriti nella mappa dei siti minacciati.
Il report, prodotto per il WWF dal Dalberg Global Development Advisors, mostra come l’insieme dei siti inseriti nella lista IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) contribuiscano allo sviluppo economico e sociale grazie alla tutela ambientale e segnala anche una mancata protezione di queste aree di grande valore al livello mondiale.
Secondo lo studio in 114 siti naturali o di natura mista (che comprendono anche il patrimonio culturale) su 229 si prevedono concessioni petrolifere o di estrazione di gas, concessioni minerarie o comunque sono minacciati da almeno un’altra attività industriale potenzialmente dannosa. 12 di questi siti si trovano nei paesi dell’Unione Europea e si tratta di aree protette dalle Direttive europee. Sono la foresta Laurisilva di Maderia (Portogallo), il Delta del Danubio, i Laghi Plitvice (Croazia), il Wadden Sea, la Foresta primigenia di faggi sui Carpazi, il magnifico Delta Coto Donana in Spagna. In Italia eventuali incidenti petroliferi potrebbero intaccare alcuni sei siti naturali World Heritage come le isole Eolie, il Delta del Po e la Laguna di Venezia. Uno degli esempi che più ci toccano da vicino, vista l’assonanza della minaccia che incombe su quest’area per il pericolo legato alle attività di estrazione petrolifera, è quello del sistema di barriere coralline del Belize: il benessere di 190.000 residenti che proviene dal turismo e dalla pesca è purtroppo minacciato da diversi fattori come costruzioni lungo le coste, taglio esteso di mangrovie, attività agricole e soprattutto dalla minaccia delle esplorazioni petrolifere. Al momento le concessioni sono scadute ma il Governo ha espresso chiaramente la volontà di riaprire le concessioni off-shore.
Tra le richieste presenti nel Report del WWF quelle al settore privato perché eviti di impegnarsi in attività che possano degradare tali aree, al settore finanziario perché non investa in progetti potenzialmente pericolosi.
“I siti considerati patrimonio Mondiale dovrebbe essere tutelati dal più alto livello di protezione: purtroppo siamo spesso incapaci di salvaguardare questi importanti tasselli del pianeta – ha dichiarato Marco Lambertini, direttore generale del WWF Internazionale – Siamo tutti d’accordo sul fatto che questi sono siti unici e preziosi per l’intera umanità, ma è necessario uno sforzo comune per rendere queste aree capaci ancora di provvedere al benessere delle popolazioni e della natura”.
Dallo studio si scopre che sebbene tali aree coprano appena lo 0,5% della superficie del pianeta, sono in grado di sostenere ben 11 milioni di persone nel mondo – una popolazione più grande di quella del Portogallo – con benefici che derivano dal turismo, attività ricreative e l’esportazione di risorse; queste aree sono anche rifugio di specie importanti e difendono i territori e le popolazioni dagli effetti globali del cambiamento climatico. Da queste aree si ricava cibo, acqua, riparo, medicine: le popolazioni avrebbero ricadute negative per gli eventuali impatti di attività industriali condotte su larga scala. I siti patrimonio naturale possono giocare un ruolo chiave per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dalle Nazioni Unite lo scorso anno. Secondo il report WWF inoltre il 90% dei siti naturali garantisce lavoro e benefici che vanno ben oltre i loro stessi confini.
“È chiaro che non solo le persone proteggono queste aree, ma sono le stesse aree a proteggere le popolazioni. I Governi e il mondo del business devono anteporre i valori a lungo termine rispetto ai vantaggi immediati e rispettare lo status di questi luoghi incredibili – ha continuato Lambertini – Dobbiamo voltare pagina rispetto alle attività industriali più pericolose e focalizzarci sulle alternative sostenibili”.