Era il 23 maggio 1992 quando l’auto su cui viaggiavano il giudice Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo venne fatta saltare in aria dalla mafia, non lontano dallo svincolo di Capaci, località nei pressi di Palermo che ha dato il nome a una delle pagine più nere della storia italiana.
Nello stesso attentato è noto che morirono anche Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani: gli uomini della scorta di Falcone, i «Quarto Savona Quindici» in codice, a bordo di una Croma blindata.
La buona notizia è che quel groviglio di lamiera – fino a poco tempo fa lasciato in custodia all’autoparco della polizia di Messina – da qualche giorno ha ricominciato metaforicamente a camminare. Tutto merito del progetto per il quale si sono spesi l’Associazione “Nomeni, per Antonio Montinaro”, la Regione Puglia, in collaborazione con Libera, chiamato «Sulla scorta degli uomini coraggiosi».
La Quarto Savona 15 quindi viaggerà esposta in una teca nelle città e nei paesi della Puglia per raccontare cosa fu “la strage di Capaci”, il valore del sacrificio di tre uomini che hanno pagato con la loro vita il prezzo della lotta contro Cosa Nostra. Lo scopo del progetto è dunque quello di ricordare cosa accadde quel giorno, provare a contrastare tutti gli atteggiamenti che invitano a dimenticare perché la strage di Capaci è parte fondamentale della memoria storica di questo Paese.
Ma soprattutto, attraverso questo progetto, si prova a educare le generazioni più giovani a una cultura che prescinda da ogni ragionamento omertoso, fatto di silenzio e quindi mafioso.