Quanto è alta la qualità della vita in Italia e quali sono i fattori che concorrono al benessere dei cittadini? A dare una risposta a queste domande è l’Istat che ha presentato oggi la terza edizione del “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes 2015)”.
Si tratta di una linea di ricerca che, partendo dalla multidimensionalità del benessere, analizza un ampio numero di fattori che hanno un impatto diretto sul benessere umano e sull’ambiente. In particolare l’Istituto nazionale di Statistica prende in esame 12 domini – Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi – articolati in 130 indicatori.
Cosa emerge, dunque, in sintesi su questi 12 importanti aspetti che concorrono al benessere di un individuo?
Salute
L’Italia ha un livello di speranza di vita tra i più elevati in Europa – al primo posto con 80,3 anni per gli uomini e al terzo per le donne con 85,2. La longevità continua, infatti, ad aumentare e la mortalità infantile a scendere. Migliorano poi, rispetto al 2005, anche le condizioni di salute fisica, e prosegue la riduzione di fumatori e di consumatori di alcol a rischio.
Fra le criticità emerge però un mancato miglioramento della qualità della sopravvivenza, un peggioramento del benessere psicologico, un’ampia diffusione di stili di vita non virtuosi (sedentarietà, obesità, cattiva alimentazione).
Sono invece in crescita le differenze territoriali, con il Mezzogiorno che vede aumentare, anche per effetto della crisi, il proprio svantaggio nella speranza di vita (81,5 anni per il Mezzogiorno contro 82,5 anni per il Nord), nella qualità della vita (55,4 anni di speranza di vita in buona salute per il Mezzogiorno contro 60 anni per il Nord), nella mortalità infantile, nella salute fisica e psicologica e nei fattori di rischio legati agli stili di vita (sedentarietà, eccesso di peso e scorrette abitudini alimentari).
Istruzione e formazione
L’Italia presenta un forte ritardo su istruzione e formazione rispetto alla media dei paesi europei, ma nell’ultimo anno l’incremento di diplomati e laureati, insieme con quello delle persone che hanno svolto formazione continua e alla significativa riduzione del tasso di abbandono precoce degli studi, hanno ridotto il divario che ci separa dal resto dell’Europa. Piccolo segnale positivo è anche la quota di Neet che, dopo anni di crescita, si mantiene stabile rispetto all’anno precedente (26%), anche se diminuisce il tasso di immatricolazione dei diplomati nel 2014/2015 all’università.
Aumenta anche la partecipazione culturale, con la crescita di visitatori a musei, mostre e siti archeologici, anche se diminuisce la lettura dei quotidiani.
Anche in questo caso le differenze a sfavore del Sud sono profonde.
Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
Primi segnali positivi nella crescita dell’occupazione emergono nel 2014; la quota di persone di età 20-64 anni occupate in Italia sale al 59,9% nel 2014 (+0,2 punti percentuali rispetto al 2013), ma la distanza con l’Europa continua ad aumentare.
Positiva anche la diminuzione della percezione della paura di perdere l’occupazione e l’elevata soddisfazione per il proprio lavoro così come la diminuzione delle differenze tra i tassi di occupazione delle donne con figli e senza figli.
La qualità del lavoro, peggiorata negli ultimi anni, migliora solo per alcuni aspetti: diminuisce leggermente infatti la permanenza in lavori instabili e quella in occupazioni poco remunerate è pressoché stabile; aumenta però la quota di occupati sovraistruiti e in part time involontario.
L’Italia continua inoltre a caratterizzarsi in Europa per la forte esclusione dei giovani dal mercato del lavoro, a fronte della continua crescita del tasso di occupazione degli ultracinquantacinquenni. Fanalino di coda resta il Mezzogiorno.
Benessere economico
Nel 2014 e ancor più nei primi mesi del 2015 la situazione economica registra una serie di segnali positivi che dalle regioni del Nord si diffondono al resto del Paese.
Aumentano il reddito disponibile e il potere d’acquisto; cresce la spesa per consumi finali, anche se in misura più limitata in conseguenza del lieve aumento della propensione al risparmio. Il rischio di povertà e soprattutto la povertà assoluta, inoltre, hanno smesso di aumentare. In leggero miglioramento anche gli indicatori di natura soggettiva: la percentuale di persone in famiglie che arrivano a fine mese con grande difficoltà torna a scendere (17,9%) dopo aver raggiunto il valore massimo del decennio proprio nel 2013 (18,8%).
L’unico indicatore in controtendenza è la quota di individui che vivono in famiglie a intensità lavorativa molto bassa, cioè le famiglie dove le persone tra i 18 e i 59 anni (esclusi gli studenti 18-24enni) hanno lavorato per meno del 20% del loro potenziale nell’anno precedente.
Relazioni sociali
Nel 2014, l’andamento degli indicatori sulla partecipazione sociale rafforza i segnali positivi che si erano già registrati, seppur debolmente nell’anno precedente.
Benché ancora bassa, aumenta la fiducia negli altri insieme alla percezione di poter contare sulla propria rete relazionale. Inoltre si dà più spesso sostegno economico ad associazioni (dal 12,9% al 14,5%) e più di frequente si fa volontariato.
Non altrettanto si può dire per la partecipazione politica (parlare, informarsi, partecipare on line) che, al contrario, dopo la crescita registrata nel precedente biennio, mostra un calo significativo soprattutto nel Centro-Nord e tra i più giovani.
Le differenze territoriali continuano ad essere particolarmente marcate a svantaggio del Mezzogiorno. In questa area geografica le reti sociali appaiono più deboli rispetto al resto del Paese sia nella componente del volontariato sia nelle reti di aiuto familiari.
Politica e istituzioni
L’elemento più dinamico nel quadro politico istituzionale è la crescente presenza femminile nei luoghi decisionali politici ed economici. L’Italia per la prima volta raggiunge una rappresentanza femminile al Parlamento europeo più elevata della media Ue (40% contro 37%).
Segnali positivi emergono anche dal fronte del sistema giudiziario. Gli ultimi dati sui procedimenti civili di cognizione ordinaria discussi nei tribunali ordinari segnalano una notevole diminuzione dei tempi medi di giacenza del procedimento (-12,2%), ma le differenze regionali sono molto marcate.
Nota dolente la sfiducia elevata e trasversale nei confronti di partiti (voto medio 2,4), Parlamento (3,5), consigli regionali, provinciali e comunali (3,7), e del sistema giudiziario (4,2).
Sicurezza
Buone notizie sul fronte della sicurezza dove rallenta la crescita dei reti e diminuiscono i casi di violenza sulle donne, anche se purtroppo in questo caso aumenta la gravità.
L’Italia è il Paese europeo con il più basso tasso di omicidi (0,8 per 100.000 abitanti).
La percezione di sicurezza della popolazione è di nuovo in aumento anche se non si è tornati ai livelli più alti raggiunti nel 2010.
Benessere soggettivo
Nel 2014 cresce l’ottimismo verso il futuro. I giovani, che si confermano il segmento più ottimista, presentano il maggiore incremento positivo nonostante siano stati tra i soggetti sociali più colpiti dalla crisi. Inoltre le differenze territoriali si riducono per effetto della quota di pessimisti che diminuisce di più nei contesti territoriali in cui era più rilevante, quindi proprio nel Mezzogiorno.
Ulteriori segnali positivi si possono leggere anche nell’aumento della soddisfazione per il tempo libero e per la situazione economica, che torna a crescere dopo anni, anche se rimane sotto i livelli pre-crisi.
Eppure questi andamenti positivi non si traducono ancora in una crescita della soddisfazione complessiva per la propria vita: dopo il forte calo registrato tra il 2011 e il 2012, il benessere soggettivo si mantiene stabile nel 2013 e nel 2014.
Paesaggio e patrimonio culturale
Per questa dimensione si profila innanzitutto un cambiamento di scenario, cui hanno concorso la crisi economica degli ultimi anni e una certa rivitalizzazione del settore agricolo. Il crollo del settore delle costruzioni ha infatti ridimensionato la pressione dell’edilizia sul territorio, mentre l’ultimo Censimento registra, per la prima volta dal 1970, una battuta d’arresto nella perdita di superficie agricola utilizzata (Sau). Allo stesso tempo sono emerse altre minacce, legate proprio all’evoluzione dell’agricoltura – dall’accelerazione delle dinamiche di abbandono delle colture nelle aree interne all’espansione delle monocolture industrializzate – che sollecitano una nuova politica forestale e misure specifiche per la tutela dei paesaggi rurali.
Perdurano forti disuguaglianze regionali nella tutela dei beni comuni, e in particolare del territorio così come sopravvive l’abusivismo edilizio. Alla crisi si collega anche una forte contrazione degli investimenti nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale.
Infine continua a crescere la quota delle persone che esprimono un giudizio fortemente negativo sul paesaggio del luogo di vita, segno di un deterioramento dei paesaggi urbani che si associa, soprattutto nel Mezzogiorno, all’inconsistenza delle politiche di recupero e riqualificazione dei centri storici.
Ambiente
Aumenta la disponibilità di aree verdi urbane a disposizione dei cittadini e si riduce l’inquinamento dell’aria in diverse città.
Cresce l’energia prodotta da fonti rinnovabili, che raggiunge il 37,3% del totale nel 2014 dal 33,7% dell’anno precedente, e anche le famiglie sono sempre più sensibili al tema dell’efficienza energetica. Si contraggono inoltre le emissioni di gas serra e la quota dello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani anche se è comunque più di un terzo del totale (31,5% nel 2014), a conferma del ritardo rispetto agli altri paesi europei. Resta anche grave, soprattutto in alcune regioni del Mezzogiorno e dell’Italia centrale, la dispersione di acqua potabile dalle reti di distribuzione comunale, così come resta grave la presenza di diversi siti inquinanti da bonificare diffusi sul territorio nazionale
Ricerca e innovazione
Nonostante un leggero incremento della quota di Pil destinata alla ricerca, l’Italia è notevolmente al di sotto della media europea e lontana dagli obiettivi di Europa 2020. L’attività di brevettazione nazionale è in calo e le domande di brevetto presentate per milione di abitanti confermano il gap con il resto d’Europa.
Alcune note positive arrivano dall’innovazione nelle imprese. Nel triennio 2010-2012, la percentuale di imprese con almeno 10 addetti che hanno svolto almeno un’attività finalizzata all’introduzione di innovazioni registra nel complesso un lieve incremento rispetto al triennio precedente anche se diminuisce in diversi settori industriali.
Meno incoraggianti i segnali sugli investimenti in nuovi prodotti. Sotto il profilo territoriale, Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna si confermano le regioni più dinamiche in termini di ricerca e innovazione. Anche il Lazio e la Toscana registrano buone performance. Il Mezzogiorno, invece, è ancora in grande ritardo e non emergono importanti segnali di ripresa delle sue aree più arretrate.
Qualità dei servizi
La qualità delle public utility – erogazione di energia elettrica e acqua nelle abitazioni e numero di famiglie raggiunte dalla rete di distribuzione del gas metano – è in lento ma graduale miglioramento. Anche la raccolta differenziata dei rifiuti urbani fa registrare ulteriori progressi soprattutto se considerata in una prospettiva di lungo periodo.
Meno lusinghiere le valutazioni sui servizi sociali e socio-sanitari: l’assistenza domiciliare integrata e l’offerta di posti letto di natura residenziale ad esempio sono rimaste stabili, mentre diminuisce l’offerta di asili nido, micronidi e servizi integrativi per la prima infanzia.
Anche la mobilità delle persone sul territorio resta un punto dolente: i tempi per gli spostamenti e le difficoltà di accesso ai servizi essenziali lamentati dai cittadini non sembrano diminuire. I disagi più forti si registrano soprattutto nelle grandi aree metropolitane, nonostante una dotazione infrastrutturale mediamente più elevata.
Anche il sovraffollamento delle carceri resta una questione irrisolta: la diminuzione del numero di detenuti e l’aumento dei posti letto ha alleviato il problema in misura significativa ma non ancora risolutiva.
Infine, anche in questo caso, il volume di offerta di servizi alla persona e alle famiglie nelle regioni del Mezzogiorno è sistematicamente inferiore a quello medio nazionale.