Ci vediamo costretti a utilizzare “impropriamente” lo spazio dedicato all’innovazione sociale, ma sentiamo l’urgenza di riflettere insieme sull’accordo UE-Turchia in materia di rifugiati. Ieri abbiamo dato conto dei suoi contenuti pubblicando il testo integrale (leggi l’articolo). Oggi vorremmo illustrare ai nostri lettori il pensiero di quanti operano sul campo a fianco dei migranti e dei soccorritori.
Le posizioni delle organizzazioni umanitarie, pur con sfumature diverse, sono sostanzialmente convergenti e sembrano disegnare uno scenario molto diverso da quello descritto nell’Accordo, quasi a rimarcare la distanza che intercorre tra la politica e la realtà, tra le diplomazie e i campi profughi, tra la ragion di stato e la condizione di migliaia di uomini, donne e bambini.
L’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i rifugiati non nasconde la propria preoccupazione per la gestione concreta dell’Accordo. Analoghi timori manifesta Laura Boldrini, oggi Presidente della Camera dei Deputati ma in precedenza portavoce dell’UNHCR. Molto più duri i giudizi espressi da Elisa Bacciotti, direttrice campagne di Oxfam Italia, e da Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children. La prima parla di un “colpo senza precedenti inferto al diritto di asilo e alle persone che richiedono protezione”, mentre il secondo manifesta estrema delusione e ricorda come debbano “essere protette le persone, non le frontiere”. La Caritas italiana si interroga, con amarezza, se la priorità della politica non sia “solo di liberare il territorio dell’Unione europea da una presenza ingombrante, a tutti i costi”. Senza appello il giudizio di Christopher Hein, portavoce del Consiglio Italiano per i Rifugiati: “Così non si risolve ma solo si sposta la crisi europea dei rifugiati”. Unanime la convinzione che in Grecia non esistano adeguate condizioni di accoglienza dei migranti né un sistema di valutazione delle domande di asilo in grado di fornire risposte in tempi credibili. Le stesse preoccupazioni vengono manifestate nei confronti della Turchia, paese che attualmente non può entrare nell’Ue, “in quanto non in grado di rispettare i diritti fondamentali propri di una democrazia moderna”.
Allora, cosa sta accadendo? Ha forse ragione Elisa Bacciotti, quando afferma che “dopo il blocco della rotta balcanica, questo nuovo accordo con la Turchia è un ulteriore passo verso l’abisso della disumanità”? Ha forse ragione il CIR nel sostenere che “l’accordo appena concluso tra il Consiglio Europeo e la Turchia è un chiaro mercanteggiamento che si è concluso sulla testa e sulla pelle dei rifugiati”?
Di certo, leggendo il testo dell’Accordo, si affollano alla mente mille perplessità. Alcune riguardano il rispetto del principio di realtà. Le procedure di riconoscimento, ad esempio, sembrano immaginate in un accogliente palazzo di vetro di Francoforte piuttosto che in un campo profughi in Grecia o in Turchia. Altri passaggi provocano brividi alla schiena, come quando si afferma che “per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia all’UE”. Equivalenze numeriche che si fatica a comprendere. E poi questa sensazione intollerabile di aver finalmente trovato chi, in cambio di benefici economici di varia natura, farà il “lavoro sporco” al nostro posto: “La Turchia adotterà qualsiasi misura necessaria per evitare nuove rotte marittime o terrestri di migrazione irregolare dalla Turchia all’UE e collaborerà con i Paesi vicini nonché con l’UE stessa a tale scopo”. Per non parlare del rischio di paradossali discriminazioni tra etnie (siriani diversi da afgani, etiopi, eritrei …) e tra rifugiati politici e migranti per motivi economici.
È questa la nostra Europa? È questa la nostra umanità? Qui non c’entra nulla la retorica o il sentimentalismo. Nel tempo ci siamo abituati ad accettare, pur con qualche sofferenza, che in Europa ci possa essere spazio per i sindaci di Pantelleria e Lesbo e per i governanti che segnano con i muri e il filo spinato i loro confini. Ma a tutto c’è un limite. È veramente molto difficile accettare che un malinteso principio di realismo porti i 28 leader dell’Unione Europea, dopo aver sostenuto tutto e il contrario di tutto nei rapporti con la Turchia, a siglare un Accordo che, per usare un eufemismo, potremmo definire gravemente ambiguo, probabilmente inefficace, ma certamente sulla soglia dell’abisso della disumanità.
Tuttavia è ancora possibile fare un passo indietro, evitare quell’abisso che si avvicina; per “salvarci” è necessario guardare verso gli uomini e le donne fermamente convinti che le persone debbano essere protette, non le frontiere. Ascoltiamo con attenzione quanto hanno da dirci in merito.
UNHCR – L’UNHCR prende atto dell’accordo sancito oggi tra l’Unione europea e la Turchia sulla situazione dei rifugiati e dei migranti in arrivo in Europa.
Riconosciamo la necessità condivisa dei paesi di trovare soluzioni correttamente gestite a questa situazione. Infatti, rispetto a ciò, l’UNHCR ha più volte negli ultimi mesi offerto le sue specifiche raccomandazioni all’Europa. Il caos che ha prevalso nel 2015 e fino ad ora nel 2016 non risponde né ai bisogni delle persone in fuga da guerre e che hanno bisogno di sicurezza, né agli interessi della stessa Europa.
L’accordo di oggi chiarisce una serie di elementi. In modo significativo, ha reso esplicito che in tutte le modalità di attuazione dell’accordo verrà rispettato il diritto internazionale ed europeo. Secondo quanto l’UNHCR interpreta, alla luce della giurisprudenza in materia, questo significa che le persone in cerca di protezione internazionale, accederanno ad un’intervista individuale che stabilirà se la loro richiesta di asilo potrà essere presentata in Grecia, e nel corso della quale avranno diritto a presentare ricorso prima di una possibile riammissione verso la Turchia. Da ciò deriva anche che, una volta rimpatriate, le persone bisognose di asilo avranno la possibilità di accedere in modo effettivo alla protezione in Turchia. Dobbiamo ora vedere come questo verrà attuato nella pratica, riflettendo le garanzie inserite nell’accordo, molte delle quali attualmente assenti.
Diventano dunque cruciali le modalità di attuazione dell’accordo. In ultima analisi, la risposta deve soddisfare i bisogni impellenti delle persone in fuga da guerre e persecuzioni. I rifugiati hanno bisogno di protezione, non di respingimenti.
In primo luogo, devono essere rafforzate in Grecia le condizioni di accoglienza ed il sistema di valutazione delle domande di asilo. Le garanzie previste dall’accordo devono essere messe in pratica. Questo rappresenterà una sfida enorme che bisognerà affrontare immediatamente.
In secondo luogo, le persone rimpatriate in Turchia e bisognose di protezione internazionale devono poter accedere ad una valutazione della domanda di asilo che sia equa e appropriata, ed entro un termine ragionevole. Devono inoltre esistere rassicurazioni contro i ritorni forzati. Prima di qualsiasi rimpatrio dalla Grecia, l’accoglienza e le altre misure devono essere approntate in Turchia. Le persone che hanno bisogno di protezione internazionale devono poter accedere all’asilo senza discriminazioni e in linea con gli standard internazionali, incluso l’effettivo accesso a lavoro, assistenza sanitaria, istruzione per i bambini, e, se necessario, assistenza sociale.
In terzo luogo, pur avendo notato l’impegno di questo accordo ad aumentare le opportunità di reinsediamento fuori dalla Turchia per i rifugiati siriani, è cruciale che questi impegni siano significativi e prevedibili. L’incremento dei reinsediamenti dalla Turchia verso l’Unione Europea non deve avvenire a spese del reinsediamento di rifugiati di altre nazionalità che nel mondo si trovano in una situazione di grave bisogno, soprattutto nel contesto odierno di un numero mai raggiunto di persone costrette alla fuga.
OXFAM ITALIA – I leader dell’Unione europea oggi hanno trovato un accordo con la Turchia secondo cui tutte le persone che entrano irregolarmente in Grecia attraverso il mar Egeo dovranno essere rimpatriate in Turchia. In cambio l’Ue reinsedierà negli Stati membri un siriano rifugiato per ognuno di quelli che sono stati rimandati indietro.
Si tratta di un colpo senza precedenti inferto al diritto di asilo e alle persone che richiedono protezione: l’Europa rinnega il suo passato di patria dei diritti umani e mercanteggia con il destino di centinaia di migliaia di persone in fuga, calpestando in un solo colpo la propria legge, la propria storia e il proprio senso etico.
“L’accordo tra Ue e Turchia sulla crisi migratoria viola il diritto internazionale e quello dell’Unione, scambiando vite umane con concessioni politiche – afferma Elisa Bacciotti, direttrice campagne di Oxfam Italia –. Dopo il blocco della rotta balcanica, questo nuovo accordo con la Turchia è un ulteriore passo verso l’abisso della disumanità, peraltro mascherato, con raggelante ipocrisia, da strumento per smantellare il business dei trafficanti. Il costo del controllo dei confini europei non può continuare a essere pagato con vite umane”.
Oxfam chiede all’Unione Europea di adottare soluzioni efficaci per gestire il fenomeno migratorio, in particolare corridoi sicuri e legali per coloro che cercano di entrare nell’Unione. Gli stati membri devono accogliere i rifugiati secondo la quota che gli spetta. Non si può mettere un tetto a questa fondamentale responsabilità. La migrazione non si può impedire: si può solo gestire nel migliore dei modi possibili, ma l’Europa che esce da questo ennesimo vertice è drammaticamente lontana da questo approccio.
SAVE THE CHILDREN – “Siamo estremamente delusi dalle notizie che emergono finora sull’accordo raggiunto tra Unione Europea e Turchia sulla politica del “uno in cambio di uno”. Devono essere protette le persone, non le frontiere. Questo accordo creerà solo maggiori incertezze per le migliaia di profughi che sono bloccati nel fango, al freddo e all’umido e che aspettano notizie dal vertice di oggi di Bruxelles”. Questo il primo commento di Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children, alle indiscrezioni sull’accordo appena raggiunto tra EU e Turchia per la crisi migranti.
Secondo quanto riportato, l’accordo assicurerebbe comunque ai migranti in arrivo in Grecia la protezione prevista dagli standard internazionali. “Si tratta di un segnale positivo, ma non è chiaro come questo potrebbe tradursi nella pratica. Girarci intorno e scaricare il problema sulla Grecia e la Turchia non allontanerà il problema, ma sarebbe necessario condividere le responsabilità”, continua Valerio Neri. “I leader europei devono invece concentrarsi su come aumentare il loro impegno sui ricollocamenti e la creazione di percorsi sicuri e legali per l’ingresso nell’Unione Europea”.
CIR – Per il Consiglio Italiano per i Rifugiati l’accordo appena concluso tra il Consiglio Europeo e la Turchia è un chiaro mercanteggiamento che si è concluso sulla testa e sulla pelle dei rifugiati.
“Così non si risolve ma solo si sposta la crisi europea dei rifugiati”, dichiara Christopher Hein portavoce del CIR.
L’accordo prevede che da questa domenica, 20 marzo, tutti i “migranti irregolari” che arrivano in Grecia saranno espulsi in Turchia, dimenticando che la stragrande maggioranza di queste persone sono siriani, iracheni e afgani, quindi rifugiati.
Tutto l’accordo si basa sul riconoscimento della Turchia come “Paese terzo sicuro” o come “Paese di primo asilo” per quanti successivamente arrivano in Grecia. Crediamo che l’utilizzo di entrambe le definizioni non possa in nessun modo essere applicato alla Turchia. Un Paese che mantiene tutt’ora la limitazione geografica alla Convenzione di Ginevra, un fatto che esclude siriani, iracheni, afgani dal riconoscimento dello status di rifugiato non può evidentemente essere considerato un “Paese terzo sicuro” dove rinviare persone bisognose di protezione internazionale. Per quanto riguarda invece la considerazione della Turchia come Paese di primo asilo non crediamo che tale concetto si possa applicare a questo Paese visto che il livello di protezione che garantisce non è in alcun modo equivalente a quello prescritto dalla Convenzione di Ginevra e dagli altri strumenti di protezione internazionale previsti dalla normativa comunitaria.
“La grande preoccupazione del CIR è che questo accordo possa essere la causa dell’apertura di altre rotte, ancor più pericolose, che possono riguardare la Bulgaria, l’Albania e i Paesi del Nord Africa. Rotte che potrebbero avere conseguenze per il nostro Paese. La nostra esperienza ci dice, purtroppo, che misure così restrittive non impediscono ai rifugiati di arrivare, ma complicano e rendono ancor più insicuro il loro viaggio”, aggiunge Hein.
È certamente positivo che l’accordo preveda l’attivazione di 54mila posti di reinsediamento di rifugiati dalla Turchia, già precedentemente decisi, e che annuncia un futuro programma di ammissione umanitaria senza specificarne tempi e modalità. Tuttavia, allo stato attuale, considerando la lentezza delle procedure e il fatto che esplicitamente gli Stati membri non sono obbligati a partecipare al programma di reinsediamento o ad aumentarne la propria quota, per i rifugiati oggi presenti in Turchia queste misure non rappresentano da subito una alternativa concreta.
CARITAS ITALIANA – “Il controverso accordo tra l’Unione europea e la Turchia sul rimpatrio dei migranti potrebbe produrre dei risultati drammatici per i profughi che rischiano di essere bloccati per lungo tempo nei campi turchi dove probabilmente nessuno potrà garantire sulla qualità dell’accoglienza e della protezione”: così si pronuncia oggi Caritas italiana in una lunga nota che elenca “forti perplessità” e diversi punti “discutibili”. “Finora le testimonianze che ci sono giunte in questi cinque anni di guerra sia direttamente dai profughi che dagli operatori impegnati nell’assistenza parlano di violenze sistematiche e reiterate violazioni dei diritti umani fondamentali”, denuncia Caritas. “Decidere di rispedire queste persone dalla Grecia verso la Turchia – afferma – non può che suscitare una semplice domanda: perché un Paese come la Turchia che non può entrare nell’Ue, in quanto non in grado di rispettare i diritti fondamentali propri di una democrazia moderna, dovrebbe, invece, essere in grado di rispettare i diritti dei profughi rinviati nei suoi campi dalla Grecia?”. O forse, constata amaramente Caritas italiana, “la priorità della politica è solo di liberare il territorio dell’Unione europea da una presenza ingombrante, a tutti i costi”. “Fin quando la Turchia non verrà riconosciuta come Paese terzo sicuro – sottolinea -, il rimpatrio sarebbe in contrasto con le norme internazionali che impediscono di effettuare un respingimento verso un Paese che non garantisca degli standard minimi di protezione e accoglienza”. (http://agensir.it/quotidiano/2016/3/21/caritas-italiana-accordo-ue-turchia-su-rimpatri-puo-avere-effetti-drammatici/)
BOLDRINI – “Difficile da mettere in atto”. “Ho seri dubbi che quest’accordo possa essere messo in atto, è molto complicato già sulla carta”. A parlare è la presidente della Camera, Laura Boldrini, a Radio Radicale. “Chi conosce bene la materia – ha proseguito la terza carica dello Stato, già portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite – sa che questo accordo nel diventare gestione quotidiana potrà essere quasi impossibile da mettere in atto. In base a quest’accordo la Grecia dovrà ricevere migranti, identificarli, fare le procedure di asilo e poi potranno anche fare ricorso. Tutto questo sull’isola dove approdano le persone, possono passare mesi, anni.
Già a dicembre – ha ricordato Boldrini – c’erano 23mila ricorsi di richiedenti asilo presentati prima del giugno 2013. Coi ritmi della giustizia greca che sono lunghi immaginiamo quanto tempo i migranti verrebbero trattenuti in hotspot non attrezzati alla detenzione che sarebbe lunghissima. E tutto ciò viene fatto perché per ogni siriano che arriva in Grecia e viene rimandato indietro, l’Europa prenderà dalla Turchia un altro siriano. È una condizione difficilissima da realizzare. Quando si passerà alla pratica tutto questo diventerà molto molto complicato”.
Foto di copertina: AP Photo/Darko Bandic