Il 30% delle persone che abitano il Pianeta non ha accesso all’acqua, elemento primario di sopravvivenza per l’uomo. Parliamo di ben 2,1 miliardi di individui che all’interno delle proprie abitazioni non hanno una fonte di acqua potabile.
La denuncia arriva da un rapporto congiunto di Unicef e Oms (Organizzazione mondiale della sanità) dopo un attento studio fatto di indagini a livello globale sulla distribuzione dell’acqua. Com’è facilmente intuibile, le risorse idriche mancano soprattutto nelle zone rurali del mondo e, a tal proposito, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesys osserva: «Poter contare sull’accesso a una fonte di acqua salubre e a servizi di depurazione non dovrebbe rappresentare un privilegio riservato esclusivamente ai ricchi che vivono in città». Ma tant’è, perché il rapporto spiega a chiare lettere come non solo centinaia di persone non possano contare su un servizio domestico “elementare”, ma addirittura vivano ad almeno 30 minuti dalla prima fonte pulita. C’è di più: 159 milioni di persone sono costrette a bere acqua non sicura, non trattata, praticamente recuperata da laghi e corsi d’acqua.
Un problema drammatico che, inevitabilmente, ne chiama in causa un altro, quello che fa appello alle condizioni sanitarie delle riserve idriche. Unicef e Oms spiegano che 4,5 milioni di persone, più della metà degli abitanti della Terra (60%), usufruiscono di servizi di depurazioni lontani dagli standard di sicurezza. All’interno di questa enorme percentuale, 2,3 miliardi di persone non dispongono delle infrastrutture, 600 milioni sono costrette a condividere latrine con altre famiglie e 892 milioni vivono nella spiacevole situazione di dover urinare e defecare all’aria aperta.
Un quadro “idilliaco” per la trasmissione di malattie infettive gravi, come il colera, la dissenteria o il tifo, soprattutto se teniamo conto che l’acqua è fondamentale non solo per dissetarsi ma anche per una corretta igiene. Non per niente Unicef e Oms parlano di 90 Paesi che non conoscono acqua e sapone, posti in cui i progressi ci sono stati ma a un ritmo decisamente troppo lento. Difficile, chiosa il rapporto, rispettare le premesse di una copertura universale della distribuzione di acqua potabile entro il 2030, obiettivo deciso dalle Nazioni Unite.