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Addio al Corpo forestale dello Stato, quasi due secoli in difesa dell’ambiente

È già entrato in vigore – il 1° gennaio – il decreto che, di fatto, sancisce la fine del Corpo forestale, assorbito dall’Arma dei carabinieri, per effetto della cosiddetta “legge Madia” attraverso la quale sono state messe in atto misure di risparmio per quanto riguarda la pubblica amministrazione.

Quella del Corpo forestale è una storia che affonda le sue radici nel lontano 1822, quando il re sabaudo Carlo Felice diede ufficialmente vita all’amministrazione forestale con il compito di vigilare, sorvegliare e difendere il patrimonio ambientale, prestando particolare attenzione alla flora e alla fauna del nostro Paese. Successivamente – il 12 marzo 1948 – la necessità di quanto auspicato da Carlo Felice veniva ribadita con la nascita effettiva del Corpo forestale dello Stato. Lo scopo dell’istituzione restava sostanzialmente invariato ed era dunque legato alla protezione ambientale, alla quale si aggiungeva il riconoscimento quale organo statale a tutti gli effetti. Così è stato fino al 31 dicembre 2016, quando l’entrata in vigore del decreto legislativo 117 del 2016 e in applicazione della legge del 7 agosto 2015 n. 124, il Corpo forestale è stato inglobato all’interno dell’Arma dei carabinieri. Questo significa che a partire dall’inizio di gennaio circa 7.500 forestali sparsi in tutto il Paese sono stati ricollocati all’interno dei Carabinieri.

Rispetto a questa decisione, le più importanti associazioni ambientaliste come ad esempio Wwf, Lipu o Enpa hanno mostrato aperto dissenso sottolineando come di fatto l’accorpamento dentro un’unica bandiera significasse perdere l’ultimo strumento e corpo di polizia adeguatamente addestrato per proteggere l’ambiente, il paesaggio e la filiera agroalimentare. Sulla base di questa convinzione, le stesse associazioni ambientaliste si erano anche unite in una petizione, raccogliendo più di 100.000 firme. Azioni che però non hanno ottenuto riscontro positivo da parte dei dirigenti delle forze di polizia che, dal canto loro, sostenevano esattamente il contrario: l’accorpamento non sarebbe da valutare come una perdita bensì come un potenziamento, un miglioramento in termini di efficienza e di interventi sul territorio, senza contare il risparmio della spesa pubblica.

Ben lungi dallo stabilire chi abbia torto o ragione, ci limitiamo a salutare e ringraziare un organo che per quasi 200 anni ha dato il suo contributo alla difesa dell’ambiente, entrando di diritto nella storia d’Italia.

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Redazione