di Francesco Lo Piccolo.
E’ nelle piccole storie, nei piccoli fatti quotidiani per lo più ignorati dai giornali, che in realtà si nascondono le grandi storie, le storie che danno il senso della vita. E la piccola storia di cui voglio raccontare oggi qui, come quelle storie che mi ha insegnato a raccontare Vincenzo Cerami, l’autore di “La vita è bella”, e che ho conosciuto negli anni in cui ho lavorato al Messaggero a Roma, si svolge nel carcere di Pescara, nello spazio chiamato “la città”, in un piccolo laboratorio di sartoria attrezzato alla buona, con tre macchine da cucire, aghi che si rompono, guanti di plastica.
Ogni giorno dalle 9 alle 12, utilizzando vecchi abiti recuperati nei mercatini o dismessi dagli stessi detenuti, Rachid, Roberto, Carlo e Lyang imbastiscono, cuciono, creano. Borse, borselli porta tabacco, bambole, cuscini… Hanno molti anni di carcere alle spalle, altrettanti ancora da fare. Seduti con loro attorno ai tavoli da lavoro ci sono le studentesse dell’Università D’Annunzio che entrano in carcere come tirocinanti di Voci di dentro e due sarte. Tutti insieme in una stanza allegra e colorata dove il suono delle macchine da cucire si accompagna alle musiche di una radio e ai racconti , ai ricordi, alle parole, alle confidenze, alle illusioni.
In questo piccolo laboratorio qualche settimana fa è entrata una speranza, un lavoro per il Comune di Manoppello: la realizzazione di una quarantina di sfere natalizie e di altrettanti fiocchi da appendere nelle vie del paese in occasione delle feste di Natale. Un’occasione per chi non ha occasioni, una chance per chi nella vita non ha poi avuto grandi chance e neppure la possibilità di fare altre scelte. Rachid, Roberto, Carlo e Lyang si sono subito messi all’opera assieme a Chiara e Alessia, le due tirocinanti dell’Università del corso di Laurea in Sociologia e Criminologia: insieme hanno costruito fiocchi e palle e grazie alla loro inventiva hanno trasformato un piccolo lavoro in qualcosa di magico. Addobbi natalizi stupendi, colorati, rosso e oro. Che sono stati consegnati martedì scorso. Ma non solo addobbi natalizi. Insieme hanno creato qualcosa che in realtà vale tanto di più, quel qualcosa che è rappresentato da un’idea, un progetto, dove il mondo di fuori e il mondo di dentro hanno abbattuto seppure idealmente, seppure per poco tempo, mura, cancelli e sbarre. Quelle mura, cancelli e sbarre che ormai da tempo non servono né alla sicurezza, né alla fantomatica rieducazione. E che al contrario fissano, sconfiggono e imprigionano le persone in ruoli: o guardia o detenuto. O maestro o allievo.
Nel laboratorio di sartoria, e negli altri laboratori allestiti da Voci di dentro onlus (laboratori di scrittura, di teatro, fotografia, computer, anche questi realizzati grazie ai tirocinanti e ai volontari dell’associazione), in quello spazio nel carcere di Pescara chiamato “la città”, accadono eventi tutti nuovi, accade l’incontro tra persone. Senza ruoli. Prima pietra di un cambiamento che riguarda gli uomini richiusi nel carcere e la stessa struttura carcere. Con la convinzione che l’uno non puo’ esserci senza l’altro.
Vincenzo Cerami, morto tre anni fa, mi aveva insegnato ad entrare con lo sguardo dentro alle piccole cose del mondo. Beh, questa nel carcere di Pescara è una piccola cosa. In realtà una grande cosa… Una cosa che dà il senso della vita.
Qualche anno prima che morisse avevo sentito Cerami al telefono per un progetto da realizzare insieme. Poi ci siamo persi di vista. Mi era caro. I suoi libri mi hanno fatto una bella compagnia: li rivedo qui nella mia libreria in mezzo a tanti altri autori. Da tutti ho imparato che prima di ogni cosa, ovunque, ci sono le persone. Come Rachid, Roberto, Carlo e Lyang.