La mancata autorizzazione delle Autorità israeliane alla visita della delegazione italiana guidata dal vicepresidente della Camera dei deputati Luigi Di Maio ci fornisce l’occasione per tornare a parlare delle condizioni della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. L’accesso è stato ufficialmente impedito per motivi di sicurezza e il diniego, naturalmente, ha scatenato la protesta dei parlamentari 5 Stelle. Di Maio, Manlio Di Stefano e Ornella Bortolotta hanno affidato la loro protesta alla seguente nota: “Abbiamo appreso dalla nostra ambasciata che il governo israeliano impedisce alla delegazione guidata dal vicepresidente della Camera dei deputati di recarsi nella Striscia di Gaza per visitare il progetto di un’organizzazione non governativa italiana pagato con i soldi dei cittadini italiani. Questo è un cattivo segnale non tanto per il Movimento 5 Stelle ma soprattutto per quello che è l’approccio dello stesso esecutivo israeliano rispetto alla situazione nella Striscia di Gaza e della pace nella regione”.
In realtà pochi giorni prima alcuni media erano tornati ad occuparsi di Gaza per denunciare il blocco totale della ricostruzione a due anni dallo lo scoppio della guerra del 2014, che costò la vita a 1.492 civili palestinesi, tra cui 551 bambini. Nella Striscia di Gaza interi quartieri restano senza rifornimenti di acqua, le strutture sanitarie distrutte non vengono ricostruite e decine di migliaia di persone sono senza tetto.
Nei documenti della ong italiana COSPE onlus si legge: “Meno del 10% delle 11.000 case che sono state completamente distrutte durante i 51 giorni di bombardamenti delle forze armate israeliane sono state ricostruite. Come conseguenza della guerra e l’impatto del blocco imposto nel 2007 da Israele, più di 75.000 palestinesi di Gaza non hanno ancora una casa in cui tornare. I minori sono la fascia di popolazione che maggiormente soffre dei traumi di questa violenza. Come COSPE siamo impegnati, insieme a organizzazioni partner locali, in un progetto di sostegno socio psicologico rivolto a minori e donne disabili che hanno subito questo tipo di traumi nelle aree di Gaza City, Khan, Younis, Rafah e Deir Al Balah”.
Commenta Giorgio Menchini, presidente COSPE: “Israele deve rispondere della grave situazione di emergenza in corso a Gaza da ormai diversi anni, dal momento che controlla quasi completamente l’intero confine, via terra e via mare, con la Striscia. È compito della comunità internazionale esigere il rispetto dei diritti umani, ponendoli alla base delle relazioni commerciali e diplomatiche con lo stato di Israele”
Di analogo tenore le dichiarazioni di Riccardo Sansone, responsabile emergenze umanitarie di Oxfam Italia: “Le limitatissime possibilità di circolazione per le persone e le merci hanno paralizzato la crescita economica di Gaza e di conseguenza la vita dei palestinesi, che da ormai quasi un decennio non hanno praticamente accesso ai servizi essenziali e vedono negati i loro diritti fondamentali. Il blocco sta peggiorando una situazione già gravissima”.
Per questi motivi AIDA, un’associazione che raccoglie le maggiori ong internazionali, rilancia la campagna #OpenGaza, il cui appello viene qui riportato integralmente insieme a un video, nella sua versione italiana che “racconta attraverso dati e numeri la drammatica situazione attuale e invita a dare un futuro a Gaza”.
A Gaza i bambini dormono ancora fra le macerie della guerra dello scorso anno, pagando per un conflitto che non hanno mai voluto. Ma ora possiamo aiutarli a riavere case, scuole e ospedali. Insieme alle più grandi agenzie umanitarie possiamo chiedere l’entrata a Gaza di tutti i materiali necessari alla ricostruzione: firma ora. Ad oggi siamo a quasi 600 mila firme!
È già passato un anno dall’ultima devastante guerra su Gaza, ma migliaia di bambini dormono ancora fra le macerie delle loro case.
Violando le leggi internazionali, Israele sta limitando l’entrata di qualsiasi materiale da costruzione. Ma in questo modo case, scuole e ospedali non possono essere ricostruiti, e così i bambini sono costretti a vivere fra le macerie e vanno a scuola in edifici bombardati.
Ora però abbiamo un piano per cambiare tutto questo: Avaaz sta lavorando con le più grandi agenzie umanitarie per lanciare un appello urgente all’Italia e a tutti gli stati che finanziano la ricostruzione di Gaza. Essendo loro che pagano, possono insistere perché Israele revochi le restrizioni e faccia entrare i materiali da costruzione necessari.
Se saremo tantissimi da tutto il mondo, Renzi e gli altri capi di stato non potranno ignorarci e dovranno andare oltre le belle parole, intensificando il lavoro diplomatico per mettere fine al blocco a Gaza. Firma la petizione, è inaccettabile che i nostri governi non facciano nulla per risolvere questa crisi umanitaria: secure.avaaz.org/it/gaza_blockade
Dei 6,7 milioni di tonnellate di acciaio, cemento e altri materiali che servono per ricostruire tutto ciò che è stato distrutto, solo il 5 per cento è riuscito a passare il blocco israeliano. Di questo passo ci vorranno 17 anni per ricostruire Gaza. Un’intera generazione fra le macerie.
È vero che i partiti politici palestinesi non sono riusciti a dare priorità alla ricostruzione, e che la chiusura del confine con l’Egitto ha limitato l’entrata di materiali a Gaza, ma il blocco israeliano è di gran lunga l’ostacolo maggiore per la ricostruzione. Israele ripete che serve per la sicurezza, ma sia le Nazioni Unite che la Croce Rossa hanno già dichiarato che il blocco imposto su Gaza è una violazione del diritto internazionale.
Una violazione che va avanti da 8 anni e che non ha portato sicurezza, ma solo 3 devastanti guerre. Basta conoscere la storia per sapere che togliere ogni senso di sicurezza a un’intera popolazione crea solo sofferenza e dolore per tutte le parti coinvolte. Questa è una politica cieca, disposta a far soffrire persone innocenti pur di raggiungere i propri obiettivi, invece di cercare una soluzione che funzioni per tutti.
Alcuni governi hanno promesso di finanziare la ricostruzione di Gaza con 3 miliardi e mezzo di dollari. Ora il modo migliore per fargli prendere una posizione ancora più forte, che possa davvero cambiare la situazione, è dimostrare che per i loro cittadini, per i loro elettori, tutto questo è importante. Ed è qua che la nostra comunità può fare la differenza. Diciamo a tutti i nostri capi di Stato che vogliamo vederli prendere posizione e agire, subito: secure.avaaz.org/it/gaza_blockade.
È da anni che la nostra comunità globale lotta in Palestina e Israele per mettere fine alla repressione e alla violenza, spingendo il mondo a entrare in azione per giustizia, libertà e pace. Gli attacchi indiscriminati dell’anno scorso hanno ucciso quasi 500 bambini innocenti, e traumatizzato quelli sopravvissuti che ora hanno bisogno del nostro aiuto. Amplifichiamo la loro voce e aiutiamoli a ricostruire le loro case.