La decisione è stata presa: una porzione molto estesa del più grande polmone verde al mondo, l’Amazzonia, diventerà un’area nella quale sarà possibile effettuare trivellazioni alla ricerca di minerali e metalli preziosi. Così il presidente del Brasile Michel Temer ha stabilito con la sua firma che di fatto abolisce ciò che la National Reserve of Copper and Associates (Renca) tutelava in passato. Precisamente, le trivellazioni avverranno in una zona che si estende per quasi 50 chilometri quadrati all’interno dell’Amazzonia e si trova tra gli Stati di Ampara e Para.
Le motivazioni espresse da Michel Temer hanno a che fare con la volontà di generare occupazione e attirare nuovi investitori. Ma benché il presidente abbia rassicurato su temi quali sostenibilità ambientale e rispetto per le popolazioni indigene, gli ambientalisti hanno mostrato già da subito una certa preoccupazione e un atteggiamento scettico.
Questi ultimi fanno sapere infatti come la nuova risoluzione potrebbe generare problemi di non poco conto, andando a complicare piaghe già esistenti come la deforestazione, l’impatto sulla biodiversità e la distruzione delle risorse idriche. Secondo gli ambientalisti, inoltre, si pone anche una criticità evidente che riguarda le popolazioni indigene perché nella Riserva biologica di Maicuru – area interessata dalla misura prevista dal presidente brasiliano Michel Temer – vive un crogiuolo di etnie che difficilmente uscirà immune da questa vasta operazione.
I dati sull’Amazzonia in possesso dell’Inpe (Istituto di ricerca sull’Ambiente brasiliano) sembrano confermare i timori ambientalisti. Risulta che nel periodo compreso tra l’agosto 2015 e il luglio 2016 sono effettivamente andati in fumo più di 8.000 chilometri quadrati di foresta amazzonica. Il che significa, per meglio comprendere l’enormità di tale cifra, una devastazione pari a 5 volte una grande città metropolitana. Di fronte a numeri del genere, pertanto, le rassicurazioni del governo in carica poco convincono le organizzazioni.