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Allarme Oms: 2 miliardi di persone bevono acqua contaminata

L’Organizzazione mondiale della sanità lancia l’allarme: nel 2017 circa 2 miliardi di persone bevono acqua contaminata dalle feci, esponendosi in questo modo a un rischio elevatissimo di contrarre malattie gravi come il colera, la dissenteria, il tifo e la poliomelite. Un rischio che riguarda le aree più povere del Pianeta e al quale è impossibile sottrarsi. Tra morire di sete e morire d’acqua contaminata è logico che si muoia per la seconda causa. E a pagare le conseguenze, sempre secondo l’Oms, sono ogni anno mezzo milione di persone.

Fatto, questo, che rischia di dilagare in un disastro dalle proporzioni inaudite considerando che i Paesi che dovrebbero, non stanno investendo in maniera adeguata per migliorare i servizi igienico-sanitari. A sottolineare quanto già denunciato dall’Oms, arriva puntale il Rapporto 2017 delle Nazioni Unite, GLASS (UN-Water Global Analysis and Assessment of Sanitation and Drinking-Water) che spiega l’urgenza di intervenire con misure massive e importanti impiegando le risorse finanziarie in maniera più efficiente.

Se è vero, sottolineano le Nazioni Unite, che i vari Paesi hanno previsto un budget più largo per acqua e servizi igienici (+4,9% negli ultimi 3 anni), lo è altrettanto che tale strategia non è stata risolutiva: l’80% dei Paesi in via di sviluppo non è riuscito a raggiungere il proprio obiettivo entro i propri confini.

Non esiste altra via d’uscita se non ricreare con una certa urgenza un piano di investimento più ampio, con maggiori finanziamenti, a cominciare dall’accesso universale ai servizi idrici e fognari. Per raggiungere questo obiettivo, le Nazioni Unite, dicono qualcosa di molto chiaro: bisogna triplicare gli investimenti attuali, senza considerare tra l’altro i costi di esercizio e manutenzione.

Ingenuo pensare che Paesi afflitti dalla povertà più estrema siano in grado di portare a termine un’operazione tanto articolata. A parole, il 70% dei Paesi sviluppati si è detta d’accordo ad aiutare le aree più povere. A fatti, si evidenzia un forte ritardo. Quindi, in sostanza, si tratta di esercitare una certa pressione affinché gli sforzi dei Paesi più ricchi si concentrino per la realizzazione dell’obiettivo.

Guy Ryder, presidente di UN-Water e direttore generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro dichiara: «Questa è una sfida che abbiamo la capacità di risolvere; l’aumento degli investimenti in acqua e servizi igienici può produrre notevoli benefici per la salute e lo sviluppo umano e creare occupazione».

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Redazione