Entro la fine di ottobre saranno aiuto-cuoco, aiuto-pasticcere e operatore di sala-bar. Parliamo di 60 giovanissimi, italiani e stranieri, tra i 16 e i 25 anni, che hanno intrapreso un percorso di studi chiamato MaTeChef grazie a un progetto promosso dal Cies Onlus – Centro Informazione ed Educazione allo Sviluppo.
L’iniziativa, che vede i ragazzi operare nel ristorante caporalato-free Altrove sulla Ostiense a Roma, è realizzato grazie al sostegno di Costa Crociere Foundation, con il contributo dell’8xmille della Chiesa Valdese, la Fondazione Banca d’Italia, la Fondazione Terzo Pilastro e il prestito agevolato di Banca Prossima.
A lavorare, tra una risata e uno scambio culturale, in sala e in cucina, sono anche rifugiati, minori non accompagnati e stranieri di seconda generazione che rendono il ristorante un luogo multiculutrale in cui le culture si mescolano così come pure gli ingredienti, come si nota già dando un’occhiata al menù proposto.
Finora l’esperienza ha già dato i suoi frutti anche in termini lavorativi, oltre che culturali, come dimostra l’assunzione di una giovane ragazza partecipante al progetto tra il personale di una nota gelateria romana. Il senso dell’iniziativa è proprio questo, offrire ai partecipanti un percorso di formazione in grado di garantire uno sbocco professionale.
«Altrove», spiega la presidente Cies Elisabetta Melandri, «è un progetto di comunicazione e di impresa sociale, di storie positive di ragazzi italiani e stranieri di seconda generazione, minori non accompagnati, rifugiati. Noi vogliamo comunicare, attraverso il cibo, la bellezza delle varietà culturali dei nostri ragazzi. Qui le differenze si uniscono e si esaltano a vicenda per creare qualcosa di buono».
Multiculturalità ma soprattutto etica tra i valori su cui si fonda Altrove che proprio per questo ha scelto accuratamente anche i fornitori, selezionati per il loro impegno sociale e la qualità dei prodotti. Tra questi troviamo Altromercato, Libera Terra, i formaggi provenienti da Proloco Dol, in particolare dal Caseificio “Cibo agricolo libero” dove lavorano le detenute del carcere di Rebibbia, lo yogurt dalla Cooperativa Barikamà, un progetto di agricoltura sociale gestito da ragazzi africani e, la passata dall’azienda Fiammante che, attraverso accordi diretti con i produttori di pomodori, promuove la raccolta meccanica dei pomodori per combattere il caporalato.