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Amnesty denuncia violenze e torture negli hotspot italiani

Alcuni rifugiati e migranti intervistati da Amnesty International hanno dichiarato di aver subito torture per costringerli a dare le impronte digitali. Queste comprendevano accuse di pestaggi che hanno causato dolori forti, scosse elettriche tramite manganelli elettrici, e umiliazione sessuale e inflizione di dolori ai genitali”.

In queste quattro righe estratte da un rapporto dell’organizzazione internazionale che si occupa della tutela dei diritti umani emergono storie di violenze, abusi, vere e proprie torture. Ma ciò che lascia davvero sbigottiti è che tali agghiaccianti episodi di violenza non sono stati registrati nel carcere di Guantanamo, né tantomeno in una delle roccaforti del Califfato islamico.

Le umiliazioni, i soprusi, le violenze e i pestaggi sui quali pone l’attenzione Amnesty in questo caso avvengono “in casa nostra” ai danni di “ospiti” ai quali viene mostrato il lato meno accogliente dell’Italia.

La grave e sconvolgente denuncia di Amnesty si riferisce in particolare alle politiche di accoglienza dei rifugiati e degli immigrati ed è riassunta in un rapporto il cui titolo lascia poco spazio all’immaginazione: “Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti”.

Sessanta pagine in cui Amnesty stigmatizza “le pressioni dell’Unione europea” sull’Italia “affinché usi la mano dura nei confronti dei rifugiati e dei migranti” e che “hanno dato luogo a espulsioni illegali e a maltrattamenti che, in alcuni casi, possono equivalere a torture”.

Nel documento si analizza il cosiddetto “approccio hotspot” promosso dall’Unione europea per identificare migranti e rifugiati al momento dell’arrivo che a detta dell’Organizzazione avrebbe compromesso il loro diritto a chiedere asilo e alimentato agghiaccianti episodi di violenza, con l’uso di pestaggi, elettroshock e umiliazioni sessuali.

«Determinati a ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri stati membri, i leader europei hanno spinto le autorità italiane ai limiti, e talvolta oltre i limiti, della legalità», commenta Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull’Italia. «Il risultato è che persone traumatizzate, arrivate in Italia dopo esperienze di viaggio strazianti, vengono sottoposte a procedure viziate e in alcuni casi a gravi violenze da parte della polizia, così come a espulsioni illegali».

Il rapporto, basato su oltre 170 interviste a rifugiati e migranti, rivela gravi lacune in ognuna delle fasi di identificazione e ricollocamento degli stranieri.

A cominciare dalla fase in cui agli immigrati vengono prese le impronte digitali. Diverse sono le persone, infatti, che vogliono chiedere asilo in altri Paesi e che hanno un forte interesse a evitare di farsi prendere le impronte digitali dalle autorità italiane, per non rischiare di rimanere in Italia in base al cosiddetto sistema di Dublino.

«Sotto le pressioni dei governi e delle istituzioni dell’Unione europea», denuncia Amnesty, «l’Italia ha adottato misure coercitive per prendere le impronte digitali. Amnesty International ha ricevuto denunce coerenti e concordanti di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza fisica per costringere uomini, donne e anche bambini appena arrivati a farsi prendere le impronte digitali.

Su 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte da Amnesty International, in 16 si parla di pestaggi. Alcuni immigrati hanno riferito addirittura di bastoni elettrici e di umiliazioni sessuali.

Perplessità sono espresse da Amnesty anche in merito alla fase in cui agli immigrati, esausti dal viaggio e dalle violenze subite prima di arrivare in Italia, viene chiesto di rispondere a domande che possono avere profonde implicazioni per il loro futuro. «Sulla base di interviste estremamente brevi», prosegue Amnesty, «agenti di polizia che non hanno ricevuto una formazione adeguata sono chiamati a prendere a tutti gli effetti una decisione sui bisogni di protezione delle persone che hanno di fronte. Coloro che sono giudicati privi di un motivo per chiedere asilo ricevono un ordine di respingimento o di espulsione, incluso attraverso il rimpatrio forzato nel Paese di origine, che può esporli a gravi violazioni dei diritti umani».

Una sezione del rapporto è quindi dedicata alle espulsioni. «Sotto le pressioni dell’Unione europea, l’Italia sta cercando di aumentare il numero dei migranti rinviati nei Paesi di origine, anche negoziando accordi di riammissione con Paesi le cui autorità hanno commesso terribili atrocità. Uno di questi accordi è stato firmato nell’agosto 2016 tra le autorità di polizia di Italia e Sudan. Consente procedure d’identificazione sommarie che, in determinate circostanze, possono essere espletate persino in Sudan a espulsione avvenuta».

«L’approccio hotspot, elaborato a Bruxelles e applicato in Italia, ha aumentato anziché diminuire la pressione sugli stati di frontiera e sta causando terribili violazioni dei diritti di persone disperatamente vulnerabili, violazioni per le quali le autorità italiane portano una responsabilità diretta e i leader europei una responsabilità politica», aggiunge de Bellis. «Le nazioni europee possono riuscire a rimuovere persone dal loro territorio ma non possono rimuovere i loro obblighi di diritto internazionale. Le autorità italiane devono porre fine a queste violazioni e assicurare che le persone non saranno respinte verso Paesi dove rischiano persecuzione e tortura».

Immediata e secca la smentita da parte di Marco Morcone, capo Dipartimento immigrazione del Viminale. «Che le forze di polizia operino violenza sui migranti è totalmente falso. Sono rimasto sconcertato nel leggere queste cretinaggini».

Per maggiori informazioni sul rapporto di Amnesty International vi invitiamo a leggere l’approfondimento che sarà dedicato al tema domenica 6 novembre.

foto di copertina: Alberto Pizzotti.

Published by
Antonella Luccitti