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Anche il colera in Somalia: la comunità internazionale si svegli

Save the Children torna a parlare di Somalia e lancia un nuovo allarme: dall’inizio dell’anno, nel Paese africano sono stati registrati oltre 8.400 casi di colera, 200 dei quali risultati mortali. Alla catastrofe della siccità si aggiungono le inevitabili conseguenze e ripercussioni sulla salute, in un contesto in cui l’acqua risulta contaminata e si mangiano anche alimenti non commestibili pur di resistere ai morsi della fame.

Save the Children, come sempre in casi analoghi, è sulla scena del dramma a combattere in prima linea per cercare di salvare quante più vite possibili. Sono i bambini le vittime più esposte alle malattie, con 200.000 di essi che rischiano di morire entro l’anno per malnutrizione. I corpi dei minori, già debilitati dalla fame, diventano più vulnerabili al colera e alla diarrea. Spesso non ce la fanno e muoiono.

«Salvare queste vite e assicurare i mezzi di sostentamento alla popolazione richiede un’azione concertata da parte della comunità internazionale, ma non c’è più tempo da perdere e bisogna agire ora», ha dichiarato Hassan Noor Saadi, direttore di Save the Children in Somalia.

Se infatti – fa sapere Save the Children – nella prima settimana del novembre 2016 i casi di colera e diarrea registrati erano circa 200, nella seconda metà del febbraio di questo anno la cifra è pari a 1.400 casi. Una squadra specializzata per il trattamento urgente del colera di Save the Children ha raggiunto il centro dell’emergenza, tra la regione di Bay e la sua capitale Baidoa. Proprio qui la terribile infezione intestinale conta il 72% della percentuale totale del Paese.

Ma non è solo il colera a preoccupare l’Organizzazione. Nelle 72 cliniche che Save the Children ha dispiegato in tutto il territorio somalo, sempre più frequentemente vengono riscontrati casi gravissimi di infezione respiratoria, tra cui molti casi di polmonite. Di fronte a fatti così drammaticamente documentati da chi tutto il giorno è sul fronte di un disastro, la parola d’ordine è un richiamo alla coscienza: intervenire, e subito. Ogni minuto che trascorre è tempo regalato alla morte.

La siccità che ha colpito un Paese già disgraziato, dilaniato nel tempo dai conflitti interni, dalle guerriglie, dai continui rovesciamenti di potere, ha spinto inoltre parte della popolazione ad abbandonare la propria terra per cercare fortuna altrove. Il risultato è che gli sventurati si siano accomodati in campi improvvisati sprovvisti di quanto serve a sopravvivere, acqua, cibo, servizi igienici e sanitari.

Impossibile non dar ragione a Hassan Noor Saadi quando dice che già nel 2011, quando la Somalia si trovò ad affrontare una situazione simile, «la comunità internazionale ignorò i primi segnali di quella crisi, non agì con decisione e attese fino a luglio prima di dichiarare la carestia. Oggi la comunità internazionale sta ripetendo gli stessi errori».

Save the Children chiede dunque ai donatori, ai paesi del G7 e alle agenzie delle Nazioni Unite di stanziare con una certa urgenze fondi per la Somalia. Entro giugno servono 825 milioni di dollari per salvare vite umane e puntare decisi verso un percorso di recupero dalla carestia. Attualmente, è stata raccolta solo metà di questa cifra e non è sufficiente. Serve un aumento di finanziamenti per evitare che questa tragedia si trasformi in un altro disastro umanitario che, diremmo poi, si sarebbe potuto evitare.

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Redazione