Per scoprire tutti i segreti del crowdfunding e conoscere i consigli sulla realizzazione di un’efficace campagna di raccolta fondi online, abbiamo intervistato il fondatore di una delle principali piattaforme italiane dedicate a questo settore. Si tratta di Angelo Rindone, “padre” di Produzioni dal Basso, un giovane che oltre 10 anni fa ha avuto la lungimiranza di capire le potenzialità del web nel sostenere progetti culturali e sociali e che ha saputo anticipare i tempi dando vita a un progetto che oggi conta numeri da capogiro. La piattaforma italiana ha, infatti, di recente tagliato il traguardo dei due milioni di euro raccolti e dei 1000 progetti finanziati.
Come è nata Produzioni dal Basso?
Produzioni dal Basso è nata come idea nel 2004 ed è stata messa online nel gennaio del 2005. E’ sorta in maniera prematura, in tempi non sospetti, cioè quando il crowdfunding non esisteva, dal momento che il termine è stato creato 4/5 anni dopo. Noi siamo nati prima di Youtube per intenderci. La piattaforma è nata, dunque, da una serie di esperienze che io avevo fatto nel mondo dell’autoproduzione culturale e del media-attivismo che mi avevano portato a intuire che internet stava andando verso i social. Non abbiamo avuto una vera vision, ma abbiamo intuito che internet stava andando verso quella direzione e che sarebbe stato utilizzato da molti artisti per promuovere e far conoscere i loro prodotti culturali. E così ho pensato a una piattaforma che potesse offrire un match, un punto di incontro tra pubblico e artisti. Infatti all’inizio Produzioni dal Basso era stata ideata soprattutto per progetti culturali, ma non solo come un luogo dove far conoscere i progetti ma anche dover poterli sostenere, da qui proprio il nome Produzioni dal Basso. Poi intorno al 2011/2012 il tema del crowdfunding è arrivato anche in Italia, la nostra piattaforma è stata riconosciuta come una delle prime piattaforme di concept che aveva proposto una cosa del genere, e contemporaneamente la community era anche cresciuta negli anni. E quindi piano piano è diventata una delle piattaforme più utilizzate in Italia.
Quali sono i vostri numeri?
I nostri numeri sono visibili sulla piattaforma. Noi abbiamo finora transato 2 milioni e 100 mila euro, abbiamo finanziato quasi 1000 progetti e abbiamo più di 83 mila utenti. Questi numeri li abbiamo raggiunti praticamente negli ultimi due anni e in particolare quest’anno. C’è stato un vero e proprio boom e abbiamo triplicato i numeri del 2014. Il crowdfunding è un fenomeno in crescita esponenziale e automaticamente lo è anche Produzioni dal Basso, sempre in riferimento al mercato italiano dal momento che non è assolutamente paragonabile al mercato americano. In Italia ci sono, infatti, 86 piattaforme attive ma solo 3 hanno più di 50 mila utenti.
Da circa un anno Produzioni dal Basso si avvale anche della collaborazione con Banca Etica e ciò contribuisce anche a dare un impatto ancora più sociale alla piattaforma. E’ così?
La piattaforma è nata come piattaforma sociale e culturale e lo è ancora. Ma un po’ come lo è in generale il crowdfunding in Italia. Ha questa impronta e noi essendo nati dal mondo dell’autoproduzione e del media-attivismo non potevamo non averla. Il lavoro con Banca Etica è nato in maniera naturale: loro hanno visto in noi qualcosa che riconoscevano in loro e viceversa. Quindi da un anno si sono ritagliati un piccolo spazio nella nostra piattaforma nel quale propongono progetti della loro community, e devo dire la verità è un bell’esperimento. Noi non vogliamo fermarci qui, questo è stato solo un test per loro, ma ci piacerebbe spingerci oltre. Tuttavia non sono processi semplici, dal momento che Banca Etica è un istituto di soci, mentre noi siamo una startup in cui le decisioni vengono prese in pochi. Ci saranno quindi dei tempi tecnici da rispettare, ma la volontà c’è da entrambe le parti.
Qual è la tipologia di campagna che riscuote più successo?
Non c’è una tipologia per genere, ma piuttosto per strategia di comunicazione. Le campagne che partono dal presupposto di strutturare una vera campagna di comunicazione, fatta bene, con un linguaggio corretto, cercando di coinvolgere la community e le persone che conoscono il lavoro di chi propone il progetto, allora funzionano. Insomma le campagne sono vincenti se si comunica bene. A mio avviso, infatti, il crowdfunding oltre a essere una raccolta fondi, nella sua accezione migliore è una campagna di comunicazione. Se non c’è la comunicazione del progetto, non ci saranno neanche persone disposte a sostenerlo.
Ma non è tutto facile come sembra, qual è la percentuale di progetti che non ce la fanno?
In Italia siamo intorno al 30%, ma la media si sta abbassando. Vengono proposti sempre più progetti, in Italia lo scorso anno ne sono stati proposti oltre 100 mila anche se sono arrivati in piattaforma appena 20 mila iniziative, dal momento che le piattaforme stesse fanno delle selezioni. Aumentando il numero però non è aumentata la qualità. C’è tanta voglia di raccogliere soldi online, ma poca voglia di fare comunicazione del proprio progetto.
C’è un progetto che in questi 10 anni più di tutti le è rimasto nel cuore?
Ce ne sono tanti, ad esempio tutto il lavoro che stanno facendo i ragazzi di Scampia che hanno pubblicato decine e decine di libri, hanno creato una vera e propria casa editrice basata sul crowdfunding. Una storia bellissima. E poi c’è un progetto pubblicato di recente sulla nostra piattaforma , che si chiama Rwanda e che mi sta davvero stupendo. Infatti ha degli standard che non sono tipici delle campagne italiane. I promotori sono delle persone che si stanno spendendo tantissimo e il progetto sta raccogliendo tantissimo. Spero che il loro lavoro possa essere d’esempio per tante altre iniziative di crowdfunding.
Quali sono i consigli per mettere in pratica una valida campagna di crowdfunding?
Di non farla per raccogliere soldi, ma per raccontare un’idea e farla diventare concreta. Se si va in piattaforma per raccogliere fondi non funziona mai. Se si va, invece, in piattaforma con la voglia di raccontare la propria idea, di condividerla, di far partecipare gli altri, allora il crowdfunding funziona e si raccolgono i soldi. Quindi il mio consiglio è di non chiedersi “quanti soldi voglio raccogliere” ma “quanto voglio comunicare e quante persone voglio portare sul mio percorso”.
Qual è l’elemento che non può mancare per il raggiungimento della felicità pubblica?
Sarebbe carino leggere le risposte degli altri a questa domanda. E’ proprio questa la risposta: il segreto della felicità pubblica è capirsi, ascoltarsi, leggersi.