Il libro offre una visione positiva e innovativa dell’essere anziano, del tempo che scorre, della condizione inattiva lavorativa, superando la paura di invecchiare. Anzi aiuta a considerare la “terza età” come una risorsa che trasforma la persona da forza lavoro a forza cultura.
A volte si hanno pregiudizi e stereotipi verso le persone anziane, ritenute inutili in quanto malate, invalide, insofferenti, contrarie ai cambiamenti, prive di soddisfazioni, trattandole quindi come un problema sociale. Tale pregiudizio sociale finisce con il compromettere una possibile e serena progettualità di chi, raggiunta la pensione e senza più impegni familiari, potrebbe dedicarsi finalmente a se stesso, arricchendosi interiormente, sviluppando le proprie abilità e, ancor meglio, mettendole al servizio degli altri.
Attraverso il racconto di diversi anziani che hanno partecipato al laboratorio “Letteratura e scrittura creativa” dell’Università Teatina Età Libera e la professionalità della docente/scrittrice, è possibile raccogliere le tante energie che la terza e la quarta età hanno ancora in sè e che potrebbero rimanere soffocate dall’inerzia verso cui la società produttiva spinge coloro che hanno concluso la fase “attiva”.
Invecchiare, come dice Hillmann, non può significare solo decadimento biologico, ma deve diventare una forma d’arte, una trasformazione nella bellezza, la sola che possa manetenere viva ed efficiente la nostra anima.
Ed ecco quindi che nuovi concetti prendono posto nella vita dell’anziano: ‘anima’ al posto di ‘salute’, ‘intuizione e intelligenza’ al posto di ‘informazioni’, ‘filosofia’ al posto di ‘prassi’.