La notizia è di pochi giorni fa: a Torino il Gruppo Abele ha aperto “Binaria”, il primo centro “commensale” con l’obiettivo di rappresentare un punto di riferimento per tutta la comunità, luogo d’incontro pensato per poter mangiare, leggere, bere il caffè ma soprattutto per essere il teatro della convivialità, del dialogo, dei rapporti umani, delle iniziative culturali ed educative.
All’inaugurazione del 27 febbraio, Don Ciotti, che ha caldeggiato il progetto e partecipato alla sua esecuzione attraverso idee e suggestioni da seguire, ha esordito con queste parole: «Auguro a tutti e a tutte di riempire la vita di senso e significato».
Binaria è un progetto pensato e portato a termine seguendo un’idea di legalità ben precisa: i suoi prodotti, dalla pizza al libro, dai cosmetici a qualsiasi altro oggetto in vendita, provengono o da comunità che lavorano in base a una precisa etica, oppure da Libera Terra, vale a dire dai terreni confiscati alle mafie.
Parte del ricavato delle vendite servirà al Gruppo Abele per dare seguito ai progetti già avviati in Costa D’Avorio e in Messico, tesi a combattere la povertà, la fame e in difesa dei diritti negati alla popolazione.
Don Ciotti riassume in questo modo le caratteristiche, le finalità e le motivazioni che hanno spinto il Gruppo Abele a dar vita a Binaria: «Qui trovate la nostra anima. Qui c’è la cultura, le nostre librerie, le aule, gli strumenti di ricerca. Un punto di riferimento dell’accoglienza con prodotti che provengono dalle nostre comunità, dai prodotti delle cooperative e di quelli confiscati alle mafie, coltivati sui terreni confiscati ai grandi boss. Dietro a quei prodotti c’è una storia difficile, perché, pensate, non c’è neanche una delle cooperative aperte sui beni mafiosi che le mafie non hanno distrutto, incendi, minacce. Ma hanno per questo un valore in più, di cui abbiamo bisogno perché è il lavoro dà la dignità alle persone. Binaria vuol dire solidarietà, perché per ogni libro e ogni pizza c’è una quota che va alle persone in difficoltà. In Africa il Gruppo Abele è da 33 anni, e in Messico il Gruppo opera negli “immondezzai”, dove vivono 2500 famiglie. Non si può mangiare qui, se non si pensa a chi non può mangiare altrove».