Circa nove aziende su dieci, ossia l’88,1%, si dichiarano disponibili a considerare offerte di prodotti e servizi di cooperative e imprese sociali. Ma soltanto il 27,5% ha già attivato rapporti di fornitura, clientela oppure partnership. Pertanto, vi è un grande spazio di crescita nel nostro Paese per l’economia sociale attraverso il social procurement, termine che sta a indicare i rapporti di fornitura intrapresi da imprese profit con realtà del Terzo settore. Questo è quanto evidenzia la prima indagine in Italia sul social procurement, che è stata presentata ieri a Milano da Right Hub e Isnet.
Tale ricerca è stata condotta su base metodologica Isnet attraverso un questionario e interviste indirizzate a un campione di 109 imprese (per il 65% grandi imprese, quasi il 70% con sede nel Nord-Ovest, attive in ogni settore economico), rappresentative delle imprese profit iscritte al network Right Hub.
Come dichiara il presidente di Isnet, Laura Bongiovanni: «la ricerca, unica in Italia sul social procurement offre delle piste di lavoro molto concrete per aumentare le collaborazioni profit e non profit. A seguito delle interviste, abbiamo approfondito i criteri di valutazione utilizzati dalle aziende profit che hanno dichiarato interesse agli acquisiti sociali, e questi contenuti saranno oggetto del prossimo incontro dedicato alle imprese sociali».
Gli obiettivi principali dell’indagine sono tre: scattare la prima fotografia del social procurement in Italia, in termini di diffusione e caratteristiche; analizzare la percezione delle aziende nei confronti delle imprese sociali e la loro disponibilità a valutarle come potenziali fornitori e partner; e infine, evidenziare le opportunità di business per le imprese sociali che investono nello sviluppo di competenze, efficienza e professionalità per superare i principali dubbi che le aziende hanno verso di loro.
Dall’analisi emerge che tra le aziende è abbastanza scarso il livello di conoscenza delle imprese sociali: circa il 6,4%, infatti, non le ha mai sentite nominare e più della metà (54%) ne ha una conoscenza solo superficiale. Inoltre, solo il 27,5% delle aziende ha già rapporti commerciali con le imprese sociali (fornitura, clientela, partnership), mentre l’11% ha rapporti a titolo personale.
Tuttavia, vi è un dato confortante in quanto quasi nove aziende su dieci, si dichiarano disponibili a valutare offerte di prodotti e servizi delle imprese sociali. Nello specifico, sono le aziende che hanno già relazioni con le imprese sociali a manifestare maggiore disponibilità a intensificare il rapporto. Mentre le più restie a intraprendere un rapporto sono le aziende che non hanno conoscenza delle imprese sociali.
Per quanto concerne le categorie di servizi delle imprese sociali a cui le aziende dichiarano di essere più interessate sono: pulizia (60,4%), grafica, editoria e stampa, manutenzione (immobili, verde, impianti, 58,3%), che già attualmente costituiscono i servizi più diffusi nelle forniture delle imprese sociali alle aziende. A cui seguono regalistica e oggetti promozionali (51%), catering e banqueting (41,7%), raccolta e smaltimento rifiuti, piccola logistica e distribuzione (36,5%). I servizi delle imprese sociali a cui le aziende dichiarano di essere meno interessate sono invece: informatica e web (14,6%), abbigliamento (13,5%), servizi socio-sanitari per i dipendenti (10,4%).
Per quanto riguarda, invece, i principali criteri con cui le aziende valutano le imprese sociali come potenziali fornitori sono: prezzo competitivo (54,2%), rapidità di risposta (44,8%), presenza sul territorio in cui si richiede l’attività (43,8%), contenuto di sostenibilità sociale dei prodotti/servizi offerti (40,6%). Meno rilevanti sono invece considerati: innovazione (25%), esperienza pluriennale (24%), precedenti esperienze con aziende omologhe (12,5%).
Dalle aziende che non hanno in essere rapporti con le imprese sociali sono affiorati i principali dubbi ad avviare tali rapporti. I più frequenti motivi di ostacolo all’avvio di un rapporto di fornitura tra profit e non profit sono: inadeguatezza a rispondere alle specifiche di fornitura (36,7%), qualità non adeguata (35,4%), prodotti/servizi non utili all’azienda (27,8%). Inoltre, c’è chi reputa un ostacolo il fatto che le imprese sociali creino più valore sociale che economico (19%) e chi ritiene che esse vadano bene soltanto per partnership sulla responsabilità sociale (15,2%).
Alla luce di tali esiti, la ricerca propone un piano d’azione per le imprese sociali interessate a intensificare i loro rapporti commerciali con le aziende profit attraverso un incontro di approfondimento delle specifiche di fornitura a partire dai principali ambiti di interesse emersi dall’indagine ossia pulizia, manutenzione verde e immobili.