Il fenomeno degli home restaurant nel nostro Paese ormai ha assunto dimensioni rilevanti. Sempre più spesso i padroni di casa si trasformano in chef e invitano poche persone a mangiare da loro spendendo pochissimo. Ma come avevamo già sottolineato in un precedente articolo (leggi l’articolo) manca ancora una normativa che regolarizzi iniziative di tal genere. Proprio in virtù di ciò il Movimento 5 Stelle ha presentato la prima proposta di legge volta a regolamentare l’attività di ristorazione nelle abitazioni private.
L’analisi di tale proposta di legge è stata intrapresa in Commissione Attività produttive alla Camera il 7 aprile 2016 e attualmente è al vaglio di tutti partiti.
Vediamo più nello specifico il contenuto di tale provvedimento che ha tenuto conto di tutti i soggetti interessati che mettono in rete queste iniziative, comprese le associazioni di categoria che esigevano maggiori garanzie per evitare una concorrenza sleale. Esso definisce le caratteristiche e i requisiti tecnici che dovrebbero avere gli home restaurant, tra cui: un massimo di 10 coperti al giorno, 8 aperture mensili e 80 annuali, l’utilizzo della casa di residenza o domicilio, l’attestato HACCP per la somministrazione di alimenti e il regime fiscale per attività saltuaria.
Lo scopo principale, dunque, è quello di colmare un vuoto normativo di una tendenza imprenditoriale in forte espansione, che concorre a mettere in risalto il made in Italy e l’ingente patrimonio enogastronomico locale, distinguendolo una volta per tutte dal settore della ristorazione vero e proprio. A conferma del boom dell’attività di ristorazione nelle abitazioni private vi sono anche i dati della ricerca del Centro studi turistici (Cts) per Fiepet Confesercenti che hanno evidenziato come il mondo degli home restaurant, soltanto nell’anno 2014, abbia fatturato circa 7,2 milioni di euro e contato 7 mila cuochi social, 37 mila eventi di social eating, una partecipazione di circa 300 mila persone e un incasso medio stimato, per singola serata, pari a 194 euro.