Sono tanti i bambini che pensano che fare l’astronauta sia il mestiere più bello del mondo. L’idea di indossare quell’enorme tutone, salire su una navicella che in un lampo ci “spara” verso il cielo lasciando dietro di sé solo fiamme e fumo, e ritrovarsi a galleggiare sulla luna è effettivamente molto eccitante. Ma da adulti sappiamo bene che quello dell’astronauta è un lavoro tutt’altro che semplice. Al contrario. Se poi a questo aggiungiamo che i viaggi nello spazio possono durare anche diversi mesi, allora ecco che i disagi e le difficoltà aumentano. Tra questi, c’è senza dubbio quello del bisogno di cibo e di tutto il necessario per poter sopravvivere e lavorare. Un’esigenza che diventa sempre più impellente se consideriamo che l’uomo sta da tempo progettando un viaggio su Marte che non potrà senza dubbio durare una manciata di giorni.
Da qui l’idea di trasformare i rifiuti umani in sostanze nutritive o plastica, un’ipotesi al vaglio degli studiosi della Clemson University i cui risultati sono stati presentati al 254esimo meeting della American Chemical Society (Acs), che si è svolto a Washington.
«Se gli astronauti si apprestano a fare viaggi di diversi anni, dobbiamo trovare un modo per riutilizzare e riciclare tutto quello che portano con sé», dice Mark A. Blenner della Clemson University.
Ma cosa dovranno riciclare e in che modo potranno riutilizzare gli scarti? Semplice, tutto ciò che producono, comprese le sostanze emesse respirando, bevendo o mangiando, come la stessa urina.
«Alcune sostanze nutritive essenziali, come gli acidi grassi Omega-3, hanno una ‘shelf life’ di soli due anni», dice Blenner. «Quindi devono essere prodotti in viaggio o a destinazione. Avere un sistema biologico grazie al quale gli astronauti possono svegliarsi da uno stato inattivo per iniziare a produrre ciò di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno, è la motivazione del nostro progetto».
Il sistema biologico di Blenner comprende una varietà di ceppi del lievito Yarrowia lipolytica, organismi che richiedono sia azoto che carbonio per crescere. Il team di Blenner ha scoperto che il lievito può ricavare azoto dall’urina e carbonio dalla CO2 prodotta dal respiro degli astronauti. Per sfruttare, però, l’anidride carbonica, il lievito richiede un intermediario che ‘fissi’ il carbonio in una forma assorbibile: a questo scopo i ricercatori fornirebbero cianobatteri fotosintetici o alghe.
Uno dei ceppi di lievito produce acidi grassi Omega-3. Un altro ceppo è stato progettato per produrre monomeri e collegarli per realizzare polimeri di poliestere. Questi polimeri potrebbero quindi essere usati in una stampante 3D per generare nuove parti in plastica, come utensili o pezzi di ricambio.
Al momento, i ceppi di lieviti progettati possono produrre solo piccole quantità di poliesteri o sostanze nutritive, ma gli scienziati stanno lavorando per aumentare la produzione.