Il Regno Unito si risveglia ancora in lacrime, dopo le bombe alla metropolitana del 2005 e, appena 2 mesi fa, l’attacco folle sul ponte di Westminster. Questa volta la città scelta dal terrorismo è stata Manchester e la cornice un concerto di Ariana Grande, una popstar statunitense molto amata soprattutto tra i giovanissimi. L’attentatore, di cui non conosciamo ancora nome e cognome, ha atteso la fine dello spettacolo per dare inizio alla strage di sangue, azionando l’ordigno esplosivo tra la folla. Il bilancio è raccapricciante: 22 morti, 8 dispersi e 59 feriti e tra le vittime purtroppo sono compresi anche 3 bambini. Il kamikaze, stando alla polizia del luogo, «ha agito da solo con un ordigno improvvisato» ed è compreso nella conta dei morti.
Ciò che la polizia dovrà appurare nelle prossime ore è se l’uomo abbia agito da solo o fosse parte di una rete organizzata, mentre nel frattempo l’invito è quello di evitare speculazioni su possibili nomi. Però appare piuttosto chiaro – benché al momento non ci siano state delle rivendicazioni – che l’attentato sia di matrice islamica. I siti di propaganda jihadista nel frattempo sono elettrizzati di fronte a un attacco così vile tra reazioni di rabbia, sgomento, incredulità da parte della società civile là dove scrivono: «Le bombe dell’aviazione britannica sui bambini di Mosul e Racca sono tornate al mittente». Inutile instaurare un dialogo con dei fanatici, falciatori di vite e perfetti codardi.
Nelle prime ore del mattino le famiglie che, di minuto in minuto, non ricevevano notizie dei propri cari hanno mobilitato i social network, chiesto e trovato aiuto da parte di tutta la comunità. Ognuno si è sentito toccato in prima persona dalla tragedia e ha risposto con i fatti. I tassisti di Manchester, per esempio, hanno messo a disposizione gratuitamente i loro mezzi per trasportare feriti, condurre i familiari delle vittime negli ospedali e rispondere a qualsiasi richiesta.
Solidarietà anche da parte dei cittadini che hanno aperto le case e offerto ospitalità per quella che per molti è stata la notte più nera della propria vita. Mentre l’intelligence è già al lavoro e la premier Theresa May si prepara a presiedere la riunione del Cobra, il comitato per le emergenze a cui partecipano i ministri interessati e i responsabili nazionali per la sicurezza, un’intera nazione piange le sue vittime insieme all’Europa e comunque a un’umanità che prescinde da religioni, etnie, differenze di qualsiasi genere. Perché di fronte alla barbarie non esiste schieramento che conti, ad essa è possibile reagire solo con la cultura o, come la notte di Manchester ci ha ricordato, attraverso la solidarietà.