Natale è festa pagana ma da tempo, per molti, è diventata festa cristiana. Negli ultimi anni, però, al Natale del solstizio d’inverno e al Natale della nascita di Gesù si è sovrapposto il Natale consumistico, una festa “importante” ma priva di senso.
In redazione avevamo due possibili scelte: continuare anche in questi giorni a trattare i nostri temi consueti, limitandoci al più a inserire qualche piccolo riferimento grafico alle festività, oppure “prendere sul serio” il Natale e dedicare attenzione a questa ricorrenza, cercando di andare oltre la ritualità.
Abbiamo optato per questa seconda scelta. Siamo andati alla ricerca di qualche riflessione “fuori dal coro” e senza riferimento all’attualità, che ci aiutasse a capire il senso più profondo del Natale. Come vedrete, da laici, abbiamo chiesto aiuto a “uomini e donne di fede”. Con loro faremo un breve cammino che ci porterà al 25 dicembre. Buona lettura.
Ma che Natale celebra questo Paese?
Lettera di Padre Alex Zanotelli (2013)
Ma che Natale celebra questo Paese?
Ma che Natale celebrano le comunità cristiane d’Italia?
I gravi eventi di questi giorni ci obbligano a porre questi interrogativi. Le immagini del video- shock: immigrati nudi e al gelo, nel CIE di Lampedusa, per essere ‘disinfestati’ dalla scabbia con getti d’acqua. Immagini che ci ricordano i lager nazisti.
Le foto degli otto tunisini e marocchini del CIE di Ponte Galeria a Roma con le labbra cucite in protesta alle condizioni di vita del centro. Bocche cucite che gridano più di qualsiasi parola!
Ed ora il deputato Khaled Chaouki che si rinchiude nel CIE di Lampedusa ed inizia lo sciopero della fame, per protestare contro le condizioni disumane del centro e in solidarietà con i sette immigrati che , per le stesse ragioni, digiunano .
Sono le urla dei trecento periti in mare il 3 ottobre a Lampedusa, le urla dei quarantamila immigrati morti nel Mediterraneo che è diventato ormai un cimitero.
Tutto questo è il risultato di una legislazione che va dalla Turco-Napolitano che ha creato i CIE, alla Bossi-Fini che ha introdotto il crimine di clandestinità e ai decreti dell’allora ministro degli Interni, Maroni, che trasudano di razzismo leghista. Possiamo riassumere il tutto con una sola parola: Razzismo di Stato.
Le domande che sorgono sono tante e angoscianti.
Come mai un paese che si dice civile ha permesso che si arrivasse ad una tale legislazione razzista e a una tale tragedia?
Come mai la Conferenza Episcopale Italiana sia rimasta così silente davanti a un tale degrado umano?
Come mai la massa delle parrocchie e delle comunità cristiane non ha reagito a tante barbarie?
“Sono venuto a risvegliare le vostre coscienze – ha detto Papa Francesco quando è andato a Lampedusa”. Ed ha aggiunto: “La cultura del benessere ci rende insensibili alle grida degli altri”.
Ma allora viene spontaneo chiederci: “Ma che Natale celebriamo?”. Natale non è forse fare memoria di quel Bimbo che nasce sulle strade dell’Impero (“non c’era posto per lui nell’albergo”) e diventa profugo per fuggire dalle mani di Erode? Natale è la proclamazione che il Verbo si fa carne, carne di profughi, di impoveriti, di emarginati. “La carne dei profughi – ci ha ricordato Papa Francesco – è la carne di Cristo”.
E allora se vogliamo celebrare il Natale, sappiamo da che parte stare, con chi solidarizzare.
Ecco perché dobbiamo avere il coraggio di chiedere al governo italiano, come dono di Natale, l’abolizione delle leggi razziste emanate in questi anni dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini , e il varo di una legislazione che rispetti i diritti umani e la Costituzione. Inoltre chiediamo che in questa nuova legislazione venga introdotto il diritto all’asilo politico e allo ius soli.
E altrettanto chiediamo, come dono di Natale, ai vescovi italiani un documento che analizzi, in chiave etica, la legislazione razzista italiana e proponga le strade nuove da intraprendere per arrivare a una società multietnica e multireligiosa. Proprio per evitare quel pericolo che Papa Francesco ha indicato nel suo discorso a Lampedusa: “Siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del levita, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto”.
Auguro a tutti di posare davanti al presepe dove troverete un Bimbo-profugo vegliato da una famiglia transfuga e attorniato dal bue e dall’asino che ci ricordano le parole del profeta Isaia:
“Il bue conosce il proprietario
e l’asino la greppia del padrone,
ma il mio popolo non comprende”.
Buon Natale.
Alex Zanotelli