Il nuovo anno inizia con una buona notizia per gli elefanti e più in generale per gli amanti della natura e degli animali. A partire dai giorni scorsi, infatti, è diventato illegale trattare o vendere l’avorio e i suoi prodotti derivati in Cina, considerato finora il più grande mercato del mondo. Si tratta di un grande passo avanti nel contrasto al bracconaggio, in particolare quello ai danni degli elefanti, e di un momento storico per Zhou Fei, a capo di Traffic China e del Programma per il commercio della fauna selvatica del Wwf in Cina, per il quale la decisione aiuterà a invertire il declino delle popolazioni di elefanti africani.
Parallelamente è iniziata una campagna di sensibilizzazione sostenuta, tra gli altri, dall’Amministrazione Forestale dello Stato, dalla China Wildlife Conservation Association (Cwca), dal Wwf e da WildAid. «Il 2018 inizia con la speranza che gli elefanti possano essere più sicuri, ora che la Cina ha vietato le vendite di avorio commerciale», evidenzia il Ceo di WildAid Peter Knights. «I prezzi sono in calo e gli sforzi di applicazione della legge in molte parti dell’Africa e dell’Asia sono molto migliorati».
Knights ricorda a tal proposito che l’Onu ha chiesto all’unanimità il divieto delle vendite interne di avorio e molti Paesi stanno rispondendo mettendo in campo azioni. Tra questi, appunto, la Cina. «Il divieto della Cina è cruciale per gli elefanti», prosegue. «Mentre gli Stati Uniti si ritirano dagli impegni ambientali internazionali, la leadership cinese è essenziale».
Si stima che siano 30mila gli elefanti vittime di bracconaggio ogni anno, ma le cose stanno migliorando: basti pensare che nel 2013 in Kenya sono stati uccisi 390 esemplari, numero sceso a 46 nel 2017. Ma mentre gli sforzi nell’Africa orientale hanno contribuito a ridurre il fenomeno, riportando il bracconaggio ai livelli precedenti al 2008, l’uccisione illegale di elefanti nelle foreste dell’Africa centrale rimane un fenomeno rilevante.
Secondo il Wwf, tra 2008 e 2016 le popolazioni di elefanti sono diminuite del 66% in alcune parti di Camerun, Repubblica del Congo, Repubblica Centrafricana e Gabon.
La svolta storica che arriva dalla Cina, dunque, rappresenta davvero un grande passo avanti per la tutela di questi splendidi ma sfortunati animali.