Sostenibilità

Better Shelter: la casetta di Ikea per i rifugiati

Il premio internazionale Beazley Design of the Year Award per i migliori progetti di design dell’anno, assegnato dal Museo di Design di Londra, è stato vinto dalla casetta “Better Shelter“, ideata da Johan Karlsson e finanziata dalla Ikea Foundation.

La struttura pensata per accogliere i rifugiati, è pieghevole, portatile, in plastica riciclata e con un pannello solare sul tetto per l’energia, di 17,5 mq e può ospitare fino a cinque persone. Ha un costo di poco più di mille euro ed è progettata per durare circa tre anni. È dotata dei comfort essenziali: una porta blindata, finestre, climatizzazione, luce e un caricatore per il cellulare.

Lo sviluppo del progetto è iniziato nel 2009 e “ha unito due distinti percorsi accomunati dall’obiettivo della progettazione di un modulo temporaneo per rifugiati: da una parte il lavoro svolto da un gruppo di ricercatori di Hällefors (Svezia) e dall’altra la simile richiesta fatta a Ikea dall’Unhcr. Nel 2010 hanno iniziato a lavorare insieme per lo sviluppo di un modulo che fosse di agevole spedizione, semplice assemblaggio, basso peso, costo ridotto e durata maggiore di quelli attualmente a disposizione”.

Il prototipo è stato testato in Iraq e in Etiopia da 40 famiglie rifugiate che hanno suggerito i miglioramenti apportati. La produzione è partita nel 2015 in collaborazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.  Finora sono state consegnate oltre 16.000 casette.

“Better Shelter affronta una delle questioni cruciali del momento: fornire riparo in situazioni eccezionali determinate da violenza e disastri” ha dichiarato Jana Scholze della Kingston University, componente della giuria del Beazley Design of the Year Award. “Better Shelter dimostra la capacità del design di fornire una risposta alle situazioni che ci troviamo ad affrontare e di modificarle. Innovativa, umanitaria e componibile Better Shelter ha tutte le caratteristiche necessarie per ottenere il Beazley Design of the Year”.

Da parte sua Jonathan Spampinato, responsabile della comunicazione della Fondazione Ikea ha affermato: “Mettere le famiglie rifugiate e i loro bisogno al centro di questo progetto è un grande esempio di come il design democratico possa essere al servizio di esigenze umanitarie. (…) Siamo molto orgogliosi che Better Shelter abbia vinto questo premio, ma lo siamo ancor di più che famiglie rifugiate e bambini possano disporre di un posto più sicuro da chiamare casa”.

Infine, il progettista Johan Karlsson ha sostenuto: “Abbiamo accettato questo premio con emozioni contrastanti; da una parte siamo contenti che questo tipo di design sia stato premiato, dall’altra siamo consapevoli di come sia una risposta ad un’emergenza umanitaria, che è cresciuta nel tempo”.

Di seguito una breve descrizione di Better Shelter tratta da un articolo di Laura Milan, pubblicato il 21 aprile 2015 sul sito www.architetto.info 

 

Come funzionano i moduli Better Shelter

La filosofia progettuale di Better Shelter richiama, opportunamente trasposta e adattata nella scala e nell’utilizzo, la stessa filosofia che ha portato alla progettazione dei mobili commercializzati da Ikea, frutto di un alto livello di ingegnerizzazione di prodotto e processi che, permettendo un facile trasporto e montaggio “fai da te”, hanno reso Ikea famosa nel mondo insieme ai costi contenuti e al design nordico e minimale.

Al pari dei mobili, i moduli arrivano dove serve completi di istruzioni e stipati ordinatamente all’interno di due scatole di cartone (“flat-pack” è l’appellativo che la lingua inglese ha coniato e accosta al marchio Ikea), pesano meno di 100 kg e possono essere assemblati “fai da te” sul posto senza richiedere attrezzature e utensili particolari. Hanno inoltre la caratteristica del riuso: molti dei loro pezzi costitutivi possono infatti essere nuovamente impiegati.

L’idea base riprende le forme e i semplici volumi di una capanna, un parallelepipedo chiuso da un tetto a doppia falda per permettere lo smaltimento dell’acqua. La superficie interna disponibile, quasi 20 mq, consente di ospitare fino a cinque persone. Il volume, di altezza sufficiente a consentire i movimenti e le azioni quotidiane, è chiuso da 34 pannelli polimerici termoisolanti derivati dalla produzione automobilistica montati su un leggero telaio di 71 tubi metallici solidarizzati da viti di plastica appositamente realizzate. Non sono richieste complesse opere di ancoraggio al terreno.

Il controllo della luce e la circolazione dell’aria all’interno sono garantiti dalle aperture, tutti elementi modulari installabili negli appositi alloggiamenti ricavati nelle pareti: due porte (chiudibili a chiave per una maggiore sicurezza e privacy), finestre e griglie posizionate in corrispondenza del colmo del tetto.

Il comfort interno è incrementabile, in caso di necessità, grazie alla presenza negli imballi di teli di un tessuto con rivestimento esterno metallico che, posizionati sulle superfici esterne, possono riflettere il sole durante il giorno ed essere di aiuto nel mantenere il calore interno del modulo.

Il tetto ospita anche pannelli solari che permettono l’alimentazione di luci a led per una durata di quattro ore o il caricamento di un telefono cellulare.

Ogni unità richiede dalle quattro alle otto ore per il montaggio e, nelle valutazioni finora effettuate, può essere utilizzata per un periodo di tempo fino a tre anni.

A fronte di un investimento in ricerca di quasi 4,5 milioni di dollari, il prezzo di vendita si attesta a 1.150 dollari a modulo (condizione di partenza per lo sviluppo era che il prezzo si aggirasse attorno ai 1.000 dollari) con gli utili provenienti dalle vendite che saranno reinvestiti in ricerca.

 

Published by
Valerio Roberto Cavallucci