Prima che il triste fenomeno giovanile del Blue Whale esplodesse con tanta virulenza, avevamo dedicato un editoriale su questo tema (leggi l’articolo), proprio perché c’erano tutti i presupposti affinché il “gioco” nato in Russia che consiste in una serie di sfide sempre più estreme e fino ad arrivare a togliersi la vita, diventasse talmente virale da superare confini, Stati e linguaggi.
È di qualche giorno fa il caso di una ragazza torinese che, stando almeno a quanto le fonti riportano fino a questo momento, sarebbe stata al centro di un’azione autolesionistica che ha a che fare proprio con il Blue Whale. Si sarebbe tagliata l’avambraccio, si ipotizza, proprio per stare “alle regole” di questo macabro rituale proveniente dall’Est Europa. E purtroppo non è l’unica. Alcuni “casi” sono stati scoperti in tempo anche in Abruzzo, a Pistoia, a Lucca.
Per cercare di contenere il fenomeno in Italia, prima che diventi incontrollabile, la polizia postale ha pensato bene di diffondere in Rete un decalogo dedicato ai ragazzi ma anche ai genitori, utile a contrastare e a riconoscere questo fenomeno per tempo. Un fenomeno che, ricordiamo, consiste in 50 azioni pericolosissime da mettere in atto una volta che si accetta la “Blue Whale Challege”. I consigli sono pubblicati sulle pagine Facebook “Una vita da social” e “Commissariato” di PS Online.
Prima raccomandazione: il dialogo da parte dei genitori nei confronti dei ragazzi e molta attenzione ai repentini cambiamenti di umore e, soprattutto, alle strane abitudini mai rilevate in precedenza. Occhi aperti in modo particolare a eventuali ferite e domandarne sempre l’origine.
Qualora ci si accorgesse che il ragazzo o la ragazza ha già di fatto accettato la sfida della Blue Whale, gli esperti riportano testualmente: «Parlatene senza esprimere giudizi, senza drammatizzare né sminuire». Se si viene a conoscenza di qualche ragazzo che è incappato in questa rete, va subito riferito alla famiglia o alla scuola, chiaro.
Rivolgendosi invece ai ragazzi, la polizia postale ricorda che nessuna sfida può mettere in discussione qualcosa di tanto prezioso quanto la vita, che è necessario avere il coraggio di segnalare chi vuole indurre a farsi del male, a sé e agli altri.
Nel caso in cui il gioco sia già cominciato? Bisogna uscirne, qualsiasi gioco può essere interrotto, e arrivare a comprendere che, per fermare questa catena orribile, è necessario denunciare i cosiddetti “curatori”, cioè i manipolatori di minorenni. Anche nel caso in cui si dovesse venire a conoscenza di un amico caduto nella trappola, è buona regola comportarsi da bravo amico e aiutare la vittima a venir fuori dal meccanismo.
Infine, condivisione. «Facciamo rete e condividiamo», il macabro gioco non è un gioco se in palio c’è la vita dei ragazzi.