In Europa il numero di imprese sociali è in crescita e le stesse sono impegnate in nuovi settori. Molti Paesi stanno introducendo nuove leggi e azioni di sostegno volte a favorire lo sviluppo delle imprese sociali. Questo è quanto emerge dal “Social enterprises and their eco-systems: A European mapping report” della Commissione europea, coordinato da Euricse per la parte italiana, che ha dato seguito al primo Mapping study, realizzato nel 2014, avente come scopo quello di migliorare la qualità dei risultati contenuti in sette dei 29 rapporti nazionali elaborati nel 2014, ossia Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Polonia, Slovacchia e Spagna.
Andando più nel dettaglio del report, esso mette in luce una serie di fattori che attualmente determinano un clima favorevole per l’impresa sociale in Europa, tra cui: la fiorente domanda di servizi di interesse generale, la tendenza delle autorità locali ad avvalersi sempre di più delle gare d’appalto, le opportunità in nuovi campi e settori, e infine l’attenzione verso il business etico e sostenibile.
Ma oltre agli aspetti positivi, nel rapporto gli esperti individuano anche una serie di limiti e sfide che possono, invece, impedire lo sviluppo delle imprese sociali come ad esempio: la mancanza di competenze specifiche per lo sviluppo di questo tipo di impresa, l’esigenza di capire meglio i mercati finanziari e i quadri legislativi nazionali spesso inadeguati.
I nuovi rapporti nazionali danno un resoconto completo delle imprese sociali e dei loro ecosistemi in Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Polonia, Slovacchia e Spagna. Nella realizzazione dei rapporti i ricercatori incaricati hanno consultato gli attori più notevoli nel contesto nazionale con l’intento di assicurare una visione il più possibile accurata. Nello specifico tali rapporti contestualizzano il concetto e il ruolo dell’impresa sociale dal punto di vista sociale ed economico, mostrando anche il legame con l’economia sociale. Un esito rilevante relativo sia all’economia sociale che all’impresa sociale, è la resilienza e la capacità di queste imprese di mantenere e creare posti di lavoro nonostante la crisi. Le imprese sociali dunque rispondono ai bisogni specifici delle persone, sono molto radicate nelle comunità e questo le mette al riparo dai rischi speculativi.
A dimostrazione di ciò ecco qui di seguito i dati.
Nel nostro Paese le imprese tradizionali hanno perso circa 500.000 posti di lavoro tra il 2008 e il 2014, mentre il numero complessivo dei lavoratori delle cooperative sociali è passato da 340.000 a 407.000, rilevando un aumento del 20,1%. In Belgio, nello stesso lasso di tempo, l’occupazione nel settore pubblico e privato è calata mentre l’occupazione nelle imprese sociali è cresciuta del’11,5%; il tasso di aumento a Bruxelles è stato ancora più accentuato, ossia + 25%. In Francia nel periodo 2008-2010, l’economia privata ha registrato una sviluppo negativo in termini di creazione di posti di lavoro, al contrario la tendenza nelle imprese sociali è stata positiva (+ 0,8%).
Per quanto concerne l’Italia, il fenomeno dell’impresa sociale è tra i più evoluti a livello europeo. Il suo ecosistema è ricco, ben sviluppato e diversificato e può contare sull’appoggio non solo da parte delle istituzioni pubbliche locali e nazionali ma anche di efficaci consorzi. Nel nostro Paese, a prescindere dalla forma giuridica, vi sono circa 100.000 imprese sociali che coinvolgono più di 850.000 lavoratori e 1,7 milioni di volontari. Le cooperative sociali risultano essere ancora le principali protagoniste del mondo delle imprese sociali in Italia. Tra le forme organizzative che maggiormente soddisfano i requisiti della definizione europea dell’impresa sociale, contenuta nel documento Social Business Initiative, si trovano anche le imprese sociali ex lege, le associazioni e le fondazioni. Queste organizzazioni offrono ai cittadini servizi sociali e socio-sanitari, ma operano anche negli ambiti della formazione e dell’inserimento lavorativo, nella cultura, nello sport, nell’ambiente e nella ricerca, e sono in continua espansione in altri settori di interesse generale.