Il 12 novembre il Council on Tall Building and Urban Habitat promosso dall’Illinois Institute of Technology of Chicago ha eletto il Bosco Verticale di Boeri Studio (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni La Varra) Migliore Architettura del Mondo 2015.
Il progetto del gruppo milanese si è imposto su concorrenti del calibro dello studio SOM (One World Trade Center di New York), di Foster+Partners (torre di Abu Dhabi) e di Toyo Ito & Associates Architects (CapitaGreen).
In precedenza il Bosco Verticale aveva conseguito la nomina di Migliore Architettura Europea 2015.
Si tratta di un’architettura “simbolo” del quartiere Porta Nuova Isola a Milano. Il progetto, tuttavia, ha l’ambizione di diventare un modello replicabile in altre città. Infatti lo studio Boeri ha vinto un concorso a inviti a Losanna, per realizzare a Chavannes-Près-Renens un nuovo bosco verticale, la “Torre dei cedri” alta 117 metri che ospiterà 100 alberi, 6mila arbusti e 18mila piante tra perenni, ricadenti e tappezzanti. La parte botanica è curata dall’agronoma Laura Gatti. Come illustrato dallo stesso Boeri in una recente intervista rilasciata a Enrico Arosio e pubblicata sull’ultimo numero de L’Espresso, sono in corso anche interventi in Cina che riprendono lo stesso tema (ristrutturazione della sede storica della borsa di Shangai e Forest of Ten Thousand Peaks nella provincia sud-occidentale del Guizhou).
L’innovazione proposta dal Bosco Verticale è “concettuale prima che formale: si tratta di intendere l’architettura come una macchina complessa responsabile dell’ambiente, in cui persone, specie animali e vegetali concorrono al miglioramento della qualità della vita. Cinquecento alberi di grande e medio sviluppo, 5mila arbusti, 12mila piante perenni sono ospitate infatti in facciata, a comporre un sistema di verde che cambia e si modifica a seconda delle stagioni e in funzione dello sviluppo in altezza. Boeri Studio si è affidato a un pool di ricerca multidisciplinare — composto da botanici, etologi, ingegneri strutturisti, studiosi di impiantistica e paesaggisti — che è riuscito a creare un format in cui l’aumento della biodiversità e la ricolonizzazione di specie che avevano lasciato la città è veicolato dall’architettura stessa” (Alice Piciocchi, Abitare, 13 novembre 2015).
La motivazione con la quale è stato insignito del riconoscimento internazionale è la seguente: «Il Bosco Verticale è un esempio unico nell’utilizzo del verde in altezza e in proporzione. La “facciata vivente” dell’edificio, che incorpora numerosi alberi e oltre 90 specie di piante, svolge il ruolo di interfaccia attiva per l’ambiente circostante. Ciò che rende l’idea eccezionale è l’azione delle piante, che agiscono come estensione della copertura esterna dell’edificio. La giuria ha definito innovativa l’esplorazione della vitalità del verde su tali altezze».
Sul portale dello studio Boeri la presentazione del progetto è estremamente semplice. “Vertical Forest is a model for a sustainable residential building, a project for metropolitan reforestation that contributes to the regeneration of the environment and urban biodiversity without the implication of expanding the city upon the territory. It is a model of vertical densification of nature within the city that operates in relation to policies for reforestation and naturalization of large urban and metropolitan borders. The first example of the Vertical Forest composed of two residential towers of 110 and 76 m height, will be realized in the centre of Milan, on the edge of the Isola neighbourhood, and will host 900 trees (each measuring 3, 6 or 9 meters tall) and over 2000 plants from a wide range of shrubs and floral plants that are distributed in relation to the façade’s position to towards the sun. On flat land, each Vertical forest equals, in amount of trees, an area equal o 7000 m2 of forest. In terms of urban densification the equivalent of an area of single family dwellings of nearly 75.000 m2. The vegetal system of the Vertical Forest aids in the construction of a microclimate, produces humidity, absorbs CO2 and dust particles and produces oxygen“.
Qualche considerazione a margine. La forza dell’idea progettuale alla base del Bosco Verticale è assolutamente evidente: ne sono testimonianza i moltissimi riconoscimenti conquistati, formali e informali. Altrettanto evidente è lo sforzo di ricerca e innovazione (specie arboree, galleria del vento, risparmio energetico, manutenzione del verde); così come la riflessione sul green building. Dichiara Boeri a L’Espresso: “I punti chiave sono tre: edifici che producono energia pulita, consumando meno; che danno un contributo di sostenibilità, con il fogliame che pulisce l’aria dalle polveri e abbatte il calore esterno; che favoriscono la biodiversità di specie vegetali e faunistiche poco presenti nelle città”. Infine, l’impatto visivo è di straordinaria efficacia e trasporta l’osservatore in una dimensione “estraniante” nella quale si percepiscono in armonia qualità architettonica ed elementi ambientali che si trasformano in paesaggio.
Resta solo un dubbio. Sarà possibile trasferire questa ricerca dalla “fascia alta del mercato” immobiliare a situazioni urbane di minor pregio o dichiaratamente popolari, dalle metropoli occidentali alle città del Sud del mondo? Non stupisce affatto che la ricerca prenda avvio in contesti ricchi; dispiace, piuttosto, che troppo spesso si fermi lì, non si trasformi in un seme che germoglia anche su altri terreni. Questo effetto diffusivo non avviene di certo per caso ma può essere soltanto il risultato di una precisa volontà di condivisione e di socializzazione. Boeri lancia un segnale che sembra andare nella direzione auspicata quando, parlando del progetto per la riqualificazione del quartiere Maspero del Cairo, parla di una “parte interna povera, dove studiamo come riqualificare quegli insediamenti informali con orti urbani e alberi da frutta sui tetti, a favore di un’economia di sussistenza. Il che segnala come le idee che ispirano il Bosco Verticale non sono applicabili soltanto alle aree ricche del mondo avanzato”. Non è una questione tra le tante; bisogna porre la massima attenzione al problema se non vogliamo che anche un pregevole esempio di sostenibilità diventi presto l’ennesimo caso di “ingiustizia ambientale”.