La retrospettiva dedicata a Fernando Botero rappresenta un’occasione da non perdere. Una cinquantina di grandi tele e alcune importanti sculture, provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, per la prima retrospettiva in Italia dedicata al maestro colombiano. Un contributo determinante per conoscere un autore famoso e popolare ma, forse, non abbastanza “compreso”.
La mostra, aperta fino al 27 agosto 2017 a Roma presso il Complesso del Vittoriano (Ala Brasini), è stata promossa dall’Assessorato alla crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio della Regione Lazio e dell’Ambasciata di Colombia in Italia, organizzata e co-prodotta da Gruppo Arthemisia e MondoMostre Skira, curata da Rudy Chiappini in stretta collaborazione con l’artista.
Fernando Botero nasce a Medellín il 19 aprile 1932. Precocissimo inizia il suo percorso come illustratore e già nel 1948 espone nella sua città. Nei suoi numerosi viaggi in Spagna, Francia e Italia si confronta con le grandi scuole pittoriche europee, da Francisco Goya all’avanguardia francese ai maggiori autori italiani, da Giotto a Mantegna. Opera per lunghi anni in Messico dove è influenzato dalla pittura tradizionale. Dal 1963 si trasferisce a New York. Ma nonostante questo lungo peregrinare che lo porta a confrontarsi con i classici e con i grandi personaggi del Novecento Botero rimane profondamente legato alla Colombia e alla realtà latino-americana.
Da segnalare il rapporto del tutto particolare con l’Italia, e in particolare con la Toscana. Negli anni Settanta Botero entra in contatto con i laboratori di Pietrasanta, conquistato dall’abilità degli scalpellini e dall’eccellenza delle fonderie, cui affida la realizzazione delle statue in bronzo. Nel 1983 compra una villa in collina e apre uno studio in centro che frequenta ogni anno per alcuni mesi.
Come affermano i curatori della mostra “l’opera di Botero conduce il pubblico in una dimensione onirica, fantastica e fiabesca dove si percepisce forte l’eco della nostalgia e di un mondo che non c’è più o in via di dissoluzione. Uomini, animali, vegetazione i cui tratti e colori brillanti riportano immediatamente alla memoria dell’America latina dove tutto è più vero del vero, dove non c’è posto per la sfumatura e che anzi favorisce l’esuberanza di forme e racconto.
Il percorso espositivo vuole quindi mostrare l’arte del Maestro nella sua pienezza, quale risultanza di un delicato equilibrio tra maestria esecutiva e valori espressivi che rivela un universo più complesso di quanto può apparire a una prima e immediata visione delle sue opere, dove al fortissimo concetto di abbondanza si accompagna la dolcezza delle forme”.
All’ingresso della mostra il visitatore è accolto dalla grande scultura in bronzo del 2012 “I ballerini”, che introduce a una sala dedicata alla biografia del Maestro e all’esposizione di altre splendide sculture tra cui Leda e il Cigno del 2006. Seguono sette sale tematiche. La prima è dedicata alle Versioni da antichi maestri come Piero della Francesca del 1998 o L’infanta Margherita Teresa del 2006, omaggio alla pittura di Velázquez. Nella seconda sala sono esposte le Nature morte. Tra queste Natura morta davanti al balcone del 2000 e Natura morta con frutta e bottiglia dello stesso anno. La terza sala ospita opere dedicate alla Religione quali I seminaristi, Cardinale addormentato del 2004, Cristo crocifisso del 2000, Nostra Signora di Colombia del 1992. Nella quarta sala – Politica – si possono ammirare opere quali Il Presidente e la first lady del 1989 e Il Presidente e i suoi ministri del 2011. Alla Vita latino-americana è dedicata la quinta sala dove, tra le altre, sono esposte opera quali Atelier di sartoria del 2000 e La strada del 2000. La sesta sale espone quadri che raccontano il Circo: tra questi possiamo ricordare Gente del circo con elefante del 2007. Infine, l’ultima sala ospita i Nudi come Il bagno del 1989 e Adamo ed Eva del 2005.
Infinite le polemiche sul valore dell’opera di Botero. La mostra aiuta senza dubbio a farsi un’idea più precisa sullo stile “autonomo, non classificabile e non imitabile” del Maestro colombiano. Tuttavia man mano che si avanza nel percorso espositivo si chiarisce il dialogo che Botero intrattiene con la tradizione pittorica classica e con alcuni grandi protagonisti tra Ottocento e Novecento. Così come si comprendono meglio soggetti, colori, corpi, volumi, lineamenti ed espressioni dei volti, liberandosi da una ricostruzione di maniera che fa di Botero un artista isolato e stravagante, per ricollocarlo stabilmente nella storia dell’arte contemporanea, esponente di un intrigante confronto tra la tradizione latino-americana e quella europea e nord-americana.
In questo contesto anche le figure “dilatate”, i “corpi grassi” trovano nuovo senso e le parole del Maestro diventano più chiare: “non dipingo donne grasse. Nessuno ci crederà, ma è vero. Ciò che io dipingo sono volumi. Quando dipingo una natura morta dipingo sempre un volume, se dipingo un animale lo faccio in modo volumetrico, e lo stesso vale per un paesaggio. Sono interessato al volume, alla sensualità della forma. Se io dipingo una donna, un uomo, un cane o un cavallo, ho sempre quest’idea del volume, e non ho affatto un’ossessione per le donne grasse”.
Affermazione ancora più convincente guardando l’eleganza, la sensualità e la leggerezza delle sculture esposte.