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Cancro ai polmoni: l’immunoterapia sembra funzionare, meno 40% rischio di morte

Purtroppo sappiamo molto bene come il cancro ai polmoni sia tra i tumori maligni più complessi e di difficile trattamento, per cui quando la ricerca scientifica muove passi avanti in tal senso è il caso di drizzare le antenne e, naturalmente, da parte dell’informazione riportare gli studi di una certa rilevanza.

Oggi è uno di questi casi. Giungono infatti risultati che fanno molto ben sperare da parte di una nuova cura di immunoterapia messa a punto per stimolare il sistema immunitario contro il tumore. Lo studio è stato battezzato Keynote-024 e ha mostrato un risultato importante: una stima di riduzione del 40% del rischio di mortalità. L’esperimento si è servito di un campione di 305 pazienti, è stato presentato in sessione plenaria – data la sua rilevanza riconosciuta a livello scientifico – al Congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo). Successivamente, la stessa ricerca è stata pubblicata sulla rivista “The New England journal of medicine”. Negli ultimi tempi l’approccio verso la medicina della ricerca è sempre più orientata a rintracciare soluzioni attraverso l’attenta analisi del sistema immunitario e, dati i risultati, sembra anche con una certa ragione. In questo caso, nell’ambito dello studio Keynote-024, la molecola che sembra funzionare bene sul nostro sistema di difesa naturale è la pembrolizumab.

Silvia Novello – professore associato di oncologia medica all’Università di Torino – ha spiegato: «È uno studio importante che ha fatto registrare vantaggi enormi per i pazienti che esprimono la proteina PD-L1 sulle cellule tumorali, perché possono evitare le terapie tradizionali e la chemioterapia e accedere a farmaci innovativi con una tollerabilità migliore».

È risaputo infatti come la chemioterapia, per quanto valida, sia spesso molto pesante da reggere per il nostro sistema immunitario e da questa consapevolezza è partito lo studio, cercando di fatto strade diverse da quelle tradizionalmente camminate.

Silvia Novello ha inoltre aggiunto un’altra osservazione importante che è la seguente: «Con questo tipo di cura sarà possibile razionalizzare le risorse, ottenendo risparmi per il Servizio sanitario nazionale perché potremo trattare con il farmaco giusto i pazienti selezionati in base alla espressione di PD-L1 sulle cellule tumorali e continuare quindi il percorso nella medicina di precisione contro una neoplasia, quella del cancro al polmone, che in Italia nel 2016 registra più di 41mila nuove diagnosi».

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Redazione