Il 29 maggio 1948 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con la Risoluzione 50, chiese la cessazione delle ostilità in Palestina decidendo di inviare degli osservatori, assistiti da un gruppo di militari, per monitorare il rispetto della tregua. Nasce così la prima operazione dei peacekeeper delle Nazioni Unite.
Da allora si sono svolte 71 missioni di pace. Attualmente ne sono in corso 16: Sahara Occidentale (dal 1991), Repubblica Centro Africana (dal 2014), Mali (dal 2013), Haiti (dal 2004), Repubblica Democratica del Congo (dal 2010), Darfur (dal 2007), Siria (dal 1974), Cipro (dal 1964), Libano (dal 1978), Sudan (dal 2011), Sud Sudan (dal 2011), Costa d’Avorio (dal 2004), Kosovo (dal 1999), Liberia (2003), India e Pakistan (dal 1949), Palestina (dal 1948).
Nel 1988 il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato alle Forze ONU di Peacekeeping.
1103 sono i militari italiani impegnati nelle missioni di pace in Libano e in Mali.
Dalla prima operazione dei caschi blu sono circa 3400 i militari, gli agenti delle forze dell’ordine e i civili che hanno perso la vita durante le missioni di pace.
Con la risoluzione 57/129 del 2003 l’Assemblea delle Nazioni Unite ha scelto la data del 29 maggio per celebrare la Giornata internazionale dei Peacekeepers (leggi l’articolo). Il tema scelto quest’anno per celebrare la Giornata è “Onoriamo i nostri eroi”.
Di seguito il messaggio del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon.
ONORIAMO I NOSTRI EROI
La fiducia che il mondo ripone nel peacekeeping delle Nazioni Unite si riflette nella sua crescita significativa negli ultimi anni, sia in termini di numeri sia di complessità. Quindici anni fa, l’ONU aveva meno di 40.000 unità militari e di polizia. Oggi, più di 105.000 peacekeeper provenienti da 124 paesi contributori di truppe e di polizia prestano servizio sotto la bandiera dell’Organizzazione, insieme a altri 18.000 funzionari internazionali, personale nazionale e volontari delle Nazioni Unite. Essi mostrano le migliori qualità di solidarietà globale, prestando servizio con coraggio in contesti pericolosi per garantire la sicurezza ad aree e popolazioni tra le più vulnerabili del mondo.
Nel corso dell’ultimo anno, i ‘Caschi Blu’, dispiegati in sedici operazioni di peacekeeping in tutto il mondo, hanno salvato innumerevoli vite, portato avanti i processi di pacificazione e infuso speranza. In Sud Sudan, più di 200.000 civili che temevano per la loro vita hanno cercato rifugio presso le basi ONU. Nella Repubblica Centrafricana, peacekeeper hanno sostenuto con successo le epocali elezioni presidenziali e legislative che hanno portato il paese, un tempo profondamente instabile, su un percorso di pace e stabilità. Essi hanno inoltre affrontato i gruppi armati nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo e hanno disarmato gli ex combattenti. In Mali, le forze di pace hanno subito gravi perdite che non hanno impedito loro di attuare il proprio mandato. Ad Haiti, le forze di polizia delle Nazioni Unite e gli esperti civili hanno contribuito a ridurre la violenza delle bande. Quando la paura per Ebola si è diffusa in tutto il mondo, le forze di pace in Liberia hanno garantito la sicurezza mentre gli esperti internazionali contrastavano l’avanzata del virus.
In molti paesi, il personale ONU per le azioni di sminamento ha trasformato zone pericolose disseminate di mine e residuati bellici esplosivi, comprese le munizioni a grappolo, in aree che possono essere utilizzate per scuole, ospedali e aziende agricole.
Tuttavia, come sono aumentati dimensione, complessità e risultati delle operazioni di pace, sono purtroppo aumentati anche i rischi. Prima del 2000, in media meno di quaranta peacekeeper perdevano la vita ogni anno; ora questa cifra ha raggiunto una media pari a 120.
L’anno scorso, l’elenco dei caduti è ammontato a 129. Questi peacekeeper in rappresentanza di cinquanta Paesi, provenivano dai ranghi delle forze armate, della polizia, dei funzionari pubblici internazionali, dei volontari delle Nazioni Unite e del personale nazionale. Venivano da ambienti molto diversi, ma condividevano lo stesso eroismo e la convinzione che il peacekeeping delle Nazioni Unite è e deve restare una forza globale per il bene.
Ecco perché è fondamentale porre fine ai casi profondamente inquietanti di sfruttamento sessuale e di abuso da parte delle forze internazionali dispiegate in aree critiche. Sono stato implacabile nella mia richiesta di attenzione particolare per le vittime. E sto affrontando in modo attivo questo grave problema in ogni occasione, mentre invito gli Stati Membri, i quali, da soli, hanno il potere di esercitare la disciplina sulle proprie forze, a prevedere severe conseguenze che forniscano una piena misura di giustizia e di guarigione per le comunità colpite.
Lo scorso anno, ho inoltre nominato un Comitato indipendente di alto livello per esaminare come le operazioni di pace delle Nazioni Unite possano essere rafforzate per affrontare al meglio le sfide attuali ed emergenti. Ora siamo attivamente impegnati a riadattare le operazioni di pace dell’ONU, determinando chiari miglioramenti per renderle più rapide, più efficienti e più responsabili nei confronti dei paesi e, soprattutto, nei confronti delle persone al cui servizio sono state assegnate.
In questa Giornata Internazionale dei peacekeeper delle Nazioni Unite, onoriamo i nostri eroi – più di un milione di uomini e donne che hanno prestato servizio sotto la bandiera ONU con orgoglio, distinzione e coraggio sin dal primo dispiegamento nel 1948. E rendiamo il nostro più alto omaggio agli oltre 3.400 caschi blu che hanno perso la vita al servizio delle Nazioni Unite.
Saremo per sempre in debito con loro. Ci impegniamo oggi a sfruttare il pieno potenziale del peacekeeping delle Nazioni Unite per inaugurare un futuro migliore.