Che cos’è il secondo welfare?

Che cos’è il secondo welfare? Per cercare una risposta all’interrogativo, occorre guardare al di là del perimetro strettamente pubblico, indirizzando l’attenzione verso il mercato e la società e soprattutto verso nuove forme di intreccio, collaborazione e sinergia fra questi due ambiti – nonché, spesso, fra questi e il settore pubblico. (…) a queste nuove forme di protezione (e investimento) sociale abbiamo scelto di dare il nome di secondo welfare. L’aggettivo «secondo» ha una duplice connotazione:

  • temporale: si tratta di forme che s’innestano sul tronco del «primo» welfare, quello edificato dallo Stato nel corso del Novecento, soprattutto durante il Trentennio Glorioso 1945-1975;
  • funzionale: il secondo welfare si aggiunge agli schemi del primo, integra le sue lacune, ne stimola la modernizzazione sperimentando nuovi modelli organizzativi, gestionali, finanziari e avventurandosi in sfere di bisogno ancora inesplorate (e in parte inesplorabili) dal pubblico”.

 Con queste parole si apre l’introduzione di Maurizio Ferrara nel Primo rapporto sul secondo welfare in Italia, a cura Franca Maino e Maurizio Ferrara, pubblicato nel novembre del 2013 dal Centro Einaudi in partnership con ANIA, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione con il Sud, KME Group, Luxottica e Corriere della Sera.

 L’espressione di Ferrara ci introduce, senza alcun dubbio, nel mondo dell’innovazione sociale, in un ambito nel quale si cercano risposte efficaci a nuovi bisogni ovvero si propongono modalità innovative per rispondere a bisogni consolidati, mobilitando risorse umane e finanziarie che allargano i confini tradizionali.

 Il 30 novembre abbiamo dato notizia della presentazione del Secondo Rapporto a Torino presso la Sala Vivaldi della Biblioteca Nazionale.

“Il Rapporto 2015 fa il punto sulle tendenze in atto del secondo welfare, propone un bilancio complessivo delle sue realizzazioni, individua i suoi punti critici e suggerisce alcune proposte di cambiamento. Tramite questa pubblicazione, il Centro Einaudi intende fornire un utile contributo alla discussione pubblica su uno dei temi sicuramente più rilevanti per il futuro del nostro paese”.

Proponiamo di seguito l’ Executive Summary dello studio, invitando i lettori a consultare la sintesi del Rapporto, i suoi contenuti e la registrazione video della presentazione nazionale.

Il secondo welfare si sta consolidando. Nell’ultimo biennio, molte iniziative nate come esperimenti o progetti pilota si sono stabilizzate, i principali attori hanno confermato e in molti casi rafforzato il proprio impegno, il flusso di risorse non pubbliche si è fatto più regolare e affidabile.

Al consolidamento hanno contribuito una pluralità di attori: imprese, assicurazioni, enti bilaterali, mutue, fondi integrativi, organizzazioni sindacali e associazioni datoriali, fondazioni ed enti filantropici, associazioni ed enti non profit, organizzazioni di volontariato, imprese sociali.

Il welfare negoziale (nelle sue varie forme: aziendale, interaziendale, territoriale) coinvolge ormai il 21,7% delle imprese italiane (il 31,3% se si considera anche la contrattazione individuale).

Vi è stato un notevole consolidamento del secondo welfare nella sanità. Risultano operative ormai più di 100 società di mutuo soccorso che si occupano di prestazioni socio-sanitarie e sono circa un milione gli italiani che hanno oggi una copertura integrativa grazie all’iscrizione a una società di mutuo soccorso.

Sono circa un milione e mezzo le famiglie direttamente coperte da una polizza malattia, a cui vanno aggiunti circa 3 milioni di soggetti aderenti a fondi integrativi convenzionati con una impresa assicuratrice.

Nel 2014 la raccolta di premi assicurativi relativi al ramo malattie è di circa 2 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti premi per circa 70 milioni di euro, classificati nello specifico comparto del ramo vita, a copertura dei rischi di perdita della autosufficienza (Ltc).

Il settore non profit – per molti aspetti “cuore” del secondo welfare – ha dato anch’esso segni di grande vitalità. Al termine del 2011 le organizzazioni non profit attive in Italia risultavano essere più di 300 000, il 28% in più rispetto al 2001, con una crescita del personale dipendente pari al 39,4%. Compresi i volontari, il settore coinvolge oltre 5,7 milioni di persone. Il totale delle entrate di bilancio delle istituzioni non profit è pari a 64 miliardi di euro (2014).

Le risorse messe a disposizione dalla filantropia in senso lato superano i 12 miliardi. Le donazioni individuali sono pari a 4,6 miliardi di euro e quelle delle imprese ammontano a circa 4,4 miliardi. A queste vanno aggiunte le donazioni effettuate attraverso la rete della Chiesa, per un valore di 2,6 miliardi. Nel 2014 le Fondazioni di origine bancaria hanno erogato risorse per 911,9 milioni di euro, per 22 805 interventi, in aumento rispetto a 884,8 milioni di euro e 22 334 interventi che furono le disponibilità messe a disposizione nel 2013.

Un fenomeno nuovo è la crescita delle piattaforme di crowdfunding. Nel maggio 2014 si contavano 54 piattaforme, di cui 41 attive e 13 in fase di lancio, con un incremento del 30% in soli sette mesi. I progetti ospitati sulle piattaforme italiane sono oltre 50 mila, di cui in media circa il 35% viene realmente finanziato. Il valore complessivo dei progetti finanziati supera i 30 milioni di euro.

Il consolidamento del secondo welfare è stato alimentato da alcuni “volani” endogeni ed esogeni. I primi hanno a che fare con dinamiche di “autopropulsione” oppure, più frequentemente, di adattamento spontaneo e “incastro” virtuoso fra il primo e secondo welfare, fra livelli istituzionali di governo, tra l’arena dello Stato, del mercato, del terzo settore e della società civile, tra settori/competenze di policy, tra territori.

I volani esterni sono rappresentati principalmente da alcune riforme recenti che hanno esplicitamente previsto un coinvolgimento di soggetti non pubblici che operano a livello locale: per esempio Garanzia Giovani, Jobs Act, Nuova Carta Acquisti.

Nel contesto della recessione, il secondo welfare ha saputo generare una “nuvola” di interventi a sostegno delle fasce più vulnerabili, “innaffiando” le sacche di svantaggio e facendo crescere nei territori risposte innovative in grado di mitigare gli effetti della crisi.

Oltre l’11% delle famiglie dichiarano di avere avuto un membro che nel corso del 2014 ha ricevuto un aiuto economico o ha beneficiato di servizi erogati da enti non pubblici.

La crisi ha portato alla luce un problema drammatico: la povertà alimentare. Gli italiani in condizioni di povertà alimentare sono 5 milioni e mezzo. Il dato positivo dell’ultimo biennio è la mobilitazione della società civile, soprattutto tramite la creazione di empori della solidarietà. Nei sette anni di crisi sono state aiutate quasi centomila persone.

Eloquenti anche i dati relativi alle risposte messe a disposizione dalla Chiesa: 1 169 progetti anticrisi economica proposti dalle diocesi italiane, di cui 171 fondi diocesani di solidarietà e 140 progetti di microcredito per famiglie e/o piccole imprese nel 2014.

Nonostante le innegabili realizzazioni del secondo welfare, rimangono alcune zone d’ombra: l’eterogeneità, la frammentazione, la diffusione a macchia di leopardo degli interventi, le forti disparità fra Nord e Sud, esacerbate dalla crisi.

Sono emerse anche nuove criticità: gli ostacoli normativi contro cui si scontra l’attivismo del secondo welfare; la ancora troppo scarsa consapevolezza del suo potenziale quale motore di crescita; il modesto investimento sulla comunicazione.

Per promuovere la crescita ulteriore del secondo welfare è necessario elaborare una strategia che rafforzi i suoi volani interni ed esterni.

Fra i volani interni, di particolare importanza sono: l’espansione e l’articolazione degli strumenti di finanza sociale, che canalizzano risorse verso gli attori e le iniziative di secondo welfare; la messa a punto di canali e veicoli per l’estensione delle “reti” e la diffusione di conoscenze e buone pratiche all’interno di tutto il territorio nazionale.

Fra i volani esterni, è necessario realizzare una serie di riforme che aprano spazi e incentivino le partnership fra pubblico, privato e terzo settore, da un lato, e facilitino lo sviluppo del welfare integrativo e assicurativo dall’altro lato. Dunque: riforma del Terzo Settore, introduzione del voucher universale servizi alla persona, realizzazione di un fisco prowelfare, introduzione del reddito minimo garantito, attuazione del Jobs Act per quanto riguarda le politiche dell’impiego e di conciliazione vita personale – lavoro.

Indispensabile, infine, l’introduzione di forme capillari di monitoraggio e valutazione dell’impatto sociale, per orientare attori e politiche di secondo welfare in direzione di un intreccio virtuoso con il primo welfare, nonché per identificare e valorizzare iniziative e sperimentazioni che siano efficienti, eque ed efficaci.

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Valerio Roberto Cavallucci