Dopo l’incontro del G7 a Taormina, il presidente Usa Donald Trump ha dichiarato che nei giorni successivi avrebbe annunciato la sua decisione riguardo all’accordo sul clima. L’annuncio viene atteso con una certa ansia, ma anche con disillusione, per il semplice motivo che anche con i suoi predecessori, nei rari casi in cui hanno ratificato l’accordo per il clima, si sono poi verificati problemi che hanno bloccato tutto. Ad esempio, Bill Clinton, che di fatto ratificò il Protocollo di Kyoto, dovette poi sottostare al no del Senato che bocciò la ratifica.
Ora si tratterebbe invece di ratificare l’accordo di Parigi firmato nel 2015 dopo una conferenza dell’Onu e noto, come ormai sappiamo bene, come Cop21.
Secondo le nuove rilevazioni l’anidride carbonica (CO2) è arrivata allo 0,04%, contro lo 0,031 degli anni ’70. Lo sappiamo bene, l’anidride carbonica produce l’effetto serra che condiziona il riscaldamento dell’atmosfera e viene prodotta da processi di combustione naturale (incendi, eruzioni), biologica (respirazione di animali e piante) e artificiale (ciminiere, motori, camini).
Probabilmente il dato dello 0,04% può sembrare irrilevante e far quasi sorridere, se non fosse che, solo per citare il nostro Paese, Legambiente nel suo rapporto “Le città alla sfida del clima” ci fa sapere che dal 2010 ad oggi si sono susseguiti 242 fenomeni metereologici che hanno provocato danni ai territori in modo diretto e alla salute dei cittadini indirettamente.
Intendiamoci, non è che gli Stati Uniti non adottino strategie per combattere le emissioni; semplicemente si limitano ad adottare strategie nazionali e non globali. Se per esempio Obama ha incentivato il ricorso al gas metano e ha invece indebolito il ruolo del carbone, Trump vuole invece incentivare quest’ultimo, per motivi economici. Con le possibili conseguenze sul clima che conosciamo.
Una visione autarchica, insomma, che non induce a pensare a un’adesione concreta degli Usa. Non adesione che probabilmente favorirà un avvicinamento tra Cina ed Europa per una politica climatica condivisa, relegando gli Usa in un isolamento politico su un bene mondiale: un clima migliore.