Sostenibilità

Cinema e sostenibilità ambientale. Primo Rapporto #CinemaInClasseA

Cinema e sostenibilità ambientale, un binomio a cui siamo poco abituati. Eppure ci sono almeno due dimensioni in cui incontrarlo. La prima riguarda la straordinaria capacità narrativa e persuasiva del cinema. Basti pensare alle opere che, anche con linguaggi tra loro molto diversi, affrontano il tema dei mutamenti climatici. Ma c’è una dimensione alla quale pensiamo di rado, ovvero al cinema come industria che consuma grandi quantità di energia e che, come tutti i settori produttivi, è chiamata a fare i conti con l’efficienza energetica, la sostenibilità ambientale e la riduzione di emissioni di CO2.

Di questi temi si fa carico il primo rapporto #CinemaInClasseA, nel quale ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e Green Cross Italia (organizzazione non governativa per lo sviluppo sostenibile) hanno calcolato l’impatto ambientale della filiera cinema in Italia.

L’iniziativa si inserisce nella più ampia campagna nazionale per l’efficienza energetica “Italia in classe A” promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico e realizzata dall’ENEA. L’obiettivo è quello di accrescere la sensibilità per l’efficienza e la sostenibilità nel settore dei media audiovisivi, dal cinema alla tv.

Il punto sulla questione è stato fatto il 7 marzo scorso nell’incontro #CinemaInClasseA, organizzato da ENEA e Green Cross Italia presso la sala convegni ENEA a Roma.  Nell’occasione, oltre alla presentazione del Rapporto, sono stati presentati i risultati della campagna #CinemaInClasseA, lanciata alla 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nell’ambito del Green Drop Award, il premio per il film che meglio interpreta i temi della sostenibilità.

Antonio Disi, coordinatore della Campagna nazionale per l’efficienza energetica Italia in classe A, ha dichiarato: Abbiamo calcolato che i consumi di energia e le relative emissioni si potrebbero ridurre di circa il 20 per cento, se tutte le produzioni cinematografiche adottassero protocolli di sostenibilità per la realizzazione dei propri film. Il potenziale di efficienza energetica sarebbe ancora più ampio coinvolgendo anche tutto l’universo delle sale cinematografiche, con interventi sui sistemi di illuminazione, dai quali sarebbe possibile ottenere risparmi fino al 60%, e su quelli di climatizzazione, che rappresentano la spesa maggiore e da cui si otterrebbe un abbattimento dei consumi fino al 15%. Un cinema multisala può arrivare a consumare fino a 2 milioni di kWh l’anno, pari ai consumi elettrici di 750 famiglie italiane, e nel nostro Paese sono oggi in esercizio 516 multisala, 650 cinema teatro e 2.396 sale cinematografiche. C’è bisogno di un’azione comune che coinvolga le istituzioni e le principali associazioni di categoria, quali ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali), ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema) e ANEM (Associazione Nazionale Esercenti Multiplex), le rappresentanze degli artisti e dei tecnici del cinema, nonché le Film Commission. Noi di ENEA, insieme a Green Cross Italia, siamo disponibili ad accompagnare tale processo che può contribuire sicuramente al raggiungimento dell’obiettivo globale”.

Marco Gisotti, direttore del premio «Green Drop Award», assegnato da Green Cross Italia nell’ambito del Mostra del Cinema di Venezia al film in concorso che meglio interpreta i temi della sostenibilità, ha aggiunto: Attualmente nel settore delle produzioni cinematografiche sono in uso almeno tre diversi disciplinari (Ecomuvi: realizzato da Tempesta insieme ad Icei; Edison Green Movie: sviluppato da Edison; Green Ciak: messo a punto da Cremonesi Consulenze). Per accrescere l’efficienza energetica e ridurre le emissioni di CO2 in tutta la filiera dell’industria cinematografica sarebbe auspicabile un unico protocollo di sostenibilità riconosciuto a livello nazionale da parte del MiBACT e delle Film Commission regionali, che consentisse di misurare i consumi e valutarne gli impatti, per poi programmare interventi di qualificazione ambientale del processo di lavorazione dei film. Auspichiamo, inoltre, che l’adozione di tale protocollo possa prevedere anche premialità per le Case di produzione in fase di assegnazioni dei finanziamenti pubblici”.

Di seguito proponiamo ai lettori di Felicità Pubblica la prima parte di  Cinema in classe A – Primo Rapporto su efficienza ambientale e cinema in Italia anno 2016. Chi volesse può consultare il testo integrale della Sintesi alla pagina web (clicca qui). Da non perdere l’interessante case history dedicato al processo produttivo del film sostenibile Fräulein – una fiaba d’inverno, scritto e diretto da Caterina Carone con Christian De Sica e Lucia Mascino (certificazione Ecomuvi).

 

CINEMA IN CLASSE A

PRIMO RAPPORTO SU EFFICIENZA AMBIENTALE E CINEMA IN ITALIA ANNO 2016

Estratto dalla Sintesi

Un industria fra immaginario verde e produzione sostenibile

L’industria cinematografica, attraverso le sue opere e il suo star system, ha sempre svolto sin dalla sua nascita un fortissimo potere divulgativo ed emulativo presso il pubblico.

Attori e attrici sono diventati esempi da imitare di cui lo stesso sistema produttivo si è servito per promuovere prodotti di largo consumo.

Così come la capacità di promuovere messaggi e comportamenti è stata, nel corso dei decenni, sia stigmatizzata sia utilizzata dalle istituzioni, dalle diverse rappresentatività sociali, da gruppi di pressione etica o politica, dalle industrie.

Così come il cinema non si è mai sottratto dal ruolo di divenire veicolo di denuncia sociale, politica e morale. A partire dagli Sessanta, però, abbiamo assistito, di pari passo con l’evolversi dei costumi sociali, all’emergere nuove tematiche, che andavano ad accostarsi ai temi più tradizionali della legalità, del conflitto sociale sia esso di ordine raziale, religioso o sessuale. Il tema dei conflitti bellici, per esempio, evolveva da racconto eroico a denuncia pacifista, così come si affacciavano le prime critiche ai modelli di consumo, al depauperamento dell’ambiente e dello sfruttamento insostenibile delle risorse.

La cinematografia statunitense, in particolare, con opere come “Silent Running” di Douglas Trumbull (film del 1972, in Italia uscito con il titolo “2002: la seconda Odissea”) evidenzia la trasformazione del rapporto uomo-natura in chiave critica, lanciando un monito del tutto in linea con quanto avveniva nelle sedi internazionali in quello stesso anno con la Prima conferenza mondiale sull’ambiente umano (Stoccolma, 5-16 giugno 1972).

È però negli anni Duemila che la tematica raggiunge la sua piena maturità ed un film spartiacque può essere considerato “The day after tomorrow” di Roland Emmerich (2004, in Italia uscito con il titolo “The day after tomorrow – L’alba del giorno dopo”): opera del filone catastrofista, ricca di esagerazione, tuttavia sufficientemente accurata nella rappresentazione di un futuro devastato dai mutamenti climatici. Non che nei decenni precedenti opere più colte o cosiddette d’autore non avessero colto l’emergere di una sensibilità ambientale; il tema trasversale dell’ambiente – dalla conservazione della natura allo sfruttamento delle fonti energetiche – era stato affrontato persino in opere di genere, ma il film di Emmerich è opera ad alto budget e destinata a grandi platee, in anni in cui il dibattito sui cambiamenti climatici si rivela più acceso che mai. Solo tre anni dopo, infatti, il Nobel per la pace sarà assegnato all’ex-vice presidente degli Stati uniti, Al Gore, e agli scienziati dell’Ipcc per il loro impegno nella lotta ai cambiamenti climatici.

Ma per l’ambiente il cinema può fare di più che trasferirlo nelle sue storie. Essendo quella cinematografica un’industria, può rendere i suoi processi più sostenibili, meno impattanti, più efficienti.

Così a cavallo del primo decennio degli anni Duemila si moltiplicano negli Stati Uniti e in Europa gli esempi virtuosi di produzioni sostenibili, il cui obiettivo è quello di ridurre i consumi energetici e di materie prime, di riciclare e riutilizzare i propri scarti, mitigare con ogni mezzo il proprio passaggio negli ecosistemi locali e globali.

Il cinema “verde” in Italia

Se negli Stati Uniti le grandi case di produzione hanno da tempo assunto protocolli ambientali di una certa rilevanza, arrivando persino a creare nuove figure professionali come lo “steward ambientale” e costruendo vere e proprie campagne di marketing per promuovere i propri block –buster (si veda il caso di “The amazing Spider-man 2”, oggetto di un campagna tutta incentrata sull’efficienza energetica, sostenuta anche dal mondo ambientalista), in Italia l’argomento e l’impegno è stato assunto solo a partire dell’anno 2010, quando al Festival del cinema di Cannes è stato presentato il film “Sul mare” di Alessandro D’Alatri, quale prima opera italiana ad essere stata realizzata seguendo un protocollo di sostenibilità, messo a punto da Edison in collaborazione con la casa cinematografica Tempesta e con la consulenza di AzzeroCO2.

Al 2015 in Italia esistono almeno tre diversi disciplinari in uso:

  • Ecomuvi, realizzato da Tempesta insieme ad Icei,
  • Edison Green Movie, realizzato da Edison,
  • Green Ciak, realizzato da Cremonesi Consulenze.

E i film italiani “sostenibili” di finzione che hanno avuto una distribuzione in sala al 2015 sono stati:

  • Sul mare. Di Alessandro D’Alatri (2010) (Edison Green Movie)
  • Un angelo all’inferno. Di Bruno Gaburro (2013) (Green Ciak)
  • Le meraviglie. Di Alice Rohrwacher (2014) (Ecomuvi)
  • Il Capitale Umano. Di Paolo Virzì. (2014) (Edison Green Movie)
  • Torneranno i Prati. Di Ermanno Olmi. (2014) (Edison Green Movie)
  • Il ricco, il Povero e il Maggiordomo. Di Aldo Giovanni & Giacomo e Morgan Bertacca. (2014) (Edison Green Movie)
  • Alaska. Di Claudio Cupellini. (2014) (Edison Green Movie)
  • Asino vola. Di Paolo Tripodi e Marcello Fonte (2015) (Ecomuvi)
  • Il nome del Figlio. Di Francesca Archibugi (2015) (Edison Green Movie)
  • Infernet. Di Giuseppe Ferlito (2015) (Green Ciak)

Nel 2016 è uscito anche il film Fräulein – una fiaba d’inverno di Caterina Carone (Ecomuvi), analizzato più avanti come case history.

In assenza di un quadro nazionale di indirizzo, i diversi protocolli convergono comunque verso lo stesso scopo, ovvero quello del raggiungimento di una maggiore sostenibilità ed efficienza del prodotto cinematografico, utilizzando, per esempio, tecnologie più innovative ed efficienti: dai generatori euro5 ai kit fotovoltaici, fino all’illuminazione a LED. Allo stesso tempo, grazie alla razionalizzazione lungo l’intera filiera produttiva, possono essere incrementate, e di molto, le performance dei consumi energetici, del trasporto delle merci e delle maestranze, del consumo di materiali, della gestione dei rifiuti, del catering su materiali bio-compatibili e in generale su tutta la filiera del green procurement.

Per offrire un’idea degli interventi possibili, secondo i dati consolidati dell’esperienza Edison – Tempesta Film, può essere considerata come base di analisi il tempo medio necessario alla realizzazione di un film, circa due mesi di riprese. Analizzando, quindi, i consumi elettrici si stima che ottimizzando il numero di gruppi elettrogeni utilizzati si possa ottenere un risparmio medio di circa il 19%, passando da 19,43 t di CO2eq a 15,78 t di CO2eq. Con l’uso di corpi illuminanti più efficienti si può ottenere un’ulteriore abbattimento dei consumi (e delle emissioni) dell’ordine del 10/15%. E i generatori elettrici sono soltanto uno delle decine di indicatori di sostenibilità ambientale utilizzabili.

IN ITALIA L’INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA PRODUCE CIRCA 5.600 TONNELLATE DI CO2 L’ANNO. L’adozione di protocolli di riduzione delle emissioni condurrebbe alla RIDUZIONE DELLE EMISSIONI PARI A 1.120 TONNELLATE DI CO2. Come abbattere le emissioni di: 1.120 voli andata e ritorno Roma – Dakar, un ufficio di 300 persone per un anno, un anno di consumi di gas di 1.200 famiglie italiane, l’illuminazione pubblica annuale di un comune di oltre 10.000 abitanti.

Se l’intera industria cinematografica italiana (In Italia si stimano 5.880 giorni di riprese ogni anno) adottasse uno dei protocolli oggi esistenti, si potrebbe ottenere una riduzione delle emissioni pari a 1.120 tonnellate di CO2, equivalenti a quelle relative all’illuminazione pubblica annuale di un comune di oltre 10.000 abitanti.

Il panorama italiano è comunque in continua evoluzione. Il tema è oggi ampiamente dibattuto, per esempio, nel sistema delle Film Commission, la più attiva delle quali, con un ruolo di traino per il settore, è quella della Sardegna. Ma si segnalano, nel corso del 2016, anche interessanti iniziative a Bolzano e a Trento, volte anche alla creazione di nuove professionalità.

Anche la recente Legge che regola i finanziamenti per le opere cinematografiche di interesse culturale ha introdotto, fra i requisiti opzionali che danno diritto a punteggi aggiuntivi, piccoli vantaggi per chi adotti tecnologie green.

Tuttavia l’industria cinematografica italiana, se paragonata ad altri settori come quello edilizio, chimico-industriale o agroalimentare, sembra essere ancora molto lontana dall’aver assunto la trasformazione green come volano di nuovo sviluppo, ignorandone anche i vantaggi di convenienza finanziaria in termini di risparmio non solo energetico ma anche meramente economico.

Nella piccola e media impresa italiana, secondo i dati Unioncamere-Symbola, oltre 1/4 delle aziende nostrane è ormai green, e si tratta della parte che da sola crea maggiore nuova occupazione, ha bilanci più redditizi ed esporta di più.

Secondo i dati di Unioncamere il 19% delle imprese del settore media e comunicazione (cinema, radio e tv) hanno fatto investimenti tra il 2009 e il 2012 in prodotti e tecnologie green. In questo settore prevale l’attenzione al processo che si sta facendo via via più efficiente, quindi più ecologico. E i lavoratori “verdi” dell’intero settore audiovisivo italiano sono circa 1.400.

L’attivazione di meccanismi di incentivazione – come è avvenuto per esempio nel settore edile – potrebbero certamente dare uno slancio maggiore e definitivo ad una conversione sostenibile del settore cinematografico. Adottando, insieme ai protocolli volontari, un sistema di regole e certificazioni come già esistono, per esempio nel settore energetico, che consentano di accedere a forme privilegiate di finanziamento, attraverso contribuzioni dirette, defiscalizzazione o altri strumenti che i rappresentanti del settore potranno negoziare con i decisori politici nazionali e locali.

Published by
Valerio Roberto Cavallucci