Di amianto si continua a morire, benché la sua vendita sia stata vietata a partire dal 1992. I nuovi dati epidemiologici diffusi dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona) mostrano un aumento netto delle malattie derivanti da questo pericoloso materiale: 1.800 casi nel 2015 e 1.900 nel 2016.
Perché un così forte peggioramento? Colpa delle importazioni italiane di amianto grezzo che, fino al 1991, hanno superato la soglia di 50.000 tonnellate, mentre il periodo in cui l’asbesto è stato maggiormente utilizzato è quello compreso tra il 1960 e il 1985. Ora, tenendo conto di tali dati, bisogna aggiungere il periodo di latenza per le patologie correlate all’amianto, in particolare ai mesoteliomi, e l’Ona stima dunque che il picco massimo di esplosione si verificherà tra il 2020 e il 2030.
A proposito di questa pessima notizia, Ezio Bonanni, il presidente Ona, spiega: «Di amianto si continua e purtroppo si continuerà a morire per i prossimi 130 anni, considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni. Ecco perché occorre bonificare al più presto i 40.000.000 di tonnellate contenenti amianto che sono disseminate nell’intero nostro territorio nazionale».
Se ne era parlato nel corso di una conferenza dal titolo più che esplicativo, “Italia: la Repubblica dell’amianto”, in cui era stato annunciato che i materiali contenenti questo pericolosissimo killer corrispondevano a circa 40 milioni di tonnellate. Oltre 3 milioni di lavoratori vi sono stati a contatto quotidiano per decenni.
Ciò che aggrava la situazione è la presenza di amianto nelle scuole. Bonanni parla di ben 2.400 istituti scolastici tra quelli censiti ma si teme che in realtà i numeri siano decisamente più alti. Solo nel nostro Paese, a causa delle malattie correlate all’amianto, muoiono 6.000 persone ogni anno e va da sé che stiamo parlando di una vera e propria emergenza sanitaria, giudiziaria, ma anche sociale ed economica. Per l’Ona si è perso fin troppo tempo per contrastare la piaga e quindi torna a ribadire le proprie proposte: «Mappatura e bonifica (la prevenzione primaria per evitare ogni forma di ulteriore esposizione quale unico strumento effettivamente efficace anche per debellare complessivamente questo tipo di patologie), ricerca scientifica e sorveglianza sanitaria (per ottenere la diagnosi precoce e le cure migliori) e l’assistenza ai cittadini, ai lavoratori malati e ai loro familiari, oltre al risarcimento dei danni e alla punizione dei colpevoli».
Resta però un problema di non facile risoluzione, ossia lo smaltimento dell’amianto. In Italia non disponiamo di discariche necessarie per gestire la procedura secondo criteri di sicurezza accettabili. Abbiamo appena 22 discariche effettivamente valide, troppo poche. Nel 2014, non a caso, sono state trasportate in Germania 156.000 tonnellate di rifiuti pericolosi, ma si tratta di un’operazione che non rispetta nessun criterio di sostenibilità.
In conclusione, ci troviamo di fronte a un problema complicato: di fronte a un killer silenzioso che uccide 6.000 persone all’anno, servono discariche costruite a norma di legge per contrastare questa piaga, ma se da un lato spaventa molto un numero così alto di decessi, dall’altro, anche la costruzione di discariche genera una diffusa paura.