Responsabilità sociale

Coltivare e custodire

Anche la Chiesa cattolica si occupa di responsabilità sociale delle imprese? La domanda è certamente “irrituale”, la Chiesa persegue altre finalità. Tuttavia il suo magistero fornisce riflessioni e indicazioni per l’operare umano, alla luce delle Scritture, e quindi si misura sempre più spesso con i temi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Il messaggio per la 66ª Giornata Nazionale del Ringraziamento per i frutti della terra del prossimo 13 novembre rappresenta una testimonianza eloquente di questo impegno.  Non a caso la Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace ha titolato il messaggio con un versetto del salmo 104 Tu fai crescere l’erba per il bestiame e le piante che l’uomo coltiva per trarre cibo dalla terra”.

In primo luogo i vescovi italiani, sulla scorta della recente Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”, ricordano che “gli esseri umani operano come collaboratori dell’azione provvidente di Dio” e che la “pratica del coltivare” si collega strettamente “con quella del custodire”.

In un successivo passaggio si soffermano sulla proclamazione dell’anno internazionale dei legumi – “Semi nutrienti per un futuro sostenibile”, da parte dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Non appaia strana o eccentrica questa scelta: in una visione globale i legumi rappresentano al contempo insostituibile fonte di nutrizione e “splendida biodiversità del nostro pianeta”. 

In conclusione, la Commissione Episcopale chiede di orientare l’agire umano verso “la ri-valorizzazione dei mercati locali, l’inclusione di soggetti socialmente deboli o svantaggiati nell’agricoltura sociale, le iniziative per la legalità e il recupero all’attività agricola dei terreni confiscati alle varie mafie, l’impegno per la trasparenza dell’informazione ai consumatori”. Si cerca così di rispondere da un lato “alle domande della società civile sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica” e dall’altro di “rendere effettiva una responsabilità sociale d’impresa e un consumo responsabile all’altezza delle sfide dei tempi e del dono della terra e dei suoi frutti”.

 

«Tu fai crescere l’erba per il bestiame e le piante che l’uomo coltiva per trarre cibo dalla terra» (Sal 104, 14)

Egli dà il cibo

I doni che la terra offre a tutte le creature sono per i Salmi un motivo importante della lode che essi invitano a rivolgere al Signore: «Egli dà il cibo ad ogni vivente, perché il suo amore è per sempre» (Sal 136, 25). Così anche Papa Francesco, nell’Enciclica Laudato si’ invita a condividere la lode di Francesco d’Assisi per «sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba» (Francesco, Enc. Laudato si’, 24 maggio 2015, n. 1). Nella fertilità della terra che ci dà di che vivere, insomma, lo sguardo credente scorge un’espressione forte dell’amore di Dio per le sue creature, cui nella preghiera si indirizza il ringraziamento.

La stessa preghiera ci guida anche a scoprire che, nel coltivare la terra, gli esseri umani operano come collaboratori dell’azione provvidente di Dio, che nutre e sostiene la vita: una vocazione alta ed esigente. Non a caso, il libro della Genesi (cf., 2,15), nel tratteggiare il compito dell’essere umano nel giardino di Eden, collega strettamente la pratica del coltivare con quella del custodire, quasi a sottolineare il comune orientamento alla vita.

In tale direzione guarda, del resto, l’intera Laudato si’, accentuando le implicazioni concrete di tale impegnativo ruolo. Solo quando il lavoro umano si realizza in forme solidali, che siano anche rispettose dell’integrità della terra e di tutti i viventi, infatti, esso è in sintonia con l’azione creatrice di Dio e fa crescere la comunione creaturale. Solo quando trova modalità attente a valorizzare le realtà del creato ed a prendersene cura, esso contribuisce davvero alla fraternità entro la famiglia umana.

L’anno dei legumi

La Giornata del Ringraziamento di quest’anno invita a concretizzare tale orizzonte in questo 2016, che l’Assemblea delle Nazioni Unite ha proclamato anno internazionale dei legumi. Può sembrare un tema scarsamente attraente, ma aiuta a comprenderne tutta la concretezza lo slogan proposto: “Semi nutrienti per un futuro sostenibile”. Questa attenzione al tema indicato dalle Nazioni Unite sottolinea in modo chiaro un elemento che non possiamo più ignorare. La globalizzazione configura in modo unitario l’orientamento della politica e della cultura internazionale, definendo in modo nuovo lo stesso concetto di bene comune, sempre più di pertinenza planetaria.

Importante è il ruolo dei legumi, ricchi di proteine vegetali e di fibre, non solo per la nutrizione delle persone, ma anche per quella degli animali cui possono essere destinati come foraggi e mangimi. Inoltre, molti sono i benefici al suolo per i nutrienti che vengono rilasciati dalla loro coltivazione, in particolare per l’azoto che diminuisce la dipendenza dai fertilizzanti sintetici e l’impatto ambientale.

Comprendiamo così che – in continuità con il 2015, anno internazionale dei suoli – siamo richiamati una volta di più all’importanza dell’agricoltura per il futuro di una famiglia umana sempre più bisognosa di cibo sano e sufficiente, alla rilevanza del lavoro della terra e dei suoi prodotti nella lotta contro la fame e per la salute. È, dunque, in primo luogo, un riconoscimento dell’importanza del mondo agricolo e del suo insostituibile contributo alla vita dell’umanità sulla terra, in un tempo che sembra aver scordato tale realtà.

 

Per un’agricoltura sostenibile e diversificata

Tale sottolineatura viene, d’altra parte, modulata in una direzione del tutto sintonica con le indicazioni dell’Enciclica Laudato si’, che esorta a «programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata» (Ibid., n. 164).

Il contributo dei legumi, infatti, è particolarmente importante su ambedue i versanti, è parte integrante del nostro modello di agricoltura e di allevamento che ha nella sostenibilità, nella rotazione delle colture e nel rispetto dell’ambiente i valori indispensabili alla base della nutrizione umana, di quella animale e della difesa del suolo.

I legumi costituiscono un’importante fonte nutritiva, ricca di proteine, e sono parte significativa della cultura e della tradizione agroalimentare italiana con la dieta mediterranea, oggi patrimonio immateriale dell’umanità riconosciuto dall’Unesco. Una dieta varia, legata ai territori e alla stagionalità delle produzioni, figlia di un modello di agricoltura e di allevamento centrati sulla qualità, sulla sicurezza alimentare e sulla sostenibilità ambientale e sociale.

Nutrire il pianeta (per riprendere il titolo di Expo 2015) è, dunque, impresa assai più percorribile se si sanno valorizzare tutti i frutti della madre terra. I cibi che vengono dai legumi possono apparire modesti e spesso nell’immaginario corrente sono associati a una condizione di povertà, ma offrono in realtà un contributo assai importante alla nostra vita sul pianeta. Facili da conservare, in diverse aree essi sono stati, assieme ai cereali, una fonte primaria di sostentamento per molte generazioni.

Valorizzare – nella produzione e nel consumo – la varietà di specie che appartengono a questa famiglia vegetale (tra di essi fagioli, lenticchie, ceci, piselli, lupini, arachidi) è poi anche un modo di apprezzare la splendida biodiversità del nostro pianeta, in cui uno sguardo credente sa riconoscere un’espressione della ricchezza dell’opera creatrice di Dio. È anche un modo di contribuire alla sua salvaguardia, che – nota ancora la Laudato si’ – è, invece, spesso minacciata da monocolture (ad esempio, cf., Ibid., n. 39). Tali tecnologie altamente industrializzate e oggetto di brevetto, non sono adatte ai produttori più piccoli ed ostacolano un‘equa distribuzione e l’accesso al cibo. La tradizione italiana sa bene, invece, quanto preziose possono essere – per capacità nutritive, per sapori, per potenzialità gastronomiche – anche specie apparentemente minori, ma che si rivelano in effetti ricche di benedizione.

Valorizzare tali realtà significa, quindi, anche «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale», indispensabile «perché continui ad essere possibile offrire occupazione» (Ibid., n. 129).

Uno sguardo più ampio

Certo, la sola attenzione ai legumi non basta: focalizzare lo sguardo su di essi è piuttosto un’occasione importante per tornare a meditare su una realtà complessa che coinvolge stili di vita, forme della produzione, legami con la terra, relazioni tra persone e famiglie.

Abbiamo bisogno di una spiritualità del coltivare la terra, che ci aiuti a riscoprirla come madre e a lavorarla in modo sostenibile. Dobbiamo riscoprire la nostra condizione di figli che tramite essa ricevono grati ogni giorno dal Signore «vino che allieta il cuore dell’uomo, olio che fa brillare il suo volto e pane che sostiene il suo cuore» (Sal 104, 15).

‘Figli’ che lavorano, rendono fertile e custodiscono il dono della terra attraverso la rete delle imprese agricole familiari, dove esso può farsi presente nel contesto di relazioni umane improntate alla gratuità e alla condivisione, rese fertili dal grande dono che Dio ci fa del suo amore misericordioso.

Questa è la ricchezza a cui volgiamo lo sguardo, che invochiamo in questa Giornata del Ringraziamento, e che richiamiamo nell’anno internazionale dei legumi, un cibo tanto umile quanto importante.

Questa visione complessiva sta ispirando opere concrete nella diversificazione dei modelli di produzione e consumo del cibo, come la ri-valorizzazione dei mercati locali, l’inclusione di soggetti socialmente deboli o svantaggiati nell’agricoltura sociale, le iniziative per la legalità e il recupero all’attività agricola dei terreni confiscati alle varie mafie, l’impegno per la trasparenza dell’informazione ai consumatori.

Quest’ultimo è un impegno formativo ed educativo indispensabile per una sana nutrizione che recupera la sobrietà delle tradizioni alimentari, apre spazi di diversificazione a favore delle produzioni tipiche e locali, risponde alle domande della società civile sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, del ciclo dei prodotti, con particolare riguardo al cambiamento climatico; richieste essenziali per rendere effettiva una responsabilità sociale d’impresa e un consumo responsabile all’altezza delle sfide dei tempi e del dono della terra e dei suoi frutti.

Roma, 24 ottobre 2016

Memoria di Sant’Antonio Maria Claret

La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace

 

 

Published by
Valerio Roberto Cavallucci