Facciamo il punto su due temi tra loro strettamente connessi: le politiche di contrasto alla povertà e il reddito di inclusione sociale. L’occasione ci è fornita dal recente incontro tra il ministro Giuliano Poletti e l’Alleanza contro la povertà in Italia, un cartello di organizzazioni che hanno deciso di far convergere gli sforzi verso il comune obiettivo di introdurre nella legislazione italiana il “reddito di inclusione sociale” (leggi l’articolo).
Il Governo ha presentato a febbraio scorso il disegno di legge delega “recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali”, a firma del ministro del lavoro Poletti. Il provvedimento è stato assegnato alle Commissioni XI Lavoro e XII Affari Sociali in sede referente; da allora si sono tenute 9 sedute delle Commissioni, nel corso delle quali sono stati presentati numerosi emendamenti.
L’incontro del 30 giugno scorso ha rappresentato un’utile occasione di confronto per valutare l’iter parlamentare e per verificare la reale volontà del Governo di procedere verso l’introduzione di un meccanismo universale di contrasto alla povertà.
Di seguito la nota di riepilogo della riunione e il testo della presentazione alla Camera dei Deputati del disegno di legge delega. Per maggiori informazioni sul ddl e sul suo iter si invita a consultare l’apposita pagina web.
Roma, 30/06/2016 – L’Alleanza contro la povertà in Italia si è incontrata ieri con il ministro Giuliano Poletti, il sottosegretario Franca Biondelli e il girettore generale del Ministero Raffaele Tangorra.
Oggetto dell’incontro è stato il ddl c 3594 “delega recante norme relative al contrasto della povertà…”, attualmente in discussione alla Camera.
L’Alleanza ha ribadito la necessità che la misura in discussione sia composto da due elementi: un sostegno al reddito e una contestuale attivazione di percorsi di inclusione sociale.
L’accesso alla misura dovrà riguardare una platea di beneficiari selezionata in primis in base alla prova dei mezzi – ricorrendo ad esempio all’ISEE ed eventuali altre sue componenti – al fine di determinare la condizione reddituale effettiva. La misura, per la parte di sostegno al reddito, dovrebbe poi essere graduata in base a tali criteri.
Inoltre, grande attenzione dovrà essere data alla creazione della infrastruttura dei servizi sui territori, anche attraverso adeguate figure professionali e lo sblocco del turnover.
Infine, è stata ribadita l’universalità della misura, con conseguentemente superamento delle categorie. L’Alleanza ha sottolineato la necessità di superare l’attuale frammentarietà delle misure, a partire dalla social card, gradualmente riassorbendo i destinatari nella misura unica man mano che viene implementata.
l’incontro è avvenuto in un clima di attenzione e franchezza ricercando la massima condivisione nella attuale fase di discussione parlamentare e di successiva decretazione.
SOGGETTI FONDATORI DELL’ALLEANZA CONTRO LA POVERTA’ IN ITALIA
Acli, ActionAid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Confcooperative, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano – ONLUS, Fio.PSD, Fondazione Banco Alimentare ONLUS, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, Legautonomie, Save the Children, Umanità Nuova-Movimento dei Focolari.
SOGGETTI ADERENTI ALL’ALLEANZA CONTRO LA POVERTA’ IN ITALIA
Adiconsum; Associazione Professione in Famiglia, ATD Quarto Mondo, Banco Farmaceutico, Cilap EAPN Italia, CSVnet – Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, Federazione SCS; Fondazione Banco delle Opere di Carità Onlus, Fondazione ÉBBENE, Piccola Opera della Divina Provvidenza del Don Orione, U.N.I.T.A.L.S.I. – Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali – Focsiv – Gvvaic Italia.
DISEGNO DI LEGGE PRESENTATO DAL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI POLETTI
Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di stabilità 2016)
Presentato l’8 febbraio 2016 e assegnato alle Commissioni riunite XI Lavoro e XII Affari Sociali in sede Referente il 19 febbraio 2016 (al 30 giugno si sono tenute 9 sedute delle Commissioni)
Relazione di presentazione del provvedimento
ONOREVOLI DEPUTATI! — Il sistema delle politiche sociali del nostro Paese necessita da anni di un intervento riformatore. Il percorso avviato negli ultimi decenni in ambito pensionistico, sanitario e da ultimo – con i provvedimenti attuativi del jobs act – nell’area delle politiche attive del lavoro e degli ammortizzatori sociali raramente ha toccato l’area delle politiche socioassistenziali. Eppure si tratta di un campo in cui forte è l’esigenza di riforma, mancando un disegno organico delle prestazioni esistenti, accumulatesi negli anni per stratificazione senza rispondere ai bisogni emergenti e in assenza di verifiche sulla loro efficacia rispetto ai bisogni che si propongono di soddisfare.
È noto, in particolare, come il nostro Paese sia uno dei pochi nell’ambito europeo a non essere dotato di una misura di contrasto della povertà. Esistono strumenti di protezione del reddito di specifiche fasce di cittadini fragili – l’assegno sociale per gli anziani, la pensione di inabilità per gli invalidi civili – così come alcuni sostegni di portata limitata per le famiglie, tra cui alcuni di recente adozione – l’assegno per le famiglie con almeno tre figli minori, la social card per i bambini con meno di tre anni, il cosiddetto bonus bebé raddoppiato per le famiglie con redditi bassi – ma manca una misura organica che copra le necessità delle famiglie più vulnerabili e in condizioni economiche di bisogno, a partire da quelle con figli.
Il sovrapporsi di specifiche discipline nel corso degli anni non sembra peraltro aver risposto a princìpi di equità e di efficacia nell’accesso e nell’erogazione delle prestazioni. Le prestazioni esistenti devono essere verificate nella loro appropriatezza rispetto al bisogno – in una logica di efficacia dell’intervento specifico – e allo stesso tempo nel livello di copertura di bisogni diversi – in una logica di equità del sistema assistenziale complessivamente inteso. Per raggiungere questi obiettivi è necessario non solo razionalizzare i trattamenti esistenti, ma anche riorganizzare il sistema di accesso alle prestazioni, a partire dalle modalità di valutazione del bisogno.
Il presente disegno di legge di delega si compone di un unico articolo. Al comma 1 si enunziano le finalità dell’intervento delegato, volto all’attualizzazione del sistema delle politiche sociali mediante prestazioni più adeguate rispetto ai bisogni emergenti e più eque. In particolare, i decreti legislativi riguarderanno: – l’introduzione di una misura nazionale per il contrasto della povertà, da considerare livello essenziale delle prestazioni; – la razionalizzazione della normativa in materia di prestazioni di natura assistenziale o comunque sottoposte alla prova dei mezzi, anche rivolte a beneficiari residenti all’estero, fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario; non rientrano tra le prestazioni assistenziali e previdenziali gli interventi di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti; – il riordino della disciplina concernente il sistema di interventi e di servizi sociali.
La delega deve essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione.
Al comma 2 si specificano i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega in materia di contrasto della povertà. In particolare, alla lettera a) si stabilisce il principio di affidare la funzione del contrasto della povertà a un’unica misura di carattere nazionale, individuata come livello essenziale delle prestazioni e pertanto rientrante nelle materie che l’articolo 117 della Costituzione riserva alla competenza esclusiva dello Stato, basata sul principio dell’inclusione attiva, che viene attuato prevedendo per i beneficiari la predisposizione di un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa sostenuto dall’offerta di servizi alla persona. Tale principio va nella direzione sia di evitare la frammentazione delle misure di contrasto della povertà, definendo come livello essenziale da garantire uniformemente nell’intero territorio nazionale una misura rivolta al soddisfacimento dei bisogni primari, sia di superare la logica di mera assistenza passiva introducendo il principio dell’attivazione finalizzata all’inclusione sociale e lavorativa. Beneficiari e beneficio connessi alla misura di contrasto della povertà sono definiti nei limiti delle risorse disponibili in un apposito Fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, istituito dal comma 386 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015). Con un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, anch’esso istituito dalla legge di stabilità al medesimo comma, avente cadenza triennale e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, può essere gradualmente estesa la misura sia quanto ai benefìci sia nella determinazione dei beneficiari, dando la precedenza alle famiglie con figli minori e, quindi, ai soggetti con maggiore difficoltà di ricollocazione sul mercato del lavoro, sulla base delle risorse che affluiscono al Fondo. In tal modo si intende rendere compatibile con gli equilibri di finanza pubblica l’introduzione di una misura di carattere nazionale definita come livello essenziale delle prestazioni, favorendone il percorso di adozione a partire dall’identificazione di obiettivi prioritari. Nella definizione dei percorsi di attivazione mediante progetti personalizzati si prevede, ove compatibile, l’utilizzo delle risorse afferenti ai Fondi strutturali europei. Il riferimento a tali Fondi trova fondamento nella presenza, nell’Accordo di partenariato, di risorse espressamente dedicate al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale, con riferimento all’obiettivo tematico 9 promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione. Infine, la lettera e), in coerenza con la definizione di una misura di contrasto della povertà che prevede la predisposizione per i beneficiari di un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, stabilisce che la presa in carico delle persone in condizione di fragilità debba avvenire sulla base del rispetto di princìpi comuni e ne stabilisce i fondamenti. In particolare, la presa in carico deve basarsi su una valutazione multidimensionale del bisogno; in tal modo si consente di individuare bisogni complessi e si pongono le basi per superare la frammentarietà delle risposte. I servizi competenti dei comuni e degli ambiti territoriali devono predisporre progetti personalizzati assicurando la piena partecipazione dei beneficiari, un’attenta definizione degli obiettivi e il monitoraggio degli esiti; attraverso la progettazione personalizzata costruita insieme con la famiglia si intende favorire l’attivazione dei beneficiari in percorsi di inclusione sociale e lavorativa e individuare i servizi necessari a sostenerli; affinché la progettazione sia efficace devono essere chiari gli obiettivi e devono essere monitorati gli esiti.
Al comma 3 si specificano i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega in materia di razionalizzazione dei trattamenti, ispirata al superamento di differenze categoriali. Il principio che regola l’accesso alle prestazioni deve essere quello universalistico per cui, tenuto conto di bisogni specifici, l’accesso selettivo alle prestazioni è regolato dalla sola condizione economica, misurata a tale fine dall’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Solo laddove la natura delle prestazioni lo renda necessario, possono essere previsti accanto all’ISEE ulteriori criteri volti a identificare specifiche platee di beneficiari, eventualmente ridefinendo l’ISEE per quelle determinate prestazioni. Ad ogni modo i nuovi criteri si applicheranno solo a chi farà domanda dopo l’entrata in vigore dei decreti legislativi che li disciplineranno. Laddove, in esito alla razionalizzazione, dovessero prodursi minori oneri per la finanza pubblica, i risparmi prodotti incrementeranno il citato Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
Al comma 4 si specificano i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega in materia di sistema integrato di interventi e servizi sociali. A fronte dell’eterogeneità estrema del nostro sistema territoriale – secondo l’ultima rilevazione dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) nelle regioni i comuni spendono per interventi sociali da meno di 25 euro pro capite a più di 250, con il sud che spende meno di un terzo del nord-est – appare opportuna una rivisitazione delle regole di governo del settore, prevedendo in particolare meccanismi di coordinamento più forti in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, istituendo un organismo partecipato dalle regioni, dalle province autonome, dalle autonomie locali e dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), oltre che compiti di vigilanza sul rispetto dei livelli essenziali. Il Ministero potrà a tale fine riorganizzarsi. In particolare, è necessario rafforzare la gestione associata dei comuni per l’erogazione dei servizi, al fine di garantire maggiore efficienza ed efficacia nell’azione. Devono essere promossi accordi territoriali tra i servizi sociali e gli altri servizi competenti per l’inserimento lavorativo, la salute, l’istruzione e la formazione; tale indicazione muove dall’esigenza di evitare la frammentarietà degli interventi aumentandone l’efficacia e risulta coerente con la logica dei punti unici di accesso per i cittadini. Occorre attivare le risorse della comunità e, in particolare, delle organizzazioni del terzo settore e del privato sociale impegnate nell’ambito delle politiche sociali; l’intento è quello di promuovere e valorizzare il contributo che viene dalle risorse della comunità e in particolare dal terzo settore e dal privato sociale nel sostegno alle persone fragili. Fondamentale è, infine, il rafforzamento del sistema informativo dei servizi sociali, in via di costituzione con il Casellario dell’assistenza.
I commi successivi stabiliscono le modalità con cui devono essere adottati i decreti legislativi. In particolare, il comma 6 stabilisce che dall’attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.