Il governo australiano ha stanziato 60 milioni di dollari australiani (oltre 39 milioni di euro) per salvare la Grande Barriera Corallina che, al largo della costa nord-orientale australiana, è l’insieme più grande al mondo di barriere di corallo, più esteso della nostra Penisola.
Purtroppo la Grande Barriera Corallina (cui ci si riferisce anche con il termine reef) negli ultimi due anni ha subito due eventi successivi di sbiancamento dei coralli, un fenomeno distruttivo che colpisce gli ecosistemi delle barriere coralline e in particolare la simbiosi tra i polipi del corallo e alcune alghe monocellulari foto-sintetizzanti. In effetti il colore caratteristico di ogni specie di corallo è dato dall’alga sotto i polipi e diventa più o meno acceso in proporzione alla concentrazione dei microorganismi dell’alga, la cui funzione principale è eseguire la fotosintesi e produrre nutrimento per i polipi del corallo. Quando interviene un aumento della temperatura anche di soli 2 gradi centigradi, l’intero sistema subisce una sorta di “febbre” e i microorganismi non sono più in grado di produrre nutrimento; i polipi del corallo espellono l’alga facendo assumere alla struttura calcarea una colorazione più pallida o addirittura bianca. Va da sé che senza nutrimento il corallo muore.
Per preservare quindi la Grande Barriera Corallina, la maggior parte dei finanziamenti verrà destinata a incentivare gli agricoltori locali affinché impediscano che l’inquinamento penetri nelle acque della barriera; un’altra parte del denaro sarà destinata ad affrontare un’epidemia di stelle marine a corona di spine, responsabili di gravi danni al reef.
Inoltre 6 milioni di dollari australiani serviranno a finanziare programmi di ricerca e sviluppo per il recupero del reef e 5 milioni saranno utilizzati per sistemi di allarme che possano prevenire ulteriori sbiancamenti dei coralli.
Un comunicato dell’esecutivo australiano riporta: «Il governo di Malcolm Turnbull sosterrà la ricerca mondiale per garantire la sopravvivenza della Grande Barriera Corallina e dei 64mila posti di lavoro che si basano sulla sua prosperità».
Al contrario, gruppi ambientalisti tra cui Greenpeace Australia, hanno contestato al primo ministro Turnbull di non volere affrontare la questione nel merito, sostenendo: «Se fosse sinceramente interessato alla nostra preziosa barriera corallina, si impegnerebbe seriamente a combattere il cambiamento climatico invece di impegnarsi in soluzioni fantasiose che ignorano il vero problema».
In effetti l’Australia è uno dei maggiori esportatori di carbone al mondo ed è uno dei Paesi che emette le più alte concentrazioni di anidride carbonica pro capite, per cui qualcosa di importante e tangibile andrebbe assolutamente fatto.