Vendere online i corni di rinoceronte dopo averli fatti tagliare da un veterinario senza uccidere gli animali è la soluzione giusta contro il bracconaggio?
A vederla così è l’allevatore John Hume, che possiede 1.500 rinoceronti nella sua tenuta di 8.000 ettari nel sudest del Sudafrica e che ha appena dato il via alla prima asta online di questi oggetti richiestissimi. La decisione dell’allevatore è arrivata dopo la sentenza della magistratura che nell’aprile scorso aveva annullato il bando al commercio interno, imposto nel 2009. Una sentenza che ha di fatto riaperto la possibilità di acquisto dei corni all’interno del Paese africano mentre resta vietato il loro commercio al di fuori dei confini nazionali, in base alla Convenzione internazionale sulle specie protette (Cites). Ciò significa che anche il materiale comprato all’asta non potrà lasciare il Sudafrica.
L’asta, dunque, prevede la vendita di 264 corni attraverso i quali l’allevatore conta di ricavare dai 10.000 ai 15.000 dollari al kg. Il corno di rinoceronte in Cina viene pagato fino a 60.000 dollari al chilo ed è per questo che il sito dell’asta è anche in cinese e vietnamita, le lingue dei due Paesi dove i corni sono richiestissimi per la medicina tradizionale.
L’obiettivo di Hume, che fa tagliare regolarmente i corni ai suoi rinoceronti dai veterinari, è quello di combattere il bracconaggio e l’uccisione dei rinoceronti, crudele e non necessaria allo scopo dal momento che il corno è fatto di cheratina, la stessa sostanza delle unghie, e ricresce dopo il taglio.
A detta dell’allevatore, quindi, l’asta contribuirà a proteggere gli animali. Una teoria che non è sposata invece dalle Ong animaliste secondo le quali la vendita legale dei corni mantiene intatta la domanda e finisce per rendere profittevole anche la caccia di frodo. Il materiale acquistato legalmente in Sudafrica (dove non c’è domanda nazionale), inoltre, per gli animalisti rischia di alimentare le esportazioni illegali dal Paese verso l’Asia.