I corridoi umanitari in corso di sperimentazione da parte della Tavola Valdese e della Comunità di Sant’Egidio stanno per diventare una “buona pratica” per Bruxelles? Sembra sia così leggendo i resoconti dell’incontro tenutosi nella capitale europea qualche giorno fa a cui hanno partecipato, tra gli altri, il vicepresidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, le parlamentari europee Cécile Kyenge ed Elly Schlein, Eugenio Ambrosi, direttore regionale per l’Europa della OIM, e Giulio Di Blasi, membro di gabinetto della vicepresidente della Commissione europea Federica Mogherini. Per le organizzazioni promotrici dell’esperienza sono intervenuti Paolo Naso della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Mauro Garofalo, responsabile delle relazioni internazionali della Comunità di Sant’Egidio, il presidente della Chiesa protestante unita del Belgio (EPUB), pastore Steven Fuite, e per la Commissione delle chiese europee per i migranti (CCME) il segretario esecutivo Thorsten Moritz.
“L’incontro di oggi si è svolto in un clima di grandissimo interesse e segna un passaggio fondamentale per la promozione, la duplicazione e l’allargamento dei corridoi umanitari”, ha dichiarato Paolo Naso. “L’iniziativa italiana promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dall’otto per mille della Tavola valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio nel quadro di un protocollo sottoscritto con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri è stata esplicitamente condivisa da vari europarlamentari ed ora entra formalmente nell’agenda politica europea”. “Ma se oggi siamo qui a Bruxelles, il nostro lavoro continua anche a Lampedusa e Scicli, e in tutti i centri evangelici e cattolici che accolgono i migranti che in queste stesse ore sbarcano in Italia dopo essere stati sfruttati e umiliati e avendo riempito al rischio della propria vita le tasche di oscuri trafficanti. I corridoi umanitari sino l’alternativa sicura, legale e sostenibile a questa brutalità di cui l’Europa è testimone”. “Il nostro progetto ecumenico dei ‘corridoi umanitari’ in sede europea ha visto un’accoglienza davvero positiva e incoraggiante”, ha concluso Naso.
Ma come nasce l’esperienza dei corridoi umanitari e, soprattutto, cosa sono i corridoi umanitari? Per rispondere alla prima domanda ci affidiamo ad alcune battute tratte dal contributo di Corallina Lopez Curzi del team del sito Open Migration, pubblicato il 2 maggio scorso; mentre per conoscere meglio natura e caratteristiche dei corridoi umanitari proponiamo ai lettori di Felicità Pubblica una scheda illustrativa predisposta dalla stessa Comunità di Sant’Egidio.
Accesso legale e sicuro per i richiedenti asilo tra reinsediamenti e corridoi umanitari
(…) “Il progetto-pilota dei corridoi umanitari della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e della Comunità di Sant’Egidio parte da un’intuizione essenziale: idealmente, i profughi dovrebbero essere in grado di presentare le proprie richieste di protezione già alle istituzioni presenti ai paesi terzi, senza esporsi ai rischi mortali del viaggio illegale verso l’Europa (che allo stato attuale è, assurdamente, un presupposto quasi necessario dell’accesso all’asilo). Ed anche se ora questo è impossibile — perché gli stati europei non ne vogliono proprio sapere - è comunque necessario trovare il modo di garantire ai soggetti in condizioni di vulnerabilità un passaggio sicuro verso il paese in cui intendono chiedere asilo. Come dare attuazione a questa idea, tanto semplice in teoria eppure apparentemente irrealizzabile in pratica?
La soluzione trovata dallo staff di FCEI e Comunità di Sant’Egidio è arrivata grazie alla possibilità offerta da un paio di articoli contenuti in altrettanti regolamenti europei — combinata alla ferma determinazione di trovare un modo per rendere quella norme dimenticate una porta verso l’Europa.
Nonostante la normativa europea stabilisca che i profughi possano presentare richiesta d’asilo solo quando già si trovino nel territorio della UE, esiste infatti una alternativa ai “viaggi della speranza”.
Per la precisione, ci sono due articoli della normativa comunitaria sui visti che, letti insieme, sono in grado di aprire spiragli di umanità nella altrimenti inossidabile “Fortezza Europa”: il primo è l’art. 5, paragrafo 4, lettera c) del codice delle frontiere - che prevede la possibilità per gli stati di consentire l’ingresso per motivi umanitari anche a cittadini di paesi terzi che non posseggano i requisiti per l’ingresso alle frontiere esterne.
Il secondo è l’art. 25 del codice dei visti, che riconosce agli stati la possibilità di rilasciare, in presenza di ragioni umanitarie, speciali visti a validità territoriale limitata. In altre parole, grazie a questi due articoli sarebbe possibile per i richiedenti asilo ottenere dei visti speciali per viaggiare in sicurezza verso il paese in cui intendono presentare richiesta di protezione.
Il “visto umanitario”, tanto chiaramente disciplinato dai regolamenti europei, è rimasto però soltanto inchiostro su carta - almeno fino a quando FCEI e Comunità di Sant’Egidio, dopo mesi e mesi di serrata contrattazione con le autorità italiane, hanno lanciato ufficialmente il loro progetto-pilota.
Scheda illustrativa dei corridoi umanitari
I corridoi umanitari sono frutto di un Protocollo d’intesa sottoscritto da:
Si tratta di un progetto-pilota, il primo di questo genere in Europa, e ha come principali obiettivi: evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini; impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre; concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (ad esempio, oltre a vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo; consentire di entrare in Italia in modo sicuro per sé e per tutti, perché il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane.
I corridoi umanitari sono il frutto di una collaborazione ecumenica fra cristiani cattolici e protestanti: Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche, Chiese valdesi e metodiste hanno scelto di unire le loro forze per un progetto di alto profilo umanitario.
I corridoi umanitari prevedono l’arrivo nel nostro Paese, nell’arco di due anni, di mille profughi dal Libano (per lo più siriani fuggiti dalla guerra), dal Marocco (dove approda gran parte di chi proviene dai Paesi subsahariani interessati da guerre civili e violenza diffusa) e dall’Etiopia (eritrei, somali e sudanesi).
L’iniziativa è totalmente autofinanziata dalle organizzazioni che lo hanno promosso, grazie all’otto per mille della Chiesa Valdese e ad altre raccolte di fondi. Non pesa quindi in alcun modo sullo Stato. La stessa Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche nell’ambito del progetto Mediterranean Hope e la Tavola valdese per il tramite della Commissione Sinodale per la Diaconia (CSD), provvedono alle spese per l’ospitalità dei profughi. Alcune associazioni, come ad esempio la Comunità Papa Giovanni XXIII, presente da mesi nel campo libanese di Tel Abbas, hanno facilitato, con il loro generoso impegno, la realizzazione del progetto.
Una volta arrivati in Italia i profughi non solo sono accolti, ma viene loro offerta un’integrazione nel tessuto sociale e culturale italiano, attraverso l’apprendimento della lingua italiana, la scolarizzazione dei minori ed altre iniziative. In questa prospettiva viene loro consegnata una copia della Costituzione italiana tradotta nella loro lingua.
Per tutti questi motivi i corridoi umanitari si propongono come un modello replicabile dagli Stati dell’area Schengen e non solo dalle associazioni o da privati.
La selezione e il rilascio dei visti umanitari avviene su questa base:
Le organizzazioni che hanno proposto il progetto allo Stato italiano si impegnano a fornire:
I Paesi coinvolti nel progetto sono, nella prima fase, il Libano (circa 600 profughi) e il Marocco (150), nella seconda l’Etiopia (250). Si prevede quindi l’arrivo di mille persone in 24 mesi. Dopo la valutazione dei risultati da parte di un nucleo di monitoraggio, si prenderà in considerazione la possibilità di continuare.