Cosa succede in Venezuela? Difficile avere un’idea precisa per chi non si occupa professionalmente di politica estera. È evidente la condizione estremamente difficile della popolazione sudamericana. Ma le opinioni sulle cause e sulle dimensioni del problema divergono. In Italia e, più in generale, in Occidente prevale la ricostruzione dell’opposizione che parla di una condizione drammatica di povertà e privazione, accompagnata da restrizioni delle libertà politiche, individuali e collettive. Al contempo non si possono ignorare le notizie che provengono dal governo venezuelano, rilanciate da associazioni ed esperti che simpatizzano con il movimento bolivariano. Le innegabili difficoltà economiche sono frutto delle sanzioni internazionali, i disordini di piazza responsabilità delle opposizioni che tentano di destabilizzare il Paese mentre – si ricorda – che anche le ultime elezioni per l’assemblea costituente sono state vinte dal partito di Maduro con percentuali che non ammettono repliche.
Allora, per cercare di comprendere qualcosa di più su questa complessa situazione, proviamo a mettere in fila, cronologicamente, qualche informazione.
Hugo Chávez viene eletto presidente nel 1998 e rieletto nel 2000, nel 2006 e nel 2012. Chávez è leader di un originale movimento politico confluito nel Partito Socialista Unito del Venezuela che unisce tradizioni diverse: socialista, terzomondista, bolivariana. Approfitta dell’alto prezzo del petrolio, di cui il Paese è ricchissimo, per nazionalizzare le principali industrie, organizzare la sanità pubblica, avviare programmi di alfabetizzazione. Il progetto del presidente prosegue per anni, sostanzialmente senza intralci anche se l’opposizione denuncia un forte clima di intimidazioni interne e una corruzione estremamente diffusa. Chávez muore il 5 marzo 2013 quando sono ormai evidenti le avvisaglie di una profonda crisi economica dovuta al crollo del prezzo del petrolio.
Nicolás Maduro, a lungo ministro degli Esteri e, infine, vice presidente, raccoglie la difficile eredità di Chávez e si trova a fronteggiare il crollo del greggio da 120/140 a 50 dollari al barile. Il Paese è del tutto impreparato, la sua economia dipende per più del 90% dal petrolio, così le entrate si dimezzano e si esauriscono le riserve di dollari. In breve tempo la crisi economica diventa crisi sociale: iniziano a mancare beni essenziali quali alimenti e medicine. L’inflazione, da sempre elevatissima, raggiunge livelli inauditi. Si continua a stampare nuova moneta che ormai ha perso ogni valore. L’opposizione cavalca, con successo, il malcontento particolarmente profondo in quella parte della popolazione che, in passato, aveva costituito il ceto medio del Paese.
Nel 2015 l’opposizione riesce a conquistare la maggioranza dell’Assemblea Nazionale e sembra avviata a riconquistare la guida del Paese. Nel 2016 milioni di persone tentano di promuovere un referendum per la destituzione del presidente. Ma il Consiglio Nazionale Elettorale blocca l’iniziativa. Anzi, nel 2017 il Tribunale Supremo di Giustizia esautora l’Assemblea Nazionale, conferendo di fatto i poteri legislativi a Maduro. Ma le reazioni interne e internazionali sono durissime e l’iniziativa viene bloccata. Il 4 agosto si tengono le elezioni, contestate dalle opposizioni, per la nuova Assemblea Costituente vinte dal movimento bolivariano. Ancora, il 15 ottobre si vota per le elezioni regionali e il partito di Maduro conquista 18 governatorati su 23 (affluenza alle urne al 61%). In tutta questa fase sono sempre continuate le manifestazioni popolari con decine e decine di morti, migliaia di feriti e arrestati.
La situazione sociale ed economica si aggrava sempre più. “Secondo l’Encuesta Nacional de Condiciones de Vida (Encovi), studio realizzato dalla fondazione Bengoa, nel 2016 il 32,5 per cento della popolazione ha consumato due o meno pasti al giorno, nel 2015 era l’11,3 per cento. La Caritas parla di una popolazione che nel 52 per cento dei casi vive in povertà estrema; mentre secondo il ministero della salute venezuelano, più di 11mila bambini con meno di un anno sono morti nel 2016 per cause legate alla mancanza di medicine, di macchinari, di controlli maggiori. Mancano antibiotici contro le infezioni come la ciprofloxacina e la clindamicina, l’adrenalina per gli interventi chirurgici e gli strumenti necessari per le analisi del sangue”.
Ad agosto 2017 l’inflazione raggiunge il 1.600 per cento. A metà novembre l’agenzia di rating Standard & Poor’s annuncia il ‘default selettivo’ del Venezuela per il mancato rimborso di 200 milioni di dollari di bond con scadenze 2019 e 2014.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite informa che 52.000 venezuelani tra gennaio e luglio 2017 hanno fatto richiesta di asilo in un Paese straniero, il doppio rispetto al 2016.
Tuttavia, secondo il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, si tratta soltanto di una “propaganda di guerra, una guerra mediatica senza ombra di dubbio”, tanto che le fonti occidentali avrebbero diffuso “3.880 notizie negative nel 2017, come parte della guerra mediatica contro il Governo Bolivariano”.
Per concludere questa sintetica ricostruzione della situazione del Venezuela due commenti italiani. Il primo di Pier Ferdinando Casini, in visita nel Paese sudamericano a inizio gennaio: “Se si pensa che il Venezuela era una delle prime economie del mondo negli anni Settanta, si può verificare il disastro che il modello economico del chavismo ha provocato. Il mio è un giudizio politico: penso che la crisi non è colpa soltanto di Maduro, ma degli anni del chavismo. Un sistema politico che ha privilegiato i profitti del barile di petrolio a 100 dollari, devastando l’economia sociale del Paese. C’è stata un’esclusiva dipendenza del greggio, senza diversificare altri settori, e oggi si pagano le conseguenze di questa scelta” (http://formiche.net/2017/01/04/caos-venezuela-casini/).
Il secondo della giornalista del Manifesto Geraldina Colotti: “Ieri sera (7 gennaio ndr), la Rai ha mandato in onda l’ennesimo servizio giornalistico sul Venezuela tutto spostato da una parte sola: quella che considera il governo bolivariano un concentrato di fallimenti e nefandezze a scapito della popolazione. Ma perché allora quella stessa popolazione continua a votare per il socialismo? Dal dicembre del 1998 – prima vittoria di Hugo Chávez – a oggi si sono svolte 24 elezioni, due delle quali perse dal Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) e dai suoi alleati. Tutte da invalidare? Quindi anche quelle in cui ha vinto l’opposizione? Ma via…” (http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-un_messaggio_alla_rai_ma_perch_se__fallito_il_popolo_venezuelano_continua_a_votare_per_il_socialismo_bolivariano/82_22735/).