Recuperare attraverso le nuove tecnologie il cosiddetto “pastazzo”, ossia ciò che resta degli agrumi dopo la spremitura, per poter dar vita a brioche dietetiche, bevande naturali ma anche a tessuti e fertilizzanti per i terreni. Ciò grazie ad un progetto innovativo di ricerca dell’Università di Catania.
Tale progetto nasce con lo scopo di mettere a punto prototipi industriali per l’uso innovativo e sostenibile dei sottoprodotti di lavorazione degli agrumi, e di elaborare linee guida che rendano sostenibile sotto il profilo economico e ambientale, per mezzo delle opportune innovazioni, gli utilizzi tradizionali del pastazzo.
L’industria agrumicola produce annualmente più di 700 mila tonnellate di scarti, di cui 340 mila soltanto in Sicilia. Lo smaltimento del pastazzo come rifiuto costa alla filiera circa 30 euro alla tonnellata. Si tratta di dati importanti che purtroppo pesano sui produttori.
È proprio per fronteggiare tale situazione che i ricercatori dell’Università di Catania stanno portando avanti delle ricerche che coinvolgono l’industria dolciaria Dais, l’industria di produzione di bibite Sibat Tomarchio, l’industria agrumaria Ortogel, la società di assistenza e consulenza alle imprese agrumarie Citrech, l’Azienda Agraria Sperimentale dell’Università di Catania e la società Orange Fiber, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, che proprio dagli scarti delle arance siciliane hanno creato tessuti sostenibili e nutrienti.
Le bibite, i prodotti da forno light, dunque, come ha spiegato il coordinatore del progetto, Salvatore Barbagallo, sono solo i primi frutti di un grande lavoro che si spera possa portare alla definizione di una normativa che possa dare un aiuto concreto dal punto di vista economico a tutte le industrie di trasformazione di agrumi e di conseguenza all’intero comparto dell’agrumicoltura siciliana.