Appuntamento annuale con Mal’aria, l’indagine di Legambiente sullo stato dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città. I dati sono sempre preoccupanti e i miglioramenti riscontrati ancora troppo esigui e precari.
In Italia nel 2016 circa un terzo delle città capoluogo ha oltrepassato il limite di legge di 35 giorni con una media giornaliera di PM10 superiore ai 50 microgrammi per metro cubo. “Sono 33 i capoluoghi in cui la soglia dei 35 giorni in un anno è stata superata: il triste primato spetta a Torino, con la centralina denominata Grassi, che ha raggiunto 89 superamenti (due volte e mezza il limite), seguita da Frosinone scalo con 85. A pari merito sul podio Milano (Pascal città studi) e Venezia (via Tagliamento) con 73 giorni di superamento (più del doppio del limite consentito). Seguono Vicenza, Asti, Alessandria, Padova, Treviso e Pavia per completare la top ten”.
Non va meglio nei primi giorni del 2017. Complici anche le particolari condizioni metereologiche nel mese di gennaio in moltissime città, e non solo del Nord, i limiti giornalieri di PM10 sono stati superati ripetutamente e non si prevede nulla di buono per il futuro prossimo.
Ribadita la gravità della situazione il Rapporto 2017 si concentra sulle strategie. Come sottolinea l’Ispra, “trasporti, riscaldamento ma anche industria e zone portuali in alcune aree sono i settori principali su cui intervenire”. Tuttavia dobbiamo abbandonare il solito approccio emergenziale per “garantire un diverso modo di pianificare gli spazi nelle aree urbane, investimenti nella riqualificazione e nell’innovazione nell’edilizia e nel riscaldamento, sistemi di mobilità innovativi e investimenti sul verde urbano”. Ecco, allora, le 10 mosse proposte da Legambiente per cambiare le città e per sconfiggere lo smog: 1. Ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città – 2. Aumentare il verde urbano – 3. Una mobilità verso “emissioni zero” – 4. Priorità alla mobilità pubblica – 5. Fuori i diesel e i veicoli più inquinanti dalle città – 6. Road pricing e ticket pricing – 7. Riqualificazione degli edifici pubblici e privati – 8. Riscaldarsi senza inquinare – 9. Rafforzare controlli su emissioni auto, caldaie, edifici – 10. Intervenire su industrie e aree portuali. Nessuna novità assoluta ma un approccio organico che disegna una vera e propria strategia per le aree urbane.
Di seguito proponiamo due stralci del documento, consultabile nella sua versione integrale alla pagina https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/malaria_2017.pdf. Nel primo si tratteggia la strategia complessiva; nel secondo si illustrano gli interventi per ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città e per aumentare il verde urbano.
Che fare dunque? E soprattutto chi, come, in che tempi?
Non ci sono più dubbi, la qualità dell’aria nelle città italiane deve diventare una priorità di Governo, a scala locale, regionale e nazionale, altrimenti continueremo a condannare i cittadini italiani a respirare aria inquinata. Per questo il dossier Mal’aria 2017 è dedicato proprio alle proposte e alle soluzioni per metterle in pratica e chiama in causa i Comuni, le Regioni, il Governo, ciascuno per le sue competenze. Ma prima di tutto auspichiamo l’istituzione e il funzionamento di un coordinamento forte e permanente tra i diversi livelli di Governo del territorio, autorità ambientali e sanitarie e i diversi soggetti interessati, per riuscire ad essere efficaci nell’azione.
Questo l’obiettivo anche del lavoro proposto e avviato lo scorso 30 dicembre 2015 dal ministero con le Regioni e l’Anci. In quella data è stato presentato un piano di lavoro e alcune misure per affrontare l’emergenza in maniera strutturale. I contenuti principali del documento erano: riduzione della velocità a 30 km/h, restrizioni sul riscaldamento e sulla circolazione dei veicoli più inquinanti (soprattutto nelle fasi emergenziali); risorse economiche, poche per la verità, da destinare a trasporto pubblico (incentivi all’utilizzo e potenziamento delle linee), efficienza energetica di scuole ed edifici pubblici, piani di mobilità per gli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro e per l’installazione di centraline di ricarica. Nell’ultimo anno qualche progetto è stato finanziato, così come alcune risorse alle città sono arrivate, anche se parliamo di importi assolutamente insufficienti a fronteggiare la situazione in cui ci troviamo. Ci sono però ancora forti ritardi nell’individuare gli interventi, nel chiudere i progetti o nel rilasciare pareri per l’avvio degli interventi. Ultimo atto il decreto emanato nel novembre scorso dal ministero dell’ambiente per le procedure di cofinanziamento degli interventi (per uno stanziamento totale da parte del ministero di 11 milioni di euro) di incentivo della mobilità pubblica o per piani di spostamento casa-scuola o casa-lavoro. Anche in questo caso però va a finanziare misure utili ma non strutturali (viene escluso ad esempio dai finanziamenti la possibilità di acquisto di nuovi mezzi per il trasporto pubblico) e il decreto è destinato prioritariamente ai Comuni in emergenza smog o alle città con più di 100mila abitanti.
Ma le misure necessarie a cambiare passo e risolvere il problema a nostro avviso devono avere ben altra entità, trovare una responsabilità condivisa tra ministeri (ambiente, sviluppo economico, infrastrutture), Governo, regioni ed enti locali. Dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza che contraddistingue ancora troppo i contenuti previsti nelle misure antismog e garantire un diverso modo di pianificare gli spazi nelle aree urbane, investimenti nella riqualificazione e nell’innovazione nell’edilizia e nel riscaldamento, sistemi di mobilità innovativi e investimenti sul verde urbano. La sfida non è impossibile, gli strumenti ci sono e qualcuno ha già iniziato a metterli in pratica. Il dossier Mal’aria 2017 esplicita punto per punto obiettivi, modalità e buoni esempi proprio per dimostrare che la sfida oggi si può giocare e soprattutto vincere. Convinti che alla fine non solo avremo aria più pulita ma anche città più belle, sicure e vivibili e per ottenere questo risultato avremmo ottenuto anche grandi vantaggi sul fronte occupazionale ed economico.
Le dieci mosse per cambiare le città e sconfiggere lo smog:
- Ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città per – 2. Aumentare il verde urbano 3. Una mobilità verso “emissioni zero” – 4. Priorità alla mobilità pubblica – 5. Fuori i diesel e i veicoli più inquinanti dalle città – 6. Road pricing e ticket pricing – 7. Riqualificazione degli edifici pubblici e privati – 8. Riscaldarsi senza inquinare – 9. Rafforzare controlli su emissioni auto, caldaie, edifici – 10. Intervenire su industrie e aree portuali
Ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città per favorire sicuri spostamenti a piedi e in bicicletta
Ribaltare il rapporto tra gli spazi pedonali e quelli in cui far convivere tram e mezzi di locomozione diversi rispetto a quelli destinati a carreggiate e parcheggi, che oggi occupano l’80% dello spazio pubblico, favorendo lo spazio pedonale della relazione (con panchine e tavolini), del mercato e dello scambio, in cui far convivere tram, mezzi di locomozione diversi (dalle tavolette alle bici, ai quadricicli leggeri). Il ridisegno degli spazi urbani deve essere accompagnato dalla creazione di zone 30 (dove imporre il limite di velocità massimo appunto di 30 km/h) con l’obiettivo finale di estendere questo limite all’interno di tutti i centri abitati, con l’eccezione delle principali arterie di scorrimento. Ma non solo, anche aree pedonali, preferibilmente vicino alle scuole, e a partire da una piazza in ogni quartiere. Gli effetti si vedranno sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico e benefici sulla sicurezza, riducendo notevolmente gli incidenti e incrementando di molto la qualità dell’ambiente urbano, coniugando un miglioramento della qualità dell’aria con una migliore qualità della vita e delle relazioni. Per raggiungere questo obiettivo Il Parlamento deve aggiornare il Codice della Strada, dando poteri e mezzi ai Comuni per ridisegnare gli spazi pubblici, le strade, le piazze (anche con appalti di gestione integrati a lungo termine) e finanziare interventi di mobilità sostenibile. Le città d’altro canto devono organizzare programmi di riqualificazione volti in questa direzione, attraverso la partecipazione dei cittadini e con una nuova visione della città, delle strade e della funzione che devono svolgere. In tutto questo svolgono un ruolo importante i PUMS (Piani urbani mobilità sostenibile) secondo quanto previsto dalle linee guida europee del 2013.
Per quanto riguarda in particolare la mobilità ciclabile l’esperienza delle città europee dimostra che si può arrivare ad avere numeri significativi di spostamenti ciclabili se si passa da una visione di piste ciclabili ad una di “rete” che attraversa, nelle diverse direttrici, la città. Il primo obiettivo è di realizzare in tutte le città un primo pacchetto di nuove corsie ciclabili lungo le principali direttrici di mobilità all’interno dell’area urbana, che consentano spostamenti in bici sicuri ed efficienti e costituiscano una valida e attraente alternativa all’uso dell’auto privata. L’obiettivo finale è di arrivare ad una rete diffusa in tutte le aree urbane che renda sicuri e competitivi, rispetto all’auto privata, gli spostamenti in bici. Per far questo Comuni e Regioni devono prevedere piani e programmi specifici per la loro realizzazione. Per quanto riguarda le risorse economiche, invece, serve un’azione da parte del Governo che co-finanzi insieme a Comuni e Regioni questi interventi.
Pratiche già attuate: i quartieri senz’auto di Friburgo e Copenaghen, il Lungosenna di Parigi – che si trasforma tutte le estati in spiaggia. La zona 30 km/h di Torino (Mirafiori). Modello degli axes rouges parigini, strade dove è vietata la sosta e la fermata. Reggio Emilia nel 2015 registra il valore più alto tra i capoluoghi italiani riguardante l’estensione delle piste ciclabili (41,1 metri equivalenti/100 abitanti) grazie a una rete complessiva di piste ciclabili che si estende per 235 km (completata da 115 km di zone 30) – dati Ecosistema Urbano 2016. Nella stessa direzione va il progetto della bicipolitana di Pesaro (una metropolitana in superficie, dove le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze sono le biciclette. Lo schema utilizzato è quello delle metropolitane di tutto il mondo. Vi sono delle linee (gialla, rossa, verde, arancione…) che collegano diverse zone della città, permettendo all’utente uno spostamento rapido, con zero spesa, zero inquinamento, zero stress. La bicipolitana è in continua estensione e ha già raggiunto gli 80 km di lunghezza del percorso.
Aumentare il verde urbano. Piantare migliaia di alberi nelle strade e nei parchi, per assorbire emissioni inquinanti e CO2.
Per dare un’idea dell’importanza di questa azione anche nella riduzione dello smog cittadino, riportiamo alcune stime: Il CNR Ibimet di Bologna e l’università di Southampton in Gran Bretagna, in una loro ricerca, hanno riportato che a Londra le alberature assorbono annualmente tra le 850 e le 2100 tonnellate di PM10 l’anno. Lifegate riporta come 5 mila piante, in un anno, riescono ad assorbire 228 chili di PM10, ovvero le emissioni di mille macchine che in un anno percorrono circa 20mila km. Ma gli alberi svolgono anche un’altra funzione importante, riparando gli edifici dal calore e dal freddo con un risparmio stimato, secondo Trees for cities (un’associazione internazionale che ha l’obiettivo di rendere le città più verdi), del 10 per cento dell’energia necessaria per regolare la temperatura di un edificio e quindi di emissioni. Inoltre gli alberi contribuiscono ad assorbire l’anidride carbonica e a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici in città (come le isole di calore).
L’importanza di tutelare e incrementare il verde urbano è stata messa al centro nelle politiche di rigenerazione e riqualificazione di diverse città nel mondo. Diversi sono gli esempi di riqualificazione ed estensione dei cosiddetti “boschi urbani” e i loro benefici sono evidenti: mitigazione del cambiamento climatico, gli alberi migliorano la qualità della vita per milioni di persone, riducono la formazione di smog, tutelano il suolo, proteggono la fauna locale, oltre a ridurre l’inquinamento. Importante scegliere bene le specie e fare una buona pianificazione dei progetti di rinverdimento per avere il massimo dei vantaggi. Una politica che deve puntare anche al ridisegno delle strade. Riprogettarle prevedendo la piantumazione anche di piccole aree, organizzare percorsi ombreggiati ha più di una valenza: contribuisce a diminuire l’effetto isola di calore, contribuisce alla gestione delle acque, facilita gli spostamenti a piedi e ancora, attrezzando con panchine e aree di sosta, può contribuire a migliori relazioni nella comunità. Infine, genera un miglioramento della qualità estetica del contesto.
Buone pratiche: Ne sono alcuni esempi i boschi urbani di Tokyo, Belfast o Washington. In Italia vale la pena citare il caso del bosco sociale di Ferrara: un progetto che ha come obiettivo quello di realizzare e gestire un bosco di comunità, rilanciando tra le persone un maggiore senso civico e la rete dei CEAS (Centri di Educazione alla sostenibilità).