Buone notizie per il mondo del Terzo settore. La Camera dei Deputati ha dato ieri il proprio via libera, con 239 voti favorevoli e 78 contrari, alla Riforma del Terzo settore. La legge delega che regolamenta quello che per il premier Matteo Renzi va considerato come “il primo settore”, era stata annunciata proprio dal presidente del consiglio nel 2014 in occasione del Festival nazionale del Volontariato di Lucca. Il premier, appena un mese dopo, aveva poi annunciato l’avvio dell’iter burocratico con un tweet e l’hashtag #lavoltabuona, ripreso ieri dal ministro Maria Elena Boschi per commentare con soddisfazione il disco verde del Parlamento. Un iter, quello della Riforma, lungo dunque 2 anni fatti di dibattiti, discussioni, diverse polemiche, e una staffetta tra gli scranni della Camera e del Senato. Il primo testo approvato dalla Camera è stato poi modificato in Senato ed è tornato quindi a Montecitorio una seconda volta per essere approvato senza essere emendato. Essendo una legge delega, il documento ora tornerà al Governo per la creazione dei necessari decreti delegati che porteranno alla creazione di una sorta di testo unico del Terzo settore.
Ma quali sono, dunque le linee guida previste dalla Riforma del Terzo settore, la normativa nata per fare chiarezza e garantire maggiore trasparenza nel complesso mondo del volontariato, del Terzo settore, dell’impresa sociale, del servizio civile?
Si parte dalla definizione di Terzo settore. Seppure da anni ormai questo termine è divenuto di uso comune, tentando di riassumente un mondo complesso, variaegato e troppo spesso molto frammentato, non c’era finora una definizione univoca.
L’articolo 1 definisce così il Terzo settore: “Il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche.
Le legge prevede poi la creazione del Consiglio nazionale del Terzo settore, un organismo di consultazione a livello nazionale degli enti del Terzo settore, la cui composizione dovrà, fra l’altro, valorizzare le reti associative di secondo livello e al quale non sono però indirizzate risorse umane e finanziarie. Il nuovo organismo sostituirà l’Osservatorio del Volontariato e quello dell’Associazionismo di promozione sociale.
La Riforma introduce anche un fondo destinato alle attività di interesse generale promosse da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione 17,3 milioni di euro nel 2016 e di 20 milioni di euro a decorrere dal 2017, così come viene istituita Italia Sociale, una fondazione di diritto privato con finalità pubbliche, che avrà il compito di sostenere, attrarre e organizzare iniziative filantropiche e strumenti innovativi di finanza sociale. Per il 2016 alla Fondazione è assegnata una dotazione iniziale di un milione di euro. Per quanto riguarda l’impiego di risorse provenienti da soggetti privati, la Fondazione dovrà rispettare il principio di prevalenza, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico.
Spazio poi ai Centri di servizi per il Volontariato (Csv), che secondo la nuova legge delega possono essere promossi e gestiti da tutte le realtà del Terzo settore, con esclusione degli enti gestiti in forma societaria, ma deve comunque essere garantita la maggioranza alle associazioni di volontariato e garantito il libero ingresso nella compagine sociale di nuove associazioni (il principio della “porta aperta”) a garanzia di un necessario continuo ricambio. I centri di servizio forniranno supporto tecnico, formativo e informativo, promuoveranno e rafforzeranno la presenza e il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore.
Tra le novità più importanti introdotte dalla riforma del Terzo settore c’è poi l’introduzione dei criteri di definizione dell’impresa sociale, intesa come «organizzazione privata» che svolge attività «per finalità di interesse generale e destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale». In concreto si individuano i settori di attività in cui può essere svolta attività d’impresa: rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo 155 del 2006 si aggiungono anche i settori del commercio equo e solidale, dei servizi per il lavoro finalizzati all’inserimento dei lavorati svantaggiati, dell’alloggio sociale, del microcredito e dell’agricoltura sociale. Tra le altre novità previste: forme di remunerazione del capitale per le cooperative a mutualità prevalente, accesso a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici e misure agevolative per favorire gli investimenti di capitale.
Non meno importante del resto è l’articolo 8 che ridisegna le norme sul servizio civile nazionale finalizzato “alla difesa dei valori fondativi della patria, attraverso la realizzazione di esperienze di cittadinanza attiva, di solidarietà e di inclusione sociale” e la “previsione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani di età compresa tra 18 e 28 anni” che potranno essere chiamati a prestare servizio anche in uno degli Stati membri dell’Ue e al di fuori dell’Unione per “iniziative riconducibili alla promozione della pace e della nonviolenza e alla cooperazione allo sviluppo”. Il servizio civile diventa dunque universale, aprendosi ai cittadini stranieri regolarmente residenti. Il progetto avrà una durata variabile tra otto mesi e un anno e potrà essere riconosciuto a fini formativi e lavorativi.
Viene infine prevista la semplificazione della normativa fiscale e l’istituzione di misure di supporto come alcuni strumenti di finanza sociale, tra cui l’agevolazione delle donazioni e una più trasparente regolazione del cinque mille.