La Corte di Cassazione, con sentenza 11504 del 10 maggio 2017, stabilisce nuovi parametri in materia di assegno divorzile: conta il criterio dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica del coniuge e non il tenore di vita goduto nel corso del matrimonio al fine della concessione dell’assegno al coniuge che lo richiede.
Spetta all’ex coniuge che fa richiesta dell’assegno, precisa la Cassazione, «allegare, dedurre e dimostrare di non avere i mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni obiettive. Tale onere probatorio ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell’indipendenza economica, e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo ex coniuge, restando fermo, ovviamente il diritto all’eccezione e alla prova contraria dell’altro ex coniuge al quale l’assegno è chiesto».
Fu nel 1970 che entrò in vigore in Italia la legge sul divorzio, la legge 898 detta anche legge Fortuna-Baslini, i nomi di coloro che la misero a punto. Nel 1974 vi fu un referendum popolare che decretò la validità di questa legge e che mise la parola fine a ogni discussione in Parlamento. Ai tempi la legge prevedeva la possibilità di divorzio dopo 5 anni dalla sentenza di separazione e il coniuge più debole doveva in ogni caso poter continuare ad avere il tenore di vita mantenuto durante il matrimonio.
Negli anni l’istituto del divorzio ha subito altri mutamenti: alla fine degli anni ’80 per accedere al divorzio si ridussero a 3 gli anni dalla sentenza di separazione. Nell’aprile 2015 è stato approvato il divorzio breve che riduce ancora i tempi di separazione per il divorzio: 12 mesi se la separazione è giudiziale e 6 mesi per la consensuale, indipendentemente dal fatto che ci siano o meno figli.
Infine si è arrivati a questa sentenza della Cassazione, destinata a cambiare per sempre le regole economiche del divorzio stesso. Il provvedimento riguarda anche chi ricorre alle Unioni Civili.
La Cassazione sostiene che il matrimonio è quindi non deve essere visto come una «sistemazione definitiva», ma «sposarsi è un atto di libertà e autoresponsabilità». Il rapporto matrimoniale «si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale, a differenza di quanto avviene con la separazione personale che lascia ancora in vigore gli obblighi coniugali anche se attenuati».
Una svolta definitiva che preserva soltanto i figli, il cui mantenimento viene stabilito a parte.