Sentiamo spesso parlare di sharing economy, inglesismo utilizzato per definire l’economia della condivisione. Meglio ancora, un modo nuovo e innovativo basato sulla condivisione dei beni ma anche di idee, informazioni, progetti e servizi.
Esistono ad esempio piattaforme virtuali attraverso le quali è possibile condividere ortaggi, frutta e verdura a chilometro zero, altre che invitano presso un dato alloggio alla partecipazione a eventi culturali, altre ancora che riuniscono i commensali attorno a un tavolo per una cena tematica.
Naturalmente esistono piattaforme famosissime, molto pubblicizzate, come ad esempio BlaBlaCar che riunisce i viaggiatori diretti verso la stessa destinazione in una singola auto, i quali dividono le spese necessarie per il viaggio.
Oppure Airbnb, un servizio che consente a chi viaggia di essere accolto in casa da una famiglia del posto dietro compenso economico; o ancora UberPop, un autista sempre disponibile a qualsiasi ora in grado di condurre chi ne ha bisogno da una parte all’altra della città. Proprio contro UberPop si erano schierati taxisti e addetti al trasporto di persone, chiedendo chiarezza, trasparenza ed equità fiscale. Le stesse richieste, peraltro, avanzate dai lavoratori di tutti gli altri settori, tra cui quello della ristorazione, turistico e dei trasporti.
Per questo si è pensato di disciplinare il vasto mondo della sharing economy con una proposta di legge che sarà presentata domani in conferenza stampa alla Camera. Sembra che la vera sfida sia quella di integrare i modelli economici classici con quelli innovativi, in modo equilibrato e facendo prevalere l’interesse collettivo.
Con una buona legge, infatti, si potrebbe mirare a incentivare l’occupazione, variegare l’offerta di beni e servizi sul mercato, razionalizzare le risorse e favorire la crescita di nuove attività imprenditoriali.