Presto le donne saudite potranno recarsi allo stadio per assistere ad eventi sportivi e saranno autorizzate ad entrare anche nelle sale cinematografiche. Questo è quanto ha dichiarato Turki Al Asheikh, presidente dell’Autorità Generale dello Sport e del Comitato Olimpico dell’Arabia Saudita che in una nota fa sapere: «Cominceremo a ristrutturare i principali stadi a Riad, Dammam e Gedda affinché possano ricevere le famiglie a partire dal 2018».
È chiaro come una notizia del genere possa rischiare di passare in secondo piano, ma alla luce della realtà del Paese si tratta di un’apertura importante nei confronti delle donne saudite. Ricordiamo infatti che l’Arabia Saudita è un Paese molto più che conservatore e, soprattutto, centro dell’Islam wahabita – tra le più severe versioni dell’Islam sunnita – ancorato a un’idea della donna retriva, incomprensibile per gli occidentali.
Tuttavia, l’attuale principe Mohammed bin Salman, giovane trentaduenne, negli ultimi anni ha specificato a chiare lettere l’importanza di innescare un processo di modernizzazione sociale ed economica che contempli anche le donne. Forse ricorderete che fu lo stesso principe a volere la revoca del divieto di guidare da parte del genere femminile, ne parlammo qui, sfidando di fatto i teologi wahabiti tutt’ora convinti che la modernità debba essere preclusa alla donna in quanto tale.
Appare piuttosto evidente come qualsiasi persona, costretta a convivere nel perimetro di mille divieti, non possa evolversi culturalmente, socialmente, economicamente e non possa neanche esercitare diritti naturali. Di più: non possa contribuire alla crescita, in senso ampio, del proprio Paese.
Pertanto, queste piccole – a guardarle dall’Europa – aperture significano molto. E lasciano ben sperare le parole di Mohammed bin Salman: «Stiamo semplicemente tornando a credere in ciò che credevamo. Un Islam moderato aperto al mondo e a tutte le religioni. Il 70% dei sauditi ha meno di 30 anni e, onestamente, non sprecheremo 30 anni della nostra vita a combattere convinzioni estremiste. Le distruggeremo immediatamente. Vogliamo una vita normale. Una vita nella quale la nostra religione si traduca in tolleranza».
E, insieme all’annuncio dell’apertura nei confronti delle donne saudite agli eventi sportivi, c’è anche la promessa che, per la prima volta dopo 35 anni, alle stesse sarà permesso di recarsi al cinema. «Crediamo che le prime sale cinematografiche possano essere aperte già a marzo», ha rilasciato attraverso una nota ufficiale il ministro della Cultura e dell’informazione, Awwad bin Saleh Alawwad.
Un cambiamento che non potrà per forza di cosa essere semplice e rapido, ma i segnali manifesti di qualcosa che si evolve esistono. E, assolutamente, quando parliamo di diritti da acquisire, la consapevolezza di essere in cammino, in movimento, significa progresso.