“Il nome di Dio non sono non divide ma crea ponti”. Ne è convinto arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, pronto ad accogliere la comunità ebraica all’interno dell’oratorio di una chiesa palermitana. Si tratta di Santa Maria del Sabato, edificio seicentesco non lontano da via Calderai che sorge proprio nell’antico quartiere ebraico della Meschita. All’interno dell’oratorio, dunque, presto nascerà una sinagoga che rappresenta uno storico passo avanti nel rispetto delle religioni, così come non avveniva in città praticamente dalla scoperta dell’America. Risale al 1493, infatti, l’espulsione degli ebrei da Palermo. E così da quella data, la nutrita comunità ha dovuto fare a meno per oltre 500 anni di uno spazio dedicato alla preghiera.
Ora la storica svolta arriva dall’arcivescovo che ha deciso di accettare la richiesta Evelyne Aouate, presidente dell’Istituto siciliano di studi ebraici, concedendo i locali dell’oratorio in comodato d’uso alla comunità ebraica.
Particolarmente significativa la data e il luogo scelti per l’annuncio ufficiale: avverrà giovedì, nell’anniversario del decreto del 12 gennaio 1493 con cui gli spagnoli applicarono anche alla Sicilia il provvedimento con cui Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona l’anno prima avevano ordinato l’espulsione degli ebrei dai loro possedimenti. Quel giorno l’arcivescovo di Palermo sarà a Gerusalemme, dove si recherà in visita al muro Occidentale, il muro del Pianto, insieme a una delegazione proveniente dalla Sicilia. Mentre a Palermo – all’Archivio Storico Comunale, poco lontano dalla chiesa in questione – si terrà una cerimonia pubblica sulla storia dell’esilio degli ebrei siciliani, alla presenza del vicario episcopale monsignor Raffaele Mangano, della storica Serena Di Nepi e di Pierpaolo Pinhas Punturello, rappresentante per l’Italia dell’associazione ebraica Shavei Israel.
“Questo è un gesto di speranza e di convivenza pacifica tra gli uomini”, aggiunge monsignor Lorefice, “un gesto che nasce da una realtà di amicizia”. A fargli eco è Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane che definisce il dono, “un gesto che recupera secoli di storia”.
“Il riferimento al sabato nel nome”, spiega invece il direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, don Pietro Magro, “è dovuto al fatto che i confratelli di quell’oratorio raccoglievano di sabato le offerte per la confraternita. Non c’è dunque un legame diretto con la presenza ebraica precedente. Ma è ugualmente bello che nella sua storia questo luogo abbia mantenuto un nome che evoca lo Shabbat”.