Era il 26 marzo 2015 quando nello Yemen scoppiò un conflitto che ancora oggi, a distanza di 2 anni, infuria con un bilancio in termini di vite umane di quasi 8.000 morti di cui 1.500 bambini. Senza contare il numero di profughi, 3 milioni, che completano un quadro devastante e purtroppo al momento senza alcuna prospettiva di pace.
Secondo Véronique Andrieux, direttrice dell’organizzazione non governativa Action contre la faim, nel Paese ci sono 19 milioni di individui che hanno un urgente bisogno di aiuti umanitari e di protezione. Solo a Hodheida (città nei pressi del Mar Rosso) si stima che 1 bambino su 3 sia malnutrito e a generare le peggiori condizioni di vita sono le decisioni politiche.
Véronique Andrieux spiega infatti come il problema sia principalmente legato alle armi: «Nel 2014 lo Yemen ha importato il 90% delle sue derrate alimentari via mare. L’embargo sulle armi si è trasformato in un blocco aereo e marittimo quasi totale, che ha limitato enormemente le importazioni di beni di prima necessità, cibo incluso». Di conseguenza, l’accusa nei confronti di tutti quei Paesi che danno sostegno alla coalizione alleata dell’Arabia Saudita – Stati Uniti, Francia, Regno Unito – i quali «devono smetterla di fuggire dalle proprie responsabilità perché se verrà bloccato anche il porto di Hodheida, la crisi umanitaria, già generalizzata, si aggraverà ancora di più. Nello scorso gennaio il prezzo del grano risultava già più elevato del 32% rispetto a prima della guerra».
Dall’inizio del conflitto fino ad oggi, le ong accusano Usa e Gran Bretagna di aver dotato l’Arabia Saudita di armi che corrispondono a un valore totale di circa 5 miliardi di dollari, quindi, praticamente, ha fatto notare Amnesty International «dieci volte il totale degli aiuti versati o previsti nello stesso periodo per lo Yemen dai due Paesi, pari a 450 milioni di dollari. Le armi sono state utilizzate per commettere palesi violazioni dei diritti umani e hanno accelerato la catastrofe umanitaria».
Di qui l’appello internazionale perché si dia inizio a «un’inchiesta internazionale credibile sui crimini commessi da tutte le parti in conflitto» e si prendano di conseguenza decisioni celeri per bloccare l’arrivo delle armi nella zona.
È storia nota come la guerra rechi dietro sé uno strascico inevitabile di miserie di ogni genere e impatti crudelmente sulle condizioni di vita in generale. Uno dei problemi maggiori è quello di conferire ai bambini una normale scolarizzazione. Sono le Nazioni Unite a fornire i dati: con il conflitto i casi di abbandono scolastico sono raddoppiati e ora ci troviamo di fronte a una generazione intera che in questo modo rischia di essere perduta per sempre. Sono ben 3,5 milioni i giovani descolarizzati in un contesto che è uno dei più poveri del mondo.
L’aspetto, se possibile, maggiormente raccapricciante della vicenda è un numero: 1.640. Dentro questa cifra sono contenute le scuole distrutte dai bombardamenti oppure utilizzate dai militari per farne delle caserme. A rincarare la dose di tanta desolazione, scrive l’Unicef: «Abbiamo contato 212 attacchi armati che hanno colpito direttamente gli edifici scolastici, provocando anche la morte di decine di alunni».