Prendo in prestito lo spazio dedicato alla responsabilità e l’innovazione sociale per approfondire una notizia che, a mio giudizio, merita l’attenzione dei nostri lettori. Il 12 settembre l’Ordinario Militare per l’Italia, Monsignor Santo Marcianò, ha consegnato al capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Danilo Errico, il decreto emanato dalla Congregazione vaticana per il Culto Divino con il quale San Giovanni XXIII Papa viene proclamato Patrono dell’Esercito italiano.
La cerimonia ha avuto luogo a Palazzo Esercito, presenti il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, Emanuele Roncalli – pronipote di Giovanni XXIII Papa, don Ezio Bolis – direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII, Monsignor Angelo Frigerio – vicario generale dell’Ordinariato Militare per l’Italia, i vertici delle Forze armate, il capo della Polizia, Franco Gabrielli, autorità civili, militari e religiose.
Nell’occasione il ministro della Difesa, Roberta Pinotti ha affermato: “I nostri militari giurano sulla costituzione, giurano di essere fedeli alle leggi dello stato, e nella nostra costituzione c’è scritto che l’Italia rifiuta la guerra come soluzione per risolvere le controversie internazionali. Non trovo quindi contraddizione nella scelta di proclamare Giovanni XXIII patrono dell’Esercito. Un Papa che ha scritto Pacem in terris. Non solo perché ha fatto il militare, ma perché non c’è contraddizione tra far parte delle Forze armate, dei Corpi dello Stato che portano ordine e sicurezza, con la volontà di costruire la pace”.
La decisione, secondo quanto sostiene don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII, in un recente articolo pubblicato dall’Osservatore Romano, è motivata per “il suo zelo, come cappellano militare, nel promuovere le virtù cristiane tra i soldati, il luminoso esempio di tutta la sua vita e il suo costante impegno in favore della pace”. “In qualità di cappellano avvicina giovani di provenienza ed estrazione sociale diverse; molti di loro sono lontani dalla pratica religiosa. Egli sa trasformare l’incontro personale e quotidiano con loro in occasione di evangelizzazione”.
Per i più curiosi ecco il testo del decreto. “L’Esercito Italiano ha accolto e continua a farlo come peculiare culto San Giovanni XXIII, papa, il quale, nei primi anni del suo ministero sacerdotale promosse cristiane virtù tra i soldati, e da allora in poi, con l’insegnamento e l’esempio di tutta la sua vita, attese con tutte le sue forze all’edificazione della pace in tutto il mondo, scrivendo infine la luminosa lettera enciclica Pacem in terris. Da ciò, l’Eccellentissimo Monsignor Santo Marcianò, Ordinario Militare d’Italia, accogliendo i desideri comuni, ha approvato favorevolmente l’elezione di San Giovanni XXIII, papa, a Patrono presso Dio dell’Esercito Italiano. Egli stesso, con lettera del 10 maggio 2017, con proprio impegno ha richiesto che l’elezione e l’approvazione venissero confermate, secondo le norme per i Patroni. Pertanto, tenuto conto di ciò, la Congregazione per il Culto Divino e le Disciplina dei Sacramenti, in virtù delle facoltà concesse dal Sommo Pontefice Francesco, restando fermo che l’elezione e l’approvazione siano trattate a norma del diritto, acconsente alle richieste e conferma SAN GIOVANNI XXIII, PAPA, PATRONUM PRESSO DIO DELL’ESERCITO ITALIANO con tutti i diritti e i privilegi liturgici che conseguono secondo le rubriche. Nonostante qualsiasi cosa in contrario. Dalla Congregazione per il Culto Divino e le Disciplina dei Sacramenti, 17 giugno 2017. Robertus Card. Sarah Prefetto”
Che dire? Grande sconcerto in larga parte del mondo cattolico e della stessa opinione pubblica. Il presidente di Pax Christi Italia, Monsignor Giovanni Ricchiuti, ritiene “anticonciliare”, “assurdo” e “irrispettoso coinvolgere come Patrono delle Forze Armate colui che, da Papa, denunciò ogni guerra” e “diede avvio al Concilio che condanna ogni guerra totale, come di fatto sono tutte le guerre di oggi”. “E’ molto cambiato – secondo Ricchiuti – anche il modello di difesa, con costi altissimi (23 miliardi di euro per il 2017) e teso a difendere gli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi”. “Papa Giovanni XXIII è nel cuore di tutte le persone come il papa buono, il papa della pace, e non degli eserciti”. “Sono certo che questo sentire non sia solo di Pax Christi, ma di tante donne e uomini di buona volontà”.
Francesco Vignarca, portavoce di Rete Disarmo, ha ricordato che da giovane il futuro Papa scrisse: “appena uscito di caserma mi sono spogliato dell’uniforme aborrita, ho baciato piangendo la mia cara sottana e sono tornato fra i Superiori e i parenti fatto più degno della loro compagnia. ‘Iam hiems transiit, imber abiit et recessit’. L’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata”.
Pierluigi Castagnetti, esponente Pd, su Facebook ha scritto: “Trattandosi dell’esercito italiano immagino che la Cei sia quantomeno consenziente. Una cosa semplicemente assurda”. “Che bisogno ci sia di designare un patrono dell’esercito italiano non si capisce proprio. Ma se proprio fosse necessario mi chiedo perché questa scelta. E’ il papa della Pacem in Terris. Si vuole associare all’esercito un patrono che sia segno di contraddizione con la sua funzione istituzionale o si vuole ‘contenere’ lo spessore profetico di un Papa la cui memoria nella coscienza di tutti è vissuta come il simbolo della bontà e della pace? Ma Papa Francesco ne è informato?”.
Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, la ritiene una “forzatura”. “Ci sarebbe sembrato più opportuno che papa Giovanni venisse nominato patrono degli operatori di pace e dei molti giovani che svolgono un servizio civile nelle zone di guerra”.
Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, ha dichiarato: «Roncalli in diverse lettere, descriveva l’esperienza da militare come traumatica, tanto che tornato a casa volle staccare dai suoi abiti e da se stesso tutti i segni del servizio militare. Ed ora cosa fanno? Gli ricuciono addosso una mimetica, inventando un presunto beneplacito della buonanima del cardinale Capovilla. Chi ha conosciuto però l’arcivescovo, tornato alla casa del Padre lo scorso anno, sa benissimo che mai avrebbe potuto tollerare una volontà tanto contraria al Papa che ha sostenuto e servito».
Per concludere proponiamo il testo integrale dell’articolo pubblicato sul suo blog da Guido Dotti, monaco della Comunità di Bose.
GUERRA GIUSTA, PACEM IN TERRIS E SANTI PATRONI
Sto ancora cercando di capacitarmi di come sia stato possibile che “Con decreto del 17 giugno 2017, la Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, in virtù delle facoltà concesse da papa Francesco, ha dichiarato san Giovanni XXIII ‘Patrono presso Dio dell’Esercito italiano’”.
Avete letto bene, l’autore della Pacem in terris che dichiara “alienum a ratione, [estraneo alla ragione, folle] che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia”, il papa della Chiesa universale viene proclamato “patrono” di un esercito nazionale!
E questa decisione sconvolgente è presa da un organismo della Chiesa cattolica, apostolica romana “in virtù delle facoltà concesse da papa Francesco”, il medesimo pontefice di cui leggiamo queste parole in un volume-intervista appena uscito in Francia: “Ancora oggi dobbiamo pensare con attenzione al concetto di ‘guerra giusta’. Abbiamo imparato in filosofia politica che per difendersi si può fare la guerra e considerarla giusta. Ma si può parlare di ‘guerra giusta’? O di ‘guerra di difesa’? In realtà la sola cosa giusta è la pace”. [L’intervistatore gli chiede:] “Vuole dire che non si può usare l’espressione ‘guerra giusta’?”. [E il papa risponde:] “Non mi piace usarla. Si dice: ‘Io faccio la guerra perché non ho altra possibilità per difendermi’. Ma nessuna guerra è giusta. L’unica cosa giusta è la pace”.
Ho cercato di capire le motivazioni evangeliche di una Bolla vaticana che “l’Ordinario militare per l’Italia, arcivescovo Santo Marcianò, consegnerà al Capo di Stato maggiore, generale Danilo Errico” e sono perciò andato a leggermi su L’Osservatore romano l’articolo che Ezio Bolis dedica alla notizia. Sono uscito frastornato dalla lettura: a parte la breve frase che annovera “il costante impegno [di papa Giovanni] in favore della pace” tra le motivazioni del decreto, tutto il resto dell’articolo fa riferimento a pensieri, parole e azioni non del “Vescovo di Roma che presiede nella carità”, bensì di don Angelo Roncalli durante gli anni della I guerra mondiale. Da essi emergono l’umanità del giovane prete bergamasco, la sua vicinanza alle immani sofferenze di tanti giovani, il suo ministero di compassione e di consolazione verso quei “cario giovani soldati”. Naturalmente negli scritti di quegli anni non si potrebbe pretendere di trovare frasi di condanna di una “inutile strage” da parte di un presbitero che ha come ministero l’assistenza spirituale e umana e persone che egli giustamente – e a differenza di molti suoi superiori – si rifiuta di considerare come “carne da macello”.
Ma questo come può giustificare il “patronato” di un Pontefice proclamato santo su un esercito particolare, destinato per sua funzione intrinseca a combattere contro altri eserciti? È vero che da alcuni decenni si cerca di far passare l’idea che “il compito precipuo dell’esercito in uno stato democratico è difendere il bene prezioso della pace imponendo la forza della legge”, ma questa missione idilliaca mostra almeno due contraddizioni: da un lato “imporre la forza della legge” spetta alla polizia, non all’esercito, così come alla magistratura spetta inculcarne il rispetto; d’altro lato si tace sui mezzi con cui si pretende di “difendere il bene prezioso della pace”: armi da guerra sempre più sofisticate e distruttive, sempre più destinate a colpire civili e non militari, sempre più generatrici di “effetti collaterali” devastanti.
Certo, molte popolazioni in Italia e all’estero provate da disastri naturali hanno conosciuto e conoscono il preziosissimo contributo dell’esercito nell’alleviare le loro sofferenze, ma questo è offerto da uomini disarmati, operanti sovente a mani nude e mai grazie a portaerei, caccia bombardieri, missili e cannoni… Un’occhiata al bilancio delle nostre Forze armate e ai suoi capitoli di spesa sarebbe molto indicativo per comprendere le priorità del nostro esercito, come del resto di tutti gli eserciti, anche di quelli che non hanno come patrono san Giovanni XXIII.
Credo che san Giovanni XXIII – papa Giovanni, come ama ancora chiamarlo la mia generazione – sarebbe stato molto più adatto a essere proclamato patrono degli operatori di pace di tutte le nazioni. Comunque, per volontà di Dio, questi ultimi, uomini e donne oscuri testimoni della speranza hanno non tanto per “patrono”, ma per Signore e Maestro Gesù stesso che ha proclamato: “Beati gli operatori di pace!”. Con buona “pace” dell’esercito italiano.